Carolina Iacucci | Fano – Passaggi Festival https://2020.passaggifestival.it/ Passaggi Festival. Libri vista mare Thu, 09 Jul 2020 08:13:56 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.5.1 https://2020.passaggifestival.it/wp-content/uploads/2020/03/cropped-nuovo-logo-passaggi-festival_rosso-300x300-1-32x32.jpg Carolina Iacucci | Fano – Passaggi Festival https://2020.passaggifestival.it/ 32 32 Con ‘Il colibrì’ di Sandro Veronesi ha vinto l’arte della vita (e del romanzo) https://2020.passaggifestival.it/colibri-veronesi-premio-strega/ Thu, 09 Jul 2020 08:13:56 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=72171 Si tratta della seconda volta che l'autore riceve questo riconoscimento. La prima volta fu nel 2006 con "Caos Calmo".

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Lo scrittore toscano Sandro Veronesi ha vinto qualche giorno fa, per la seconda volta dopo la prima con Caos Calmo (2006), il Premio Strega con il suo ultimo romanzo Il colibrì, edito dalla Nave di Teseo nell’ottobre del 2019. Solo un altro scrittore prima di lui, Paolo Volponi, era riuscito nell’impresa.

Il colibrì prende il titolo dal soprannome che il protagonista Marco Carrera si è guadagnato per il problema di crescita che, ben oltre la soglia della pubertà, lo ha condannato ad un aspetto gracile e fanciullesco. L’analista della madre Letizia definiva il complesso d’attaccamento materno al figlio il mito del colibrì in quanto la signora vedeva in quel suo bambino che non cresceva mai l’incarnazione di un grazia incolume alle goffaggini adolescenziali, inaccessibile a ogni forma di sessualità adulta e libera dal fantasma edipico.

Il ‘colibrì’ Marco Carrera, in realtà, poi cresce e riesce a costruirsi una carriera e una famiglia al di fuori del nido, ma un certo carattere passivo non lo abbandona mai. È proprio questa la sua qualità più identificativa: una ricettività rispetto alle sfide della vita, la capacità di farsi accadere le cose senza che queste incrinino la sua centratura, spostino il suo baricentro. Intorno a lui si aprono crepe e si consumano tragedie, ma Carrera, fragile e libero come l’uccellino del suo soprannome, non soccombe alla disperazione, ripara quel che c’è da riparare, tira avanti verso un domani che immagina in qualche modo luminoso, a uso e consumo della sua nipotina, denominata l’uomo del futuro per via di tratti genetici e caratteriali particolarmente promettenti.

Le pagine che Veronesi dedica a questo futuro utopico sono, in verità, le più maldestre e stonate di tutto il romanzo: la forza di questo libro di per sé strutturalmente semplice pur nell’estrema e geniale compattezza – il racconto di una vita che procede avanti e indietro frastagliando la linea del tempo e innestando inserti epistolari in una più tradizionale narrazione in terza persona – è, infatti, proprio l’assenza di complicazioni cerebrali, di sofisticherie narrative, di rivoli contorti.

Il colibrì conquista perché riesce ad agganciare all’evento il contraccolpo emotivo, al fatto nudo della vita l’agito sentimentale precedente e conseguente, al dolore indicibile il detto romanzesco, non consolatorio, ma in qualche modo grato di poter dare senso alla vita attraverso la parola, attraverso il racconto.

Marco Carrera, figlio, padre, marito e fratello di donne che hanno avuto a che fare con la psicoanalisi, si dichiara insofferente tanto all’analisi della psiche quanto alla terapia della parola, ma in verità è quello che più di tutti crede alle proprietà taumaturgiche dell’affabulazione, del ricondurre traumi, sofferenze, vulnerabilità a un tessuto narrativo in cui possano trovare posizione, possano conquistare un riconoscimento.

Con Il colibrì ha vinto sì la storia di questo oculista insieme fortunato e sfortunato, la cui vita costellata di lutti, è in fondo come la vita di tutti noi, straordinaria e banale nelle sue gioie e nei suoi dolori, ma soprattutto ha vinto l’arte del romanzo come espressione di un paziente mosaicamento, di una paziente costruzione di simmetrie visibili solo a posteriori, a edificio concluso.

E l’arte del romanzo, sembra dirci Sandro Veronesi, è l’arte della vita stessa, un andare avanti per inerzia che somiglia all’ostinazione alla sopravvivenza del colibrì, alla sua minuscola corporatura che spende tutta la sua energia per mantenersi stabile, per non sbilanciarsi e collassare, per non cedere alla vertigine della propria precarietà. Nell’inquieta stabilità dell’uccellino caro ai Maya, c’è il senso pieno di un esistere né epico né lirico, ma appunto quotidiano (e quindi romanzesco), una negoziazione continua tra radicamento e individuazione, tra sentimento d’appartenenza e desiderio di libertà, tra trame famigliari e scenari di solitaria individualità, tra un passato e un futuro il cui ponte non può che essere la nostra umanità.

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Tutti dicono I Love Shakespeare https://2020.passaggifestival.it/shakespeare-anniversario/ Thu, 23 Apr 2020 09:02:43 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=69907 Oggi è l'anniversario di nascita e di morte del Bardo. Scrittore visionario e al tempo stesso di una semplicità fuori dal comune, le sue opere continuano a farsi amare.

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Shakespeare

Shakespeare, oggi è nato, oggi è scomparso. Il Regno Unito, in questi giorni, Covid-19 a parte, ha due buoni motivi per festeggiare due sue grandi intramontabili icone: qualche giorno fa, il 21 di aprile, la regina Elisabetta, ha spento novantaquattro candeline e, ad appena due giorni di distanza, oggi, ricorre l’anniversario dei 404 anni dalla morte di William Shakespeare, un anniversario che, tra l’altro, coincide con la ricorrenza dei 456 anni dalla nascita del Bardo che un 23 aprile venne alla luce e sempre un 23 aprile morì, rispettivamente nel 1564 e nel 1616.

In che senso la nostra attualità è shakespeariana e perché Shakespeare è un poeta per tutti i gusti

Scrivere che William Shakespeare è un classico perché è eternamente moderno o che è un autore che né smarrisce la propria contemporaneità né esaurisce la propria urgenza comunicativa equivale a scrivere delle cose ugualmente vere e banali.

Lo hanno detto tutti, e senza timore di sbagliare, che il grande protagonista del teatro d’età elisabettiana e giacomiana è un fenomeno d’inesauribilità: la sua fortuna non ha conosciuto periodi di secca e basti pensare che un Macbeth dalla produzione hollywoodiana è uscito tra 2015 e 2016 e che, recentemente, abbiamo visto anche un Amleto con il volto di Benedict Cumberbatch. In questo momento Joel Coen, uno dei due fratelli Coen, sta lavorando a un altro adattamento cinematografico del Macbeth in cui l’autore, per sua stessa ammissione, proverà a trasporre non senza fatica tutta la tensione già racchiusa nell’ineguagliabile testo shakespeariano. E questi sono solo alcuni esempi di come l’opera del Bardo continui a parlarci e ad attraversare epoche, generi e linguaggi artistici e mediatici differenti.

Di Shakespeare si può dire di tutto, con margini d’errore davvero minimi: che è un autore che indaga l’incertezza identitaria, anticipando le scissioni interne e l’insofferenza novecentesche per le briglie definitorie del gender e dell’appartenenza; che aveva un punto di vista maschile e, allo stesso tempo, teneva in gran considerazione le donne perché certamente molte delle sue eroine sono di intelletto brillante, migliori delle loro controparti maschili  o comunque spesso loro sodali; di Shakespeare si può ricordare l’impegno nella rappresentazione delle passioni dirompenti, la corruzione di cui è foriero il linguaggio, le parole che si dicono non per costruire la realtà ma per distruggerla, per insinuare il dubbio, per sostituire al vero la sua mitologia, la sua metafisica deteriore: la parola sofistica è il peggiore dei pericoli che tutto avvelena, anche i rapporti d’amore più felici, come quello tra Desdemona e Otello.

Di Shakespeare potremmo risaltare lo slancio speculativo, l’acume introspettivo, la sintonia naturale con le posture psicologiche più varie oppure l’immediatezza, l’empatia con il nocciolo capriccioso di ogni uomo che subisce i suoi umori corporei prima dei suoi tormenti spirituali. Di Shakespeare si potrebbe suggerire che, dopo aver conosciuto varie fasi creative, approdò ad una poetica della meraviglia che cerca il rinnovamento attraverso simbologie di rinascita e di salvazione, attraverso costruzioni figurative in cui un ordine naturale e positivo nei rapporti tra i sessi e le generazioni viene ripristinato e le storture della vita raddrizzate. La sua produzione più allegorica e spirituale, quella dei drammi romanzeschi di fine carriera, se solo volessimo, ci conforterebbe molto oggi che viviamo l’incubo dell’incertezza nei confronti di un futuro che, più di prima, fatichiamo a immaginare.

La forza di Shakespeare risiede, così, nel suo non essere un’unica forza, nel suo non attingere a un’unica fonte: Shakespeare inventò pochissimo, quasi nulla, a livello di trama, sempre s’indebitò col mito greco-latino, colla storiografia plutarchea, coi romanzi bizantini, colla novellistica italiana.

Non era un genio creativo nel senso in cui oggi lo intenderemmo: il suo teatro era un teatro di riciclo. Ed era un teatro fatto di quasi niente, quasi solo di parole. Ma se le parole — come sosteneva Gorgia — sono i corpi più piccoli in grado di fare le cose più divine, allora il suo teatro ridotto all’osso riconosceva nella povertà dei mezzi e nell’assenza di distrazioni il più grande dei vantaggi.

Shakespeare lo sapeva già

E se il Bardo è da sempre tanto celebrato è per il fatto che è un autore ecumenico, né raffinato né popolare perché insieme raffinato e popolare. Sapeva intercettare il gusto dei suoi contemporanei adattandovi, ma adattandovisi senza nulla cedere, senza nulla sacrificare della qualità di ciò che scriveva e che gli interessava capire. E non è vero, come dicono, che Shakespeare è attuale, è solo la nostra attualità ad essere shakespeariana, perché oggi più che mai sentiamo l’urgenza di deporre ogni possibile illusione sul mondo, perché questo mondo ci appare al di là del bello e del brutto, del nobile e del volgare, del buono e del cattivo, sempre così come capita, arbitrario e incomprensibile.

Shakespeare lo sapeva già e, a leggerlo bene, non ci piace solo perché ci ha lasciato un fondo infinito di umanissimi guai e personaggi, ma anche perché ci ha poeticamente avvisati che la vita è spostata di molto più in là rispetto a qualunque ipotesi su di essa, a qualunque nostra pretesa di crederla sensata. Il Covid ce lo ha insegnato in queste settimane, ma Shakespeare lo sapeva già quattro secoli fa.

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Regione Marche, una legge per leggere tutti https://2020.passaggifestival.it/legge-promozione-lettura/ Wed, 22 Apr 2020 09:39:49 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=65997 Il vice Presidente del Consiglio regionale Minardi: “Aumentiamo il numero dei lettori, incentiviamo la lettura su qualsiasi supporto e nei diversi contesti della vita quotidiana”.

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Renato Claudio Minardi Legge promozione lettura regione Marche

La Regione Marche ha approvato la legge di promozione della lettura. Votato ieri dal Consiglio regionale, il provvedimento legislativo prevede, a partire dal 2021, un finanziamento di 150.000 euro e sarà finanziata annualmente con la legge di bilancio.

La legge nasce proposta del vice Presidente del Consiglio regionale delle Marche, Renato Claudio Minardi: “Sono molto soddisfatto – ha dichiarato – dell’approvazione di una proposta innovativa, tra le prime in Italia, alla quale lavoro da due anni  che ha l’obiettivo di incentivare la lettura, fattore chiave per lo sviluppo della persona nella comunità del futuro”.

La grande crisi dei lettori

C’era bisogno di una legge di promozione della lettura? Crediamo di sì. Non è un cliché, infatti, che in Italia gli scrittori siano più dei lettori. Si pubblicano molti libri, ma poi questi fanno fatica a trovare chi abbia voglia di leggerli.

Ogni anno, l’Istat ci restituisce un ritratto impietoso delle nostre precarie abitudini culturali e quel che più è drammatico è che anche chi dovrebbe fare della lettura il cardine della propria crescita emotiva ed intellettuale – ragazzini e ragazzine in età scolare – legge poco, soprattutto se non recepisce in famiglia modelli virtuosi. Dei bambini o adolescenti figli di genitori non lettori si stima che solo il 34% prenda di tanto in tanto un libro in mano.

In Italia, così come nelle Marche si legge troppo poco: leggono il 60% della popolazione (15 – 75 anni). Meno della Spagna con il 62,2% o della Germania 68%. Nella classifica stilata dall’AIE per l’anno 2018, siamo davanti solo al Brasile, alla Slovenia, a Cipro e alla Grecia. Inoltre, in questi mesi di emergenza sanitaria, nonostante siano aumentate le possibilità di dedicarsi alla lettura, si registra un calo del mercato del libro di oltre il 50% (fonte: AIE).

Eppure, la lettura quale strumento di formazione del pensiero critico e dell’autonomia di giudizio dovrebbe essere priorità non soltanto di genitori e insegnanti, ma anche dell’intera comunità.

Legge promozione della lettura nelle Marche: cosa prevede

Sottoscritta anche dal Presidente del Consiglio Antonio Mastrovincenzo e dal Presidente di I Commissione, Francesco Giacinti, la legge ha come finalità quella di promuovere la diffusione del libro e della lettura quale strumento fondamentale della crescita culturale e sociale dell’intera comunità marchigiana.

La premessa della legge è che ciò che definiamo “cultura”, di cui la lettura è prima espressione e fonte, sia profondamente compenetrata alle radici del sentire marchigiano e delle sue modalità di articolazione e rappresentazione civile.

Tra le misure previste, la legge annovera l’incentivazione della lettura fra minori, giovani e gli individui socialmente svantaggiati nonché azioni concrete volte a promuovere la bibliodiversità e tutte le manifestazioni che abbiano come obiettivo quello della valorizzazione del libro, come festival e premi dedicati a scrittori e letterati. È, inoltre, istituito un premio regionale per la migliore attività di promozione della lettura.

La legge sottolinea anche la necessità di rendere ancor più accessibile la lettura alle persone affette da disabilità fisiche o cognitive. Al fine di aumentare il numero di lettori, la Regione Marche stipula patti locali per la lettura coinvolgendo gli enti locali, le biblioteche e le scuole e altre organizzazioni pubbliche o private interessate alla promozione della lettura.

Mira, inoltre, a promuovere la frequentazione delle biblioteche e delle librerie ma anche spazi moderni attrattivi e accoglienti nonché di socializzazione. Pensiamo alla San Giovanni a Pesaro, la Fornace a Moie di Maiolati Spontini o la Memo a Fano.
I servizi del sistema bibliotecario vengono, quindi, potenziati con l’obiettivo di ampliare la produzione, la diffusione e la fruizione di contenuti letterari o divulgativi coinvolgere, pur nel rispetto delle norme che tutelano il diritto d’autore, anche il mezzo digitale.

Essenziale al successo del progetto anche il contributo di case editrici e librerie indipendenti che la Regione s’impegna, attraverso la nuova normativa, a proteggere e a valorizzare.

La Regione, in particolare, incentiva la pubblica lettura e riconosce la specificità culturale del libro quale opera dell’ingegno e strumento fondamentale per la circolazione delle idee, sostenendo la molteplicità di competenze e professionalità che, dall’ideazione alla fruizione, concorrono ad assicurare la diffusione del libro stesso e della lettura. Una regione, inoltre, che vanta numerosi eventi legati al libro: Passaggi Festival e Letteraria a Fano, Urbino e le Città del Libro, Macerata racconta, per citarne soltanto alcuni.

Legge di promozione della lettura, Minardi: “Chi legge è meno esposto alle fake news”

“La lettura – dichiara Minardi – ha un ruolo fondamentale per lo sviluppo del pensiero critico e dell’autonomia di giudizio nonché per la diffusione della cultura e della promozione del progresso civile, sociale ed economico. Chi legge, si informa e conosce, sviluppa un proprio pensiero sulla realtà e su quanto accade e, di conseguenza è meno esposto, soprattutto online, al rischio di diventare vittima di fake news”.

“Con una politica adeguata sulla cultura del libro – prosegue Minardi – si formano cittadini consapevoli, partecipi e responsabili e si mira a contrastare qualsiasi forma di esclusione culturale e sociale. Per questo, la legge promuove azioni che incrementano il numero dei lettori, incentivano la lettura su qualsiasi supporto e nei diversi contesti della vita quotidiana”.

Conclude il vice presidente del Consiglio regionale delle Marche: “La legge presta molta attenzione alle nuove forme di comunicazione: come il sostegno alla produzione e diffusione di contenuti editoriali digitali, all’imprenditoria editoriale marchigiana e alle librerie indipendenti nonché alle imprese che contribuiscono alla diffusione del libro quale patrimonio culturale collettivo. Grande spazio è riservato agli eventi, manifestazioni, festival e premi che diffondono la cultura del libro e promuovono la lettura e viene istituito un premio per la migliore attività di promozione della lettura”.

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Auguri Milan Kundera, artista del romanzo https://2020.passaggifestival.it/milan-kundera-saggio-romanzo/ Tue, 31 Mar 2020 22:09:23 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=68625 Lo scrittore ceco, che ha fatto la storia del romanzo europeo, è nato il primo aprile 1929. Ha aperto la strada all'unione tra saggio e romanzo.

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Milan Kundera

L’anno scorso ha celebrato i suoi novant’anni e riottenuto, dopo quaranta, la cittadinanza ceca che gli era stata sottratta per le sue posizioni antigovernative; oggi, presumibilmente in isolamento nel suo appartamento parigino, Milan Kundera aggiunge una candelina alla sua torta di compleanno.

Scrittore bilingue, sospeso tra il ceco natio e il francese conquistato in esilio, nato poeta e prestato per un breve periodo alla drammaturgia.

Milan Kundera ha fatto soprattutto la storia del romanzo europeo, di cui è stato fino alla fine del secolo scorso indiscusso protagonista e pioniere di piccole rivoluzioni stilistiche, prima fra tutte quella che ha aperto la strada alla contaminazione fra narrativa e saggistica, fra racconto di finzione e meditazione sulle costanti dell’umano.

Lo scherzo, il romanzo rivelatore di Milan Kundera

Poco più che trentenne scrive Lo scherzo, storia di uno studente che invia a una ragazza una cartolina in cui prende in giro bonariamente il socialismo, ma l’incapacità di ironizzare su di sé è il primo sintomo di oppressione totalitaria e il povero studente sconterà le conseguenze del suo gesto umoristico per tutta la vita.

Dopo averlo finito, aspettò sei anni prima di vederlo pubblicato in Cecoslovacchia (allora non era ancora la Repubblica Ceca): è il 1967, l’anno dopo il testo è già stato ritirato. Diversa la sorte del romanzo in Francia, paese che Milan Kundera sceglie per esiliarsi.

La nascita di un autore è lì salutata dallo stupore per un’abilità di scrittura che fa della misura il suo perno e che intreccia con fili tanto sapienti perché invisibili l’amara satira politica con una riflessione esistenzialista dalla vocazione universale.

L’insostenibile leggerezza dell’essere, un capolavoro letterario

La consacrazione avviene più di un decennio dopo, nel 1984, con L’insostenibile leggerezza dell’essere.

Un romanzo scolpito nell’immaginario non solo letterario della cultura europea (grazie anche al film con protagonisti Juliette Binoche e Daniel Day-Lewis e, nel nostro paese, a una canzone di Antonello Venditti) per il modo in cui dialogano le vicende dei quattro protagonisti, Tomáš, Teresa, Sabina e Franz, fra tensioni erotiche private e grandi drammi storici.

La temperatura della scrittura è tiepida, l’andamento fluido, la tonalità di fondo malinconica e lieve: dal padre musicista, Milan Kundera eredita il talento per la composizione armonica, in cui melodia e ritmo si fondono senza prevaricazioni in una tessitura che cela dietro un’elegante ‘sprezzatura’ la fatica dell’equilibrio.

Le ultime prove romanzesche di Milan Kundera

Negli anni la levità kunderiana, affidata non più all’idioma materno ma al francese, diviene sempre più eterea, quasi inconsistente.

Le sue ultime prove romanzesche sono brevi, fluttuano in atmosfere sospese e metafisiche: L’ignoranza, L’identità, La lentezza si insinuano nel diaframma che separa i diversi capitoli di esistenze sradicate, in cui recuperare la memoria è tanto impossibile quanto essenziale per continuare a sopravvivere, e spesso basta un lampo, un’epifania, per ritornare a sperare.

L’invenzione kunderiana del saggio-romanzo

Nei romanzi, Milan Kundera ha abbattuto i confini tra narrativa e teatro e tra narrativa e saggio, alternando allo storytelling le polifonie proprie del dramma e le speculazioni dell’essai colto alla francese.

Nei suoi saggi (due memorabili: I testamenti traditi e L’arte del romanzo) ha fatto danzare le idee come nei suoi romanzi faceva danzare i personaggi, tutti presi com’erano dai loro amori e dai loro odi, dai sempre repentini cambi di umori e pensieri perché niente è definitivo nella vita come nell’arte.

 

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Rubettino non si arrende al virus e ci racconta l’Alberto Sordi segreto https://2020.passaggifestival.it/alberto-sordi-nuovo-livro-rubettino/ Mon, 30 Mar 2020 08:03:24 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=68787 Una raccolta di memorie, un album di famiglia a cura di Igor Righetti, che svela un Alberto Sordi inatteso, tra amori nascosti, manie e rimpianti.

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Alberto Sordi segreto Igor Righetti Rubbettino

Le misure di contenimento del contagio da Coronavirus attuate nel Paese, non hanno impedito all’editore Rubbettino di lanciarlo in libreria il prossimo 9 aprile, come era da tempo programmato. Tuttavia, Alberto Sordi segreto, il primo libro che raccoglie aneddoti e memorie sulla vita privata di uno dei più grandi attori della storia dello spettacolo italiano, di cui quest’anno si ricordano i cento anni dalla nascita, dal 30 marzo, insieme al cd della canzone dedicata all’attore, sarà disponibile sul sito dell’editore www.rubbettinoeditore.it con il 15% di sconto e possibilità di acquisto sia in contrassegno sia con carta di credito, PayPal o Amazon Pay.

In esclusiva per questa uscita, le copie in vendita sul sito saranno tutte autografate dall’autore Igor Righetti, cugino da parte di madre di Sordi. Sarà anche disponibile in tutti i bookstore online a 8,99 euro l’ebook autografato e, non appena la situazione lo permetterà, il volume con il cd del brano sarà disponibile anche in tutte le librerie e nei bookstore online.

Un ritratto umanissimo di Alberto Sordi

Igor Righetti, giornalista e cugino diretto di Alberto Sordi, dedica allo zio un ritratto privato e umanissimo, lontano tanto dalle agiografie quanto dagli scandalismi: dell’attore che meglio ha interpretato i caratteri distintivi, meschini e geniali insieme, dell’italianità si scoprono, infatti, le ferite d’infanzia (la morte prematura di un fratellino, quattro anni prima della sua nascita, a cui deve il suo nome, Alberto, un dolore mai ricomposto nei cuori dei genitori Maria e Pietro).

I legami famigliari fortissimi, soprattutto con la madre e le sorelle amatissime, gli amori vissuti in modo estremamente pudico, i rapporti, talvolta venati di sentimenti contraddittori, coi colleghi, il sogno infranto di vincere un Oscar, la fede profonda e il desiderio di trasformare la sua sontuosa villa romana in un orfanotrofio.

Un libro che aiuta a riscoprire l’attore dietro ai suoi personaggi

Nella prefazione, scritta dal Professor Gianni Canova, la posizione preminente assunta da Sordi nella storia dell’arte drammatica del nostro paese è chiaramente riconosciuta perché nessuno più di Alberto Sordi è stato in grado di rileggere e interpretare con ispirata precisione una tradizione antichissima, risalente al teatro latino, per calarla nella contemporaneità di un’Italia che oggi ci sembra lontanissima ma che continua a perpetuare l’eredità delle sue ataviche maschere.

Come spiega l’accademico nell’introdurre il libro,  “è una tradizione che irride senza mai abbandonarsi a fanatismi e giustizialismi, ma cercando piuttosto di capire ciò che mette alla berlina: quand’anche il personaggio appare cinico in un dato contesto narrativo, Sordi lascia sempre intravvedere una sua posizione – come dire – antropologicamente comprensiva”.


Titolo: Alberto Sordi segreto – Amori nascosti, manie, rimpianti, maldicenze
Autore: Igor Righetti
Editore: Rubbettino
Isbn: 9788849862874


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Una lezione all’Europa che passerà alla storia: “Non siamo ricchi, e neanche privi di memoria” https://2020.passaggifestival.it/edi-rama-albania-aiuto-italia/ Sun, 29 Mar 2020 15:18:15 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=68831 Il primo ministro Edi Rama e la sue parole di civiltà: «Gli albanesi e l'Albania non abbandonano mai l'amico in difficoltà»

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edi-rama-albania aiuto italia coronavirus

Albania e Italia: paesi fratelli, anche nella cultura. Dall’anno scorso Passaggi dedica una rassegna agli scrittori balcanici e, proprio negli ultimi mesi, si è intensificata la collaborazione con l’Albania, con una visita a Tirana di una delegazione di Passaggi Festival, inseme al Corriere della Sera, in occasione del primo convegno internazionale degli scrittori albanesi della diaspora.

L’Albania: un paese che, non solo nel passato più recente, ma dai tempi della prima migrazione, in quel caso una diaspora, seguita alla caduta dell’impero bizantino, intrattiene con l’Italia un rapporto di sorellanza inquieta e sempre viva, un impegno di reciproca solidarietà, un sentimento di mutua responsabilità.

Le parole con cui il Primo ministro della Repubblica di Albania Edi Rama ha accompagnato ieri un contingente di trenta tra medici e infermieri albanesi in partenza da Tirana per aiutare il nostro personale sanitario impegnato nell’emergenza coronavirus, sono tra le più alte pronunciate in questi giorni.

Un’orazione che impartisce una lezione di buona politica a tutta l’Europa in nome di valori che per l’Albania, fino a ieri alle prese con le macerie lasciate dal totalitarismo, con crisi economiche durissime e difficili congiunture sociali, non sono mai stati negoziabili.

E appunto perché si sottraggono a ogni logica contingente, i valori di solidarietà onorati da Rama ci ricordano che il contributo di una nazione all’edificazione civile non passa soltanto attraverso un primato finanziario o dinamiche produttive virtuose, ma soprattutto attraverso l’espressione di una visione inclusiva e allargata della collettività, di un’idea di umanità non soggetta a logiche contabili.

Edi Rama, con le sue parole emozionate e, ciò nonostante, pronunciate in un italiano impeccabile, ci ha ricordato che la pietas, valore supremo della tradizione greco-latina prima e cristiana poi, è e deve restare il cardine culturale dell’Europa, la condizione, forse, senza la quale l’Europa non è neppure possibile.

Riportiamo, integralmente, il discorso del premier albanese Edi Rama.

Qui in Albania sembrerà strano che trenta medici e infermieri della nostra piccola armata in tenuta bianca partiranno per la linea del fuoco in Italia.
So che trenta medici e infermieri non ribalteranno il rapporto tra la forza micidiale del nemico invisibile e le forze in tenuta bianca che lo stanno combattendo nella linea del fuoco, dall’altra parte del mare.
Ma so anche che laggiù ormai è casa nostra da quando l’Italia, le nostre sorelle e i fratelli italiani ci hanno salvato, ospitato e adottato in casa loro, quando l’Albania bruciava di dolori immensi.

Noi stiamo combattendo lo stesso nemico invisibile, le risorse umane e logistiche della nostra guerra non sono illimitate, ma oggi noi non possiamo tenere le forze di riserva in attesa che siano chiamate, mentre in Italia si stanno curando in ospedali di guerra anche albanesi feriti dal nemico, e hanno un enorme bisogno di aiuto.

È vero che tutti sono rinchiusi nelle loro frontiere e anche paesi ricchissimi hanno girato la schiena agli altri, ma forse esattamente perché noi non siamo ricchi, ma nemmeno privi di memoria, non ci possiamo permettere di non dimostrare all’Italia che gli albanesi e l’Albania non abbandonano mai l’amico in difficoltà.

Questa è una guerra dove nessuno può vincere da solo e voi, cari membri coraggiosi di questa missione per la vita, state partendo per una guerra che è anche la nostra. E l’Italia la deve vincere questa guerra, e la vincerà, anche per noi, anche per l’Europa e il mondo intero.

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Viva Dante, il sommo poeta che curò le sue ferite con la poesia https://2020.passaggifestival.it/dantedi/ Wed, 25 Mar 2020 08:40:41 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=68372 Oggi celebriamo Dante Alighieri non per la perfezione dei versi, ma per la loro stringatezza evocativa, per la loro consistenza visiva.

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Oggi 25 marzo, per la prima volta, si celebra il Dantedì, giornata dedicata alla figura e all’opera di Dante Alighieri per la quale il Miur, il Mibact e la Rai hanno organizzato, visti i decreti restrittivi, cicli di letture e di lezioni solo virtuali.

Si è scelto il 25 marzo perché proprio un 25 marzo fu il giorno in cui Dante scrittore immaginò se stesso pellegrino all’inizio di un cammino che lo avrebbe portato ad attraversare i tre regni dell’oltremondo: l’imbuto infernale chiuso da Lucifero con i suoi vapori tossici e le grida lancinanti dei dannati, la montagna del Purgatorio affollata dalle anime penitenti e non ancora pronte a lasciarsi alle spalle la vita terrena, i cieli concentrici e sonanti del Paradiso illuminati dalla grazia angelica di Beatrice e dalla beatitudine ineffabile della contemplazione di Dio, del suo sguardo insondabile che dà senso all’insensato, anche se questo senso sfugge sempre pienamente alla ragione umana.

Dell’impossibilità di dire, dell’impossibilità di capire e della necessità di abbandonarsi alla fede, una fede che è soprattutto disperata ricerca di giustizia anche nell’ingiusto, Dante si è fatto interprete in un’ammissione di inadeguatezza che permea l’intera Commedia, inadeguatezza del poeta prima ancora che dell’uomo.

Dantedì, celebriamo Dante non per la perfezione dei versi, ma per la stringatezza evocativa

La poesia dantesca è, infatti, un corpo plastico e cangiante: si adatta mimeticamente alla materia, ma, se oggi celebriamo Dante, non è per la perfezione dei suoi versi, ma per la loro stringatezza evocativa, per la loro consistenza visiva, per la loro resistenza all’artificio, per il loro ostinato rifiuto di sperperare le parole, i suoni, persino i sospiri.

Dante non tratta mai la lingua come fosse una stoffa da inamidare o un gingillo da tenere in una teca: niente è venerabile negli idiomi, tutto è da inventare, sperimentare, persino deformare, tanto più quando il linguaggio usato, il volgare letterario italiano, è ancora libero da modelli prepotenti.

E così l’Inferno, il capitolo più doloroso di questo viaggio di ricostruzione personale dopo la depressione, la disillusione, la caduta degli idoli politici e personali, la più cinematografica delle tre cantiche, è un tripudio di contorcimenti e crudezze, con la ferocia della sofferenza senza ritorno e delle sue innumerevoli cacofonie incastrate sulla punta di un calamo affilatissimo.

Nel Purgatorio tutto si distende, le note cromatiche volgono al pastello, la lingua si fa duttile e media, sospesa fra astrazioni metafisiche e nostalgie terrene. Il Paradiso, luogo poetico più inaccessibile, è trionfo della rarefazione e i versi danteschi, remoti e sublimi, si sintonizzano con le sfere dell’inesprimibile.

Dantedì, non uno ma mille Dante

Di Dante, va ricordato sempre, non ce n’è uno, ma mille. Il giovane Dante che compone poesie alla moda stilnovistica, che sogna di discorrere d’amore e amicizia in un vascello in mezzo al mare, il Dante, giù più maturo, che riflette sull’esperienza d’amore – perché la vita, ci ha insegnato, inizia con l’amore, che questo arrivi a nove anni o a novanta –, il Dante che dà sfogo a sentimenti di vendetta e a tentazioni di sadismo erotico nei confronti dell’implacabile Petra, il Dante più austero e meditabondo dei trattati, il Dante che teorizza la necessità di separare religione e politica, il Dante visionario del suo poema di più mostruosa bellezza, quell’opera-mondo in cui la condanna del peccato non si traduce mai in condanna del peccatore, perché la differenza la fa sempre l’uomo: sono tutti questi e anche di più i Danti che noi oggi festeggiamo.

E, tra questi tanti Danti, uno forse c’è più caro di tutti: quello ferito dalla sua Firenze scombussolata dalle lotte fratricide, la Firenze che l’ha tradito e a cui riserva i suoi versi più velenosi perché l’amore donato è tornato offeso, ma non per questa asimmetria qualcuno può smettere di amare e questo Dante lo sapeva bene.

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Fellini: dieci film del maestro riminese per dieci giorni di quarantena https://2020.passaggifestival.it/fellini-dieci-film-del-maestro-riminese-per-dieci-giorni-di-quarantena/ Thu, 12 Mar 2020 07:23:45 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=67541 Federico Fellini: per chi non conosce l’opera del maestro riminese, per chi la conosce a metà, ecco una lista film disponibili gratuitamente su YouTube o Raiplay.

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federico fellini cinema flm

Federico Fellini quest’anno avrebbe compiuto cent’anni e questo clima apocalittico gli avrebbe senz’altro ispirato una riflessione delle sue: onirica e perfettamente a suo agio nei recessi più scomodi delle umane precarietà e degli umani struggimenti.

Nel tempo sospeso dell’attesa, mentre cerchiamo di mettere alla porta questo virus sconosciuto e tenacissimo, vi lasciamo qualche suggerimento cinefilo per la quarantena.
Per i giovanissimi che non conoscono l’opera del grande regista riminese, per tutti gli altri che la conoscono a metà o niente affatto, ecco una lista di dieci film reperibili, in versione integrale, su YouTube o RaiPlay, da vedere sulla vostra smart tv seduti sul divano o sul vostro laptop sotto le coperte, magari da soli, visto che i tempi non incoraggiano il contatto fisico. Ma presto recupereremo con gli interessi.

Ecco, allora, la nostra playlist di film felliniani on demand e rigorosamente gratuiti per le serate casalinghe a venire.

Le luci del varietà (1950)

Co-diretto con il più esperto Alberto Lattuada, è la storia di guitti ed amori di provincia. Film realizzato tra mille difficoltà e imprevisti, contiene rimembranze del regista sempre mischiate alla fantasia, alla trasfigurazione immaginativa. Lascia presagire qualcosa di quel che sarebbe diventato il cinema felliniano, nelle note malinconiche soprattutto.

Link al film (YouTube): https://www.youtube.com/watch?v=yhfdlBBdOaM

Lo sceicco bianco (1952)

Film personalissimo di un Fellini ancora acerbo, stroncato dalla critica al suo apparire e poi riabilitato, mette in scena le avventure di due sposini di provincia in viaggio di nozze a Roma: lui nutre la speranza di fare colpo sui parenti romani ben introdotti, mentre lei sogna di incontrare l’interprete di fotoromanzo che predilige, lo sceicco bianco del titolo, interpretato da un indimenticabile Alberto Sordi. Ritratto di una mediocrità che pure non si arrende alla realtà e sceglie di rifugiarsi nel sogno, non senza pagarne lo scotto.

Link al film (YouTube): https://www.youtube.com/watch?v=8Yu9Oz7_dXM&t=1236s

I Vitelloni (1953)

I vitelloni sono i ragazzoni di provincia che hanno scavalcato l’adolescenza e si sono ritrovati, loro malgrado, nella prima età adulta. Sperperata tra sogni di una vita diversa, l’attaccamento a riti irrinunciabili, desideri di cambiamento destinati a non realizzarsi. Uno di loro ce la fa, prende un treno e parte. È l’alter ego del regista che di questo film, a torto definito da alcuni realista, una volta ha detto: “mentre ascolto i discorsi dei miei vitelloni comincio a pensare con una punta di tristezza che, se vorrò continuare il mio lavoro, sarò costretto ancora una volta a tradirli, come ho fatto da ragazzo quella volta che una bella mattina ho preso il treno e me ne sono andato in città. Mi conforta solo il pensare che quando sapranno della mia nuova fuga non se la prenderanno troppo”.

Link al film (YouTube): https://www.youtube.com/watch?v=XcP2K7n5vmk

La Strada (1954)

Gelsomina e Zampanò, Zampanò e Gelosima. Due creature clownesche, luminosa lei oscuro lui, destinate a percorrere insieme, non senza altalene emotive, la strada della vita, una strada che riserva malinconie e sorprese a chi sa percorrerla con la gioia nel cuore e l’innocenza nello sguardo. Nelle parole del regista, La Strada, il film con il quale si è guadagnato il successo internazionale, è «il viaggio di due creature che stanno insieme fatalmente, senza sapere perché».

Link al film (YouTube): https://www.youtube.com/watch?v=il1drFBRl2M&t=593s

Il bidone (1955)

“Uno dei problemi più gravi, un problema che sta al centro di tutti i miei film, è la terribile difficoltà che si prova nel parlare uno con l’altro, il vecchio problema del comunicare, la disperata angoscia di essere con qualcuno, il desiderio di stabilire un rapporto reale, autentico con un’altra persona”: come ne La Strada, anche qui Fellini si occupa di vite sghembe. Accolto dal gelo alla première al Lido di Venezia e tra i meno amati del regista (ma non tra i meno belli), il film segue le vicende truffaldine di tre mediocri faccendieri sopraffatti dalla loro stessa incapacità di alzare lo sguardo, di sollevarsi al di sopra delle occasioni intriganti di un quotidiano minuscolo, senza promesse di redenzione.

Link al film (RaiPlay): https://www.raiplay.it/video/2016/08/Il-bidone-31cc40e4-f5b7-4a6e-afb3-39b99a76d583.html

La dolce vita (1960)

Fellini lo definiva “un film che dà coraggio, nel senso di saper guardare con occhi nuovi la realtà e non lasciarsi ingannare da miti, ignoranza, bassa cultura, sentimento”. È un’opera che invita ad accostarsi alla realtà, sempre irriducibile a un discorso di ragione, con maggiore respiro, con maggiore apertura alla meraviglia. Marcello Mastroianni, qui un giornalista che sogna di diventare scrittore, illumina ogni istante con il suo gesto interpretativo naturale come un soffio, come il gioco di un bambino.

Link al film (YouTube): https://www.youtube.com/watch?v=Gr2RtrtcRCk&t=8s

Fellini-Satyricon (1969)

Federico Fellini incontra Petronio e il suo grande romanzo in frammenti sulla decadenza romana, in cui gli arricchiti ostentano, ma non sono in grado di parlare correttamente il latino, e, nell’ostentare, divorano il cibo e il tempo in una dissipazione che ha il sapore della fuga della realtà, della negazione della morte: “il mondo dell’antichità è per me un mondo perduto, con il quale la mia ignoranza non mi consente che un rapporto di fantasia”. Fellini ci trova una rassomiglianza con la Roma dei suoi anni, smaniosa di godere per non vedere.

Link al film (YouTube): https://www.youtube.com/watch?v=6PEAbEoxbo0&t=1947s

Amarcord (1973)

Un film che è un commiato alla sua Rimini natia, una Rimini mai reale, ma inconscia, immaginata, avviluppata al suo essere, nel profondo, un provinciale insicuro che sogna la città ma, nel sognarla, se ne sente sempre un po’ spaventato. Adolescenza (individuale) e fascismo (collettivo), come fantasmi che ci tallonano sempre, “questo restare, insomma, eternamente bambini, scaricare le responsabilità sugli altri, vivere con la confortante sensazione che c’è qualcuno che pensa per te, una volta è la mamma, una volta è il papà, un’altra volta è il sindaco, o il duce”.

Link al film (YouTube): https://www.youtube.com/watch?v=9EQItLr6N6w

Il Casanova di Federico Fellini (1976)

Soggetto liberamente basato sulle memorie francesi di Giacomo Casanova, produzione internazionale che fece penare il regista per l’obbligo di girare in inglese, il film è stato tra i più difficili per Fellini, che a lungo lottato contro blocchi creativi e assenza di motivazione. Poi, grazie all’apparizione dell’amico Simenon in un salvifico sogno notturno, la svolta, la conquista della chiave per comprendere e rappresentare l’essenza del seduttore settecentesco, “un uomo che non è mai nato, una funebre marionetta senza idee personali, sentimenti, punti di vista, un italiano imprigionato nel ventre della madre”.

Link al film (YouTube): https://www.youtube.com/watch?v=jVZ_CGBy5Dc&t=51s

Prove d’orchestra (1979)

Orchestrali in attesa del direttore tedesco un po’ nazistoide si raccontano all’inviato di una televisione: piccoli aneddoti o piccole riflessioni che restituiscono la fragilità della condizione umana e un affresco, pur frammentario, degli Anni Settanta, difficili, tormentati e disordinati quali sono stati. Note a margine sul nostro Paese, sempre indeciso fra ribellione e ritorno all’ordine, fra distrazione e lucidità, fra voglia di cambiare le cose e desiderio di affidarsi al miracolo, alla poesia, alla codardia del sogno.

Link al film (RaiPlay): https://www.raiplay.it/programmi/provadorchestra

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San Valentino. Che cosa si sa dell’amore? Filosofi e poeti di fronte al mistero più grande https://2020.passaggifestival.it/giornata-amore/ Thu, 13 Feb 2020 23:01:56 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=66985 In principio fu il Simposio di Platone. Interrogarsi su che cos’è l’amore è occupazione da filosofi, da amanti in primo luogo del sapere. Alla fine, la risposta più convincente la dà Socrate, umile portavoce della veggente Diotima: né dio né mortale, Amore è un povero che sogna la ricchezza, un brutto che sogna la bellezza, […]

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Amore

In principio fu il Simposio di Platone. Interrogarsi su che cos’è l’amore è occupazione da filosofi, da amanti in primo luogo del sapere.

Alla fine, la risposta più convincente la dà Socrate, umile portavoce della veggente Diotima: né dio né mortale, Amore è un povero che sogna la ricchezza, un brutto che sogna la bellezza, una creatura senza casa che sogna l’appartenenza.

L’irrazionalità dell’amore

Per amare occorre mancare: solo nella ferita della privazione può attecchire il desiderio d’amore, desiderio che è sempre uno slancio o una tensione, la ricerca di qualcosa che non c’è, qualcosa di cui ci si sente dolorosamente amputati. 

Non è facile ragionare d’amore, razionalizzarlo, perché è irriducibile a ragione: non può essere limitato al bisogno né all’istinto di natura, non si comprende né con la filosofia né con la scienza.

Lo scrittore argentino naturalizzato francese Julio Cortázar scrisse una volta che in materia d’amore bisogna rivolgersi solo ai pazzi e non “chiedere d’amore agli intelligenti perché essi amano intelligentemente, che è come non aver amato mai”. 

Solitudine e frammentazione dell’amore

Schopenhauer aveva posto la questione in termini dilemmatici: una compagnia di porcospini deve scegliere tra sentire freddo o sentire dolore, perché stando vicini si pungerebbero a vicenda e, per questo, soffrirebbero.

Solo la giusta distanza consente loro di non provare né dolore né freddo. Ma per gli uomini non è così facile trovare la giusta distanza.

La solitudine fa raggelare, l’intimità ci inchioda alla fragilità, ci espone all’angoscia di saperci vulnerabili di fronte all’altro, ma la via di mezzo, a volte, è percorribile solo come astrazione.

Roland Barthes disarticola il discorso amoroso in frammenti perché solo frammentaria e, in qualche modo, approssimativa può essere la scrittura dell’amore.

Traduce l’oggetto dell’investigazione in parole, si avvicina alla sua verità, ma non può catturarla fino in fondo, resta un lembo inevitabilmente scoperto.

L’attesa che non si può attendere

Se lo psicologo tedesco Erich Fromm crede che l’amore sia un’arte per possedere, la quale occorre prima conoscere se stessi, accontentarsi di sé e donarsi all’altro senza adottare logiche di scambio, Massimo Recalcati, interpreta l’incontro d’amore come un miracolo, qualcosa che si attende e che è, però, paradossalmente impossibile da attendere.

“non sappiamo né dove, né come, né quando attenderlo. Non sappiamo nemmeno se mai accadrà. L’incontro somiglia a quello che i matematici chiamano incognita: non si lascia decifrare, non si lascia manipolare, sfugge a ogni principio di determinazione”. (Massimo Recalcati, Mantieni il Bacio, Feltrinelli – l’autore, Premio Passaggi 2019, ha svolto una lectio magistrali durante l’edizione di Passaggi Festival).

È quel sentimento che Michail Bulgakov, ne Il maestro e il Margherita, definisce come un violento imprevisto, «come un assassino che sbuchi all’improvviso, e ci pugnala entrambi. Così colpisce il fulmine, così colpisce la lama finnica”.  

Poesia, l’arte più vicina all’amore

Ma forse i poeti più di tutti si sono avvicinati alla risoluzione dell’enigma, ciascuno dalla sua particolare angolazione.

Charles Bukowski rifiutava di considerarlo una questione a due, perché l’amore è soprattutto la bellezza nascosta nel sudiciume, il lampo salvifico nella disperazione del vizio:

amore non è altro che un faro di notte che fende la nebbia / una chiave di casa tua persa quando sei sbronzo / amore è tutti i gatti spiaccicati dell’universo / è una sigaretta col filtro ficcata in bocca e accesa dalla parte sbagliata”.

Dell’amore non si sa niente, non è possibile sapere niente. Più di tutti questo lo aveva capito Catullo, colui che dell’amore ha scritto in assoluto più brevemente:

“odio e amo. Forse chiederai come sia possibile; non so, ma è proprio così e mi tormento”.

Il poeta si tormenta non perché non sia in grado di capire se prova odio o amore (sa bene di provarli entrambi, non sono forse la stessa cosa?) né per il fatto di provarli.

Piuttosto perché sa che mai potrà dell’amore, che l’ossessiona così tanto, sapere cosa sia, perché sa che non potrà mai piegarlo del tutto nemmeno ai suoi versi più ispirati.

Accetta lo scacco e sullo scacco, sull’impossibilità di sapere dell’amore, costruisce la sua poesia più bella: un’ode all’impotenza dell’amante, alla sua familiarità con il nonsenso.  

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PASSAGGI DI NATALE QUINTUPLICA I SUOI APPUNTAMENTI: ECCO IL PROGRAMMA https://2020.passaggifestival.it/passaggi-natale-appuntamenti/ Mon, 25 Nov 2019 14:15:26 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=66122 Passaggi di Natale ritorna anche quest’anno per celebrare, attraverso la gioia di leggere e discutere di libri, l’arrivo della stagione delle feste e della voglia di riflessione che sempre porta con sé. Passaggi di Natale per i bambini Programma ricco di appuntamenti (tutti a ingresso gratuito), a cominciare dall’incontro con Silvia Vecchini, poetessa e scrittrice […]

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passaggi di natale 2019

Passaggi di Natale ritorna anche quest’anno per celebrare, attraverso la gioia di leggere e discutere di libri, l’arrivo della stagione delle feste e della voglia di riflessione che sempre porta con sé.

Passaggi di Natale per i bambini

Programma ricco di appuntamenti (tutti a ingresso gratuito), a cominciare dall’incontro con Silvia Vecchini, poetessa e scrittrice di libri per bambini, e Sualzo, al secolo Antonio Vincenti, antropologo e apprezzato illustratore.

Gli autori presentano, insieme a Valeria Patregnani (Direttrice Sistema Bibliotecario Fano), alle ore 18,30 di mercoledì 4 dicembre  nella Mediateca Montanari Memo, il libro Nel Silenzio azzurro. Preghiere dal Mondo (Editoriale San Paolo).

L’opera, un’antologia illustrata di preghiere provenienti dalle varie parti del mondo, è un inno festoso alla comune ricerca di senso, una ricerca che passa anche attraverso una spiritualità autentica, priva di ipocrisie e di formule di maniera.

Fano-Passaggi in città: la Guida Turistica

A una settimana di distanza, mercoledì 11 dicembre, sempre alle ore 18,30, nella stessa sede (Mediateca Montanari Memo), verrà presentata la guida turistica Fano-Passaggi in città, realizzata da Passaggi Cultura per i tipi di Grafiche Ripesi Editori e la curatela di Ippolita Bonci Del Bene.

Assieme alla curatrice, interverranno alcuni degli autori: Alfredo Antonaros, Marco Ferri, Manuela Palmucci, Ermanno Simoncelli, Giorgio Tonelli, Gianni Volpe.

L’opera, articolata in dieci capitoli di dieci voci ciascuno, è una guida agile ma esaustiva che sovverte i codici e le convenzioni del genere sostituendo all’aridità dell’informazione la completezza dell’esperienza.

Fano viene raccontata per la prima volta attraverso le storie, i volti, le abitudini, i riti grandi e piccoli dei suoi abitanti per restituire dei luoghi amati non solo l’anima ma anche il corpo, la ‘materia’ della vita realmente vissuta.

Passaggi di Natale si tinge di rosa al Teatro della Fortuna

Venerdì 13 dicembre, alle ore 18,30, al Teatro della Fortuna, si terrà l’incontro (i biglietti, gratuiti, devono essere prenotati e, poi, ritirati al Botteghino del Teatro) con Monica Guerritore, una delle più note attrici italiane di cinema, televisione e teatro, ora anche autrice, la quale discuterà con la giornalista culturale Jessica Chia (La Lettura – Il Corriere della Sera) del suo libro Quel che so di lei. Donne prigioniere di amori straordinari, edito da Longanesi.

Un testo che si distingue per la grande sensibilità con cui viene raccontata la storia di una delle prime vittime di femminicidio, quella di Giulia Trigona, zia dello scrittore Tomasi di Lampedusa, uccisa nel 1911 da un amante in uno squallido albergo vicino alla Stazione Termini.

Mettendosi al fianco di Giulia, di cui la Guerritore cerca di capire le intenzioni e le fragilità profonde, l’autrice s’interroga su temi insieme antichi e attualissimi quali l’interiorizzazione, soprattutto ma non solo femminile, del mito dell’amore romantico, in un’esplorazione, attraverso il personaggio restituito dalla letteratura alla vita, dei fantasmi e delle insidie delle relazioni passionali che, spesso, dietro l’ardore, nascondono violenza e manipolazione mortifera.

Fuori Passaggi… di Natale

Lunedì 16 dicembre, ore 18.30 la Mediateca Montanari Memo ospiterà Valentina Dallari, DJ, blogger e personaggio televisivo, in dialogo con Carolina Iacucci (Passaggi Cultura) e Ivana Stjepanovic (Radio Speaker e DJ) per presentare al pubblico il suo libro autobiografico Non mi sono mai piaciuta (Piemme).

In un racconto doloroso ma necessario di cadute e rinascita, Valentina Dallari ripercorre senza retorica la storia della sua anoressia, sottraendo un disturbo del comportamento alimentare tragicamente diffuso ai luoghi comuni e alle leggende che spesso lo circondano e, talvolta, non permettono di riconoscerne le radici profonde, quelle ferite che affondano nell’infanzia.

Per concludere Passaggi di Natale

Infine, sabato 21 dicembre, alle 18,30 presso la Mediateca Montanari Memo, si terrà l’ultimo incontro della rassegna, quello con lo scrittore italiano di etnia arbëreshë Carmine Abate (Premio Campiello nel 2012 con il romanzo La collina del vento) che, in conversazione con Carolina Iacucci (Passaggi Cultura), discuterà della sua ultima fatica L’albero della fortuna (Aboca).

Un racconto di formazione ambientato in una terra spesso poco rappresentata dalla letteratura, ma nondimeno dotata di raro fascino, quella Calabria che l’autore ci restituisce con maestria nei suoi suoi grovigli di ataviche complessità e nuove inquietudini.

Per ulteriori informazioni si prega di consultare il sito www.passaggifestival.it o di scrivere a passaggi.info@gmail.com

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