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È il 26 luglio del 1894 quando nasce, nella contea del Surrey in Inghilterra, il celebre scrittore Aldous Huxley. La sua è un’esistenza segnata dallo studio e della ricerca sulla società e sui comportamenti umani. Aldous cresce in un ambiente ricco dal punto di vista culturale, in quanto membro di una famiglia composta da noti scienziati (tra cui il nonno noto sostenitore delle teorie darwiniste Thomas Henry Huxley) e da scrittori e giornalisti che incoraggiano prima il suo iniziale desiderio di diventare medico e poi la successiva decisione di dedicarsi, per fortuna dei suoi futuri lettori, alla scrittura.
In alcune interviste dell’epoca, emerge il suo pensiero caratterizzato da una crescente preoccupazione per lo stato in cui versa il pianeta, soprattutto a causa del problema della sovrappopolazione che lo angustia dopo un lungo viaggio in India. Un richiamo alle teorie Malthusiane di fine XVIII secolo, che nell’era delle conquiste nello spazio, raffigura l’eccessiva crescita demografica come il nostro corrispondente di un’invasione aliena sulla Terra. Huxley vede nella sovrappopolazione l’inizio di un’inevitabile decadenza degli standard di vita che, con tutta probabilità, condurrà ad una tirannia globale in cui gli individui cesseranno di avere importanza; “una crisi permanente giustifica il controllo su tutto e tutti, da parte del governo centrale” dice a questo proposito in Ritorno al mondo nuovo (Mondadori).
La chiave per sfuggire ad un futuro così catastrofico? Riuscire a risvegliare e a sviluppare le potenzialità umane che, secondo lo scrittore, consistono principalmente in: intelligenza, cordialità e creatività. La manipolazione mentale rappresenta il miglior metodo per far sì che gli esseri umani, lentamente e senza neppure accorgersene, si ritrovino ad amare lo stato di schiavitù in cui le nuove dittature li condurranno, ecco perché ampliare la consapevolezza del proprio potenziale deve diventare l’obiettivo principale per riuscire ad evitarlo.
“La consapevolezza sociale ha inizio con la consapevolezza individuale”; il principio della consapevolezza di sé è presente nella maggior parte delle filosofie e delle religioni da sempre: il nosce te ipsum greco che aiuta a diventare migliori individui per una società migliore. È questo il concetto che Huxley intende sviluppare per una salvezza dell’umanità che, con l’aiuto dell’educazione sin dall’infanzia potrebbe guidare le persone a pensare e costruire un futuro più piacevole per tutti.
Gli uccelli mynah del suo ultimo romanzo L’isola (Mondadori), con il loro costante richiamo a prestare attenzione sono proprio l’invito alla consapevolezza e al restare concentrati sul presente, che l’autore fa a tutti noi. Per sottolinearlo ancora una volta nel romanzo Il tempo si deve fermare del 1944 (Dalai Editore) scriverà anche: “c’è solo un cantuccio dell’universo che uno può esser certo di rendere migliore, e questo è il proprio io”.
Distopie e Utopie: quale il nostro futuro?
Aldous Huxley è noto a tutti soprattutto per il suo Mondo Nuovo (Mondadori) del 1932. Una distopia che immagina l’incubo dell’ordine eccessivo, guidato da una dittatura scientifica che
governa su esseri umani “perfetti e soddisfatti”. Quando scrive per la prima volta il libro, Huxley vede la realizzazione di tale società in tempi del tutto lontani da lui e dai nipoti, ma col passare degli
anni si accorge invece di essere diventato molto meno ottimista a riguardo e teme che il mondo da lui delineato sia più vicino di quanto egli credesse. Dopo l’uscita di 1984 di Orwell, lo scrittore,
benché piacevolmente colpito dal romanzo, ritiene che si tratti di una società immaginaria influenzata più dagli eventi recenti di nazismo e stalinismo piuttosto che di un probabile prossimo futuro dell’umanità. A proposito di questo, scriverà una lettera ad Orwell in cui dirà:
“È mia convinzione che l’oligarchia al governo troverà modi sempre meno ardui e dispendiosi di governare e soddisfare la sua brama di potere, e questi modi assomiglieranno a quelli che ho
descritto ne Il mondo nuovo. […] Credo che entro la prossima generazione i padroni del mondo scopriranno che il condizionamento infantile e la narco-ipnosi sono più efficienti come strumenti di
governo rispetto a club e prigioni e che la loro brama di potere potrà essere completamente soddisfatta suggestionando le persone ad amare la loro schiavitù, invece di fustigarle e ridurle
all’obbedienza. In altre parole sento che l’incubo di 1984 sarà destinato a evolvere nell’incubo di un mondo che somiglia a quello che ho immaginato ne Il mondo nuovo. Il cambiamento sarà portato
avanti come il risultato di un bisogno di maggiore efficienza.”
Ma non è solo di distopie che si occupa Huxley in quanto, nel 1962, decide di lasciarci invece con un’utopia, ovvero L’isola (Mondadori) che si apre però, con la citazione di Aristotele che ci
ricorda che: “Nel concepire un ideale possiamo presumere quel che vogliamo, ma dovremmo evitare le impossibilità” per sottolineare la fiducia di Huxley nella possibilità che avremmo di creare
davvero un mondo migliore. Qui, un naufrago arrivato nell’isola di Pala, fa da testimone per tutto il racconto di una realtà (studiata dall’autore nei minimi dettagli per lunghi anni) guidata da
consapevolezza e armonia. “Un’utopia realistica” dal finale amaro. Questo perché ad Aldous sembrava che nel nostro mondo, ci fossero più persone intente a lavorare per un finale triste
piuttosto che per un classico “vissero felici e contenti”.
Un elemento comune sia al Mondo Nuovo che a L’Isola, è la presenza della droga che nel primo col “soma” offerto quotidianamente ai cittadini, è il simbolo di una felicità artificiale ormai
irraggiungibile in altri modi; mentre nel secondo, il moksha è per gli abitanti di Pala uno strumento dalle connotazioni sacre che aiuta a trovare la pace e l’armonia universale. Il rapporto di
Huxley con la droga può apparire per molti controverso, ma per lui ha rappresentato una fonte di studi sulla mente umana e sulle emozioni che essa è in grado di generare.
Bisogno di pace
I temi trattati da Huxley sono vari, tipici di una personalità eclettica che non si faceva mancare nulla e che nella vita si dedicò infatti a diversi progetti spaziando dalla critica ai saggi, alla letteratura per
l’infanzia (The Crows of Pearblossom, 1967) fino alle sceneggiature tra le quali ricordiamo Alice nel paese delle meraviglie della Disney, quest’ultima forse a lui cara vista l’amicizia della madre
con Lewis Carroll durante l’infanzia. Aldous era poi un pacifista, e non si tratteneva neppure dal muovere critiche anche al modo in cui lo stile di vita dell’uomo nuocesse all’ambiente. Il Mondo
Nuovo appartiene ad un’umanità che ha perso ogni contatto con la natura:
“Le primule e i paesaggi, fece notare, hanno un grave difetto: sono gratuiti. L’amore per la natura non fa lavorare le fabbriche. Si decide di abolire l’amore per della natura, almeno nelle classi inferiori; di abolire l’amore della natura, ma non la tendenza ad adoperare i mezzi di trasporto. Era infatti essenziale che si continuasse ad andare in campagna, anche se la si odiava. Il problema consisteva nel trovare una ragione economicamente migliore della semplice passione per le primule e i paesaggi. Ed era stata debitamente trovata. “Noi condizioniamo le masse ad odiare la campagna” concluse il Direttore. “Ma contemporaneamente le condizioniamo ad amare ogni genere di sport all”aria aperta. Nello stesso tempo facciamo sì che tutti gli sport all”aria aperta rendano necessario l’uso di apparati complicati. In questo modo si consumano articoli manufatti e si adoperano i mezzi di trasporto”.
Come è possibile chiedere all’uomo di rinunciare ad un profitto immediato, per salvaguardare qualcosa di più distante nel futuro? Ne Il tempo si deve fermare (Dalai Editore), romanzo di formazione in cui appaiono alcuni dei maggiori dilemmi umani, si legge:
“[…] ma quando si tratti delle nostre risorse naturali, sacrifichiamo volentieri all’avidità presente un avvenire che è possibile vedere in modo alquanto accurato. Sappiamo per esempio che se abusiamo del suolo questo perderà la sua fertilità. Che se devastiamo le foreste, i nostri figli avranno scarsezza di legname e vedranno le montagne devastate dalle erosioni e le valli corrose dalle alluvioni. Nondimeno, continuiamo ad abusare del suolo e a devastare le foreste.”
Queste idee, hanno una vasta eco e verranno condivise ed approfondite anche da altri come ad esempio dal filosofo ed economista tedesco Ernst Friedrich Schumacher che nel 1973 pubblica Piccolo è bello, un saggio che illustra come un tipo di economia più attenta alla piena realizzazione degli esseri umani e all’ambiente possa favorire un tipo di progresso consapevole e sostenibile, che ha poco a che vedere con la modernità negativa cui tanti hanno auspicato. In questo libro si fa, tra le altre cose, riferimento al bisogno di creatività degli esseri umani, proprio una di quelle potenzialità umane che secondo Huxley andavano sviluppate per “una vita più umana e soddisfacente per più persone, una democrazia autogestita più ampia e genuina”.
Giunti ora al 2020, con guerre, dittature, una pandemia globale e crisi climatiche in corso che influenzano le nostre vite, le esortazioni di Huxley a prestare attenzione e a realizzare il nostro potenziale appieno, meritano di essere riprese in considerazione per riuscire a condurre una vita equilibrata anche in mezzo al caos che ci circonda.
“[…] Dobbiamo trovare, all’interno di questi miliardi di mondi umani, quello in cui noi vogliamo vivere. Quello che, senza noi a immaginarlo non esisterebbe mai. E allo stesso modo dobbiamo capire che, anche se il mondo influenza i nostri sentimenti, tuttavia non è i nostri sentimenti. […] Possiamo contraddire il mondo. Qualche volta possiamo perfino realizzare l’impossibile. Possiamo continuare a vivere quando la morte sembra inevitabile. E possiamo continuare a sperare dopo aver scoperto che la speranza è svanita.” (Vita su un pianeta nervoso, Matt Haig, p.374).
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