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Ci sono scelte nella vita di un uomo che possono stabilire piccoli cambiamenti. Altre, invece, possono decretare il futuro di cose molto più grandi come, per esempio, la lingua di una nazione e la sua letteratura.
Una di queste scelte fu fatta secoli addietro da un giovanissimo Francesco Petrarca che, tediato dagli studi giuridici impostigli dal padre, decise di dedicarsi agli studi classico-letterari i quali gli valsero la fama del più grande autore preumanista della storia della nostra letteratura.
Nato il 20 luglio del 1304 ad Arezzo, il Petrarca può essere considerato il primo grande intellettuale classificabile come europeo in quanto, sin dall’infanzia, visse in una condizione raminga che lo portò, assieme alla sua famiglia, ad Avignone, città della Provenza, dove si trovava già dal 1309 la corte papale trasferitasi lì a seguito del cosiddetto Scisma d’Occidente.
La vita di corte e l’incontro con Laura
Qui il giovane Francesco ebbe modo di approcciarsi alla vita di corte, criticata da lui stesso come troppo sfarzosa e mondana ma che gli concesse, dopo la morte del padre, impieghi intellettuali e burocratici presso il cardinale Giovanni Colonna.
In quegli anni di soggiorno ad Avignone, precisamente il 10 aprile dell’anno 1327, Petrarca incontrò Laura, donna che sarà oggetto della raccolta poetica dei Rerum Vulgarium Fragmenta (o Canzoniere), opera che sarà classificata come capolavoro sia dai contemporanei che dai posteri.
Giudicata dallo stesso autore con il termine nugae (“cose di poco conto”, “sciocchezze”), questa opera può essere considerata lo snodo principale attraverso cui filtrò tutta la tradizione poetica precedente allo stesso Petrarca e che sarà valutata, soprattutto nel Cinquecento grazie ad intellettuali come Pietro Bembo e Antonio Sebastiano Minturno, come modello poetico per eccellenza.
Il latino come mezzo di comunicazione internazionale e la gloria poetica
Grazie al già accennato impiego presso il cardinale Colonna, Petrarca prese gli ordini minori divenendo chierico e ciò gli garantì dei benefici economici che gli concessero di viaggiare per l’Europa e accedere al materiale librario delle più importanti abbazie del suo tempo come la Biblioteca Apostolica Vaticana e la Biblioteca Capitolare di Liegi.
Oltre che essere un poeta e un uomo di corte, Petrarca fu un grandissimo cultore dell’antichità romano-classica e ciò lo spinse alla ricerca delle grandi opere del passato di cui ormai se ne era persa ogni traccia. Basti pensare che è grazie al suo operato se si possiedono opere come la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio e le Epistulae ad Familiares di Cicerone.
In merito a quest’ultima scoperta è noto lo sdegno e lo stupore che provò il nostro nella lettura di un Cicerone più intimo e meno eloquente. Di lui infatti gli intellettuali medievali possedevano soltanto qualche orazione politica stilata con un latino lessicalmente aulico.
Durante questi viaggi, inoltre, Petrarca ebbe modo di conoscere e stringere contatti con i personaggi più influenti del suo tempo con i quali intratteneva rapporti epistolari in latino. Il suo amore per questa lingua era intenso. Infatti, oltre che scriverlo e parlalo, si narra che egli pensasse in un latino ripulito da ogni influenza medievale e che si accostava nella sua limpidezza a quello di Virgilio e di Cicerone.
Seguendo il modello dei grandi autori del passato, il Petrarca era avido di gloria e di onori e perciò desiderava che gli fosse concessa un’incoronazione poetica in Roma proprio come avveniva nei tempi antichi; nell’anno 1341 fu incoronato poeta laureato presso il Campidoglio e di tale titolo se ne fregiò in ogni sua opera in quanto per quel tempo era l’unico intellettuale a potersi vantare di questa grandissima onorificenza.
Il vero padre della lingua italiana
Francesco Petrarca non è stato solo un’intellettuale di spessore durante la sua vita, in quanto dopo la sua morte, avvenuta nella notte tra il 18 e il 19 luglio del 1374 ad Arquà sui Colli Euganei, fu subito acclamato come il “successore” di Dante Alighieri.
Oggigiorno quest’ultimo viene riconosciuto come il padre della lingua italiana, anche se non sarebbe propriamente corretto definirlo così poiché, quando nel 1525 il già citato Pietro Bembo stilò l’opera Prose de la volgar lingua in cui fornì il canone linguistico-letterario, egli vide nell’opera petrarchesca del Canzoniere l’unico modello linguistico e stilistico valido che porterà alla nascita della lingua italiana così come noi la conosciamo oggi.
Sulle tracce del Petrarca: consigli di lettura
Per meglio conoscere e approfondire la vita di Francesco Petrarca e le sue opere, consigliamo la lettura del Canzoniere commentato da Marco Santagata e pubblicato da Mondadori. Sempre dal pugno dello stesso studioso segnaliamo il saggio L’amoroso pensiero. Petrarca e il romanzo di Laura (edizioni Mondadori).
Tra le altre opere petrarchesche citiamo il Secretum e I Trionfi, pubblicati dalla casa editrice BUR.
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