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L’uomo nello spazio non è più fantascienza. Siamo in piena Guerra Fredda, Stati Uniti e Unione Sovietica rappresentano due diversi modelli di governo, due sistemi ideologici e due messaggi tra loro incompatibili. I campi in cui le due grandi potenze si confrontano sono la corsa agli armamenti nucleari e la conquista dello Spazio.
Il confronto tra le due superpotenze – come venivano chiamate nel secolo scorso Usa e Urss – consiste anche nel dimostrare la propria superiorità attraverso lo sviluppo tecnologico. Entrambi i paesi investono così risorse economiche e umane nella ricerca scientifica.
Si trattò di un’attività dal valore sostanzialmente simbolico nell’esprimere i rapporti di forza tra le due nazioni, ma portò l’uomo a superare i suoi confini e quelli della Terra per esplorare una nuova dimensione e per vedere ciò che riguarda il suo pianeta da un’altra prospettiva.
Un’orbita attorno alla Terra dell’uomo nello spazio
Fu Jurij Gagarin il primo uomo a lasciare il nostro pianeta per un viaggio nello spazio di 108 minuti. Un grande traguardo per l’Urss e per l’intera umanità. È Il 12 aprile 1961, ore 9:07 quando Gagarin pronuncia il suo famoso “poyekhali!” (“andiamo!”) e il vettore Semyorka parte per lanciare in orbita la Vostok 1.
La sua missione consiste in una singola orbita attorno alla Terra. L’astronauta parte da Bajkonur, in Kazakistan, sorvola l’oceano Pacifico in direzione della Siberia e all’altezza dell’Africa si accendono i retrorazzi della navicella per consentire il rientro.
Gagarin viene espulso a 7.000 metri di quota e atterra con un paracadute a Smielkova, nella Russia occidentale, dove le prime ad accoglierlo sono la contadina Anna Taktatova e sua figlia, entrambe spaventate e accompagnate da un vitellino.
A raccontarci i dettagli della spedizione che mandò per la prima volta un uomo nello spazio sono Jamie Doran e Piers Bizony in Starman: The Truth Behind the Legend of Yuri Gagarin, libro del 1998, ripubblicato nel 2011 in occasione del cinquantesimo anniversario della leggendaria missione.
Non c’è nessun Dio quassù: l’autobiografia del primo uomo nello spazio
Jurij Gagarin nacque nel 1934 in una fattoria collettiva di Klushino, un villaggio rurale a 200 chilometri da Mosca. Nel 1941 l’intera famiglia fu costretta a lasciare la propria casa a causa dell’occupazione nazista. All’età di vent’anni Gagarin, per trasformare la sua passione per gli aerei in un vero lavoro, si iscrisse a una scuola di volo e riuscì ad ottenere il brevetto.
Entrò poi nell’aeronautica sovietica per diventare un pilota militare e nel 1959 si offrì volontario per imparare a pilotare una navicella spaziale. Nel 1961 fu scelto per la prima missione nello Spazio e il resto è storia.
Gagarin ha raccontato la sua missione e la sua vita in Non c’è nessun Dio quassù: l’autobiografia del primo uomo a volare nello spazio (Red Star Press). Insieme alle prime parole pronunciate durante il suo volo, “La Terra è blu… che meraviglia, è bellissima”, il titolo del libro è una delle più celebri affermazioni dell’astronauta, anche se non è ancora chiaro se sia realmente da attribuire a lui o se fosse il frutto della propaganda antireligiosa sovietica.
Dallo Spazio alla Terra: la vita dopo la missione
Jurij Gagarin divenne una vera e propria star. Al suo ritorno fu accolto in trionfo a Mosca e gli fu conferito il titolo di Eroe dell’Unione Sovietica. Fu organizzato per lui un tour di propaganda per tutto il mondo e fu ricevuto dalla regina Elisabetta II, da Fidel Castro e dai leader di altri ventotto paesi. Solo John Kennedy non lo ospitò, ma ciò non impedì che la sua celebrità raggiungesse gli Stati Uniti e la curiosità degli americani.
Gagarin fu costretto a interrompere la sua carriera da cosmonauta e pilota, nonostante desiderasse di tornare nello Spazio. Era ormai un simbolo nazionale e non poteva certo perdere la vita in volo. Invece, sfortunatamente, fu proprio così che andò. Dopo insistenti richieste di poter riprendere almeno a pilotare aerei, nel 1968 gli venne revocato il divieto di volo e il 27 marzo, durante una missione di addestramento, si schiantò al suolo.
L’intero mondo pianse la scomparsa del primo uomo che aveva avuto il coraggio e la forza di spingersi oltre i confini del conosciuto. Sulla triste morte dell’astronauta furono elaborate numerose teorie complottiste esposte da Tibor Vajda nel libro The Gagarin Mystery.
Gagarin, il figlio dell’umanità donato al cielo
Jurij Gagarin ha condiviso con tutti i pensieri e le emozioni provate mentre orbitava in solitudine attorno alla Terra nel libro Quello che ho visto nello Spazio. Psicologia e cosmo nell’esperienza del primo uomo a volare tra le stelle, scritto insieme allo psicologo che l’ha seguito nella preparazione all’impresa, Vladimir Lebedev. Per gli amanti del cinema consigliamo invece la visione di Gagarin. Primo nello spazio, film del 2013 diretto da Pavel Parkhomenko.
Nel 1969 il poeta russo Evgenij Aleksandrovič Evtušenko celebrò Gagarin e la sua missione con una splendida poesia in cui ricorda anche il memorabile gesto dell’americano Armstrong che lasciò sulla superficie lunare una sacca con alcuni ricordi di Gagarin per condividere con il collega scomparso il suo traguardo.
Gli astronauti non sono strumenti di guerra e competizione, ma un simbolo di fratellanza, di umanità e di unione tra le nazioni.
Io sono Gagarin.
Per primo ho volato,
e voi volaste dopo di me.
Sono stato donato
per sempre al cielo, dalla terra,
come il figlio dell’umanità.