Indice
- 1 Il complesso mondo della medicina
- 2 Articolo 168: integrazione tra UE e Paesi membri
- 3 L’importanza della comunicazione in medicina: l’esempio dei vaccini
- 4 2020: la pandemia è reale
- 5 Scienza e Coronavirus, l’importanza di condividere le scoperte scientifiche: l’esempio dello Spallanzani
- 6 Il controllo dei farmaci
- 7 Scienza e Coronavirus: la ricerca di un vaccino, nel minor tempo possibile
- 8 Farmaci “off-label”: utilizzo di vecchi farmaci per nuovi scopi
- 9 Scienza e Coronavirus. Il punto sulle sperimentazioni approvate in Italia
- 10 Scienza per la pace
Scienza e Coronavirus: l’Unione Europea ha permesso la creazione di un equilibrio tra più nazioni, in forte antitesi con i precedenti conflitti mondiali. Questo equilibrio è stato accompagnato da un clima di pace in diversi paesi, che dura tuttora. Non a caso il premio Nobel per la pace nel 2012 è stato attribuito proprio all’Unione Europea. Solo in condizioni simili si possono diffondere idee e sviluppare confronti. Uno dei campi che più trae vigore da queste condizioni è quello scientifico. In particolare di una scienza che ci coinvolge tutti, perché ha al centro lo studio della salute dell’essere umano: la medicina. In questo momento così difficile, caratterizzato da una pandemia, la medicina è una delle scienze al centro della gestione del problema dato dal virus Sars-Cov-2, responsabile di sintomi inquadrabili nella malattia da Coronavirus, detta Covid-19. La medicina si impegna a prevenire il contagio, che è l’unica arma fino ad ora in nostro possesso. Inoltre, perlomeno in Italia, cerca di garantire le cure a tutti i pazienti, di qualsiasi età e indipendentemente dalle patologie pregresse. Lavora anche sul fronte della sperimentazione dei nuovi vaccini prodotti in laboratorio e sull’utilizzo “off-label” di farmaci già in commercio.
Il complesso mondo della medicina
La medicina si occupa della cura delle varie malattie che colpiscono l’uomo, ma non ha solo un unico obiettivo. Infatti il suo impegno sorge ancor prima per prevenire lo sviluppo di determinate malattie e migliorare la salute dell’individuo. Si sforza quindi di individuare e limitare i fattori di rischio che correlano con determinate patologie e cerca di promuovere un corretto stile di vita. Inoltre la scienza medica porta avanti sperimentazioni e ricerche, per trovare soluzioni a molti problemi ancora in fieri o nati di recente, come l’antibiotico-resistenza o il calo delle vaccinazioni. E poi tutte le questioni etiche: aborto, ibernazione, clonazione. Quindi la medicina è un ambito molto complesso ed eterogeneo, che necessita di controllo ed organizzazione non solo a livello nazionale, ma anche europeo. L’Europa sostiene la sanità integrandosi con le politiche dei vari paesi membri e attraverso due organi competenti: il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e l’Agenzia europea per i medicinali (EMA). La prima si occupa di coordinare la risposta a nuove malattie emergenti, l’altra di valutare la qualità, la sicurezza e l’efficacia dei farmaci. Questi enti garantiscono uno scambio di informazioni utili alla gestione di nuovi problemi, diagnosi di nuove malattie e terapie e una riserva di dati condivisi.
Articolo 168: integrazione tra UE e Paesi membri
La legislazione europea in materia di sanità è costituita dall’articolo 168 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Tale articolo definisce la sanità pubblica una ‘competenza condivisa fra l’Unione europea (UE) e i paesi dell’UE’. Ogni paese è tenuto a definire i propri servizi sanitari nazionali e l’assistenza medica fornita, l’UE cerca di integrare le politiche nazionali attraverso la sua strategia sanitaria al fine di migliorarle. Gli obiettivi principali elencati dall’articolo in questione sono: prevenire le malattie, promuovendo stili di vita sani; facilitare l’accesso a un’assistenza sanitaria migliore e più sicura; contribuire a sistemi sanitari innovativi, efficienti e sostenibili; affrontare le minacce transfrontaliere; mantenere le persone sane per tutta la loro vita; sfruttare nuove tecnologie e pratiche.
L’importanza della comunicazione in medicina: l’esempio dei vaccini
Alcuni esempi concreti di come il clima di pace europeo abbia favorito il dialogo nella scienza medica è costituito dalle agenzie che si occupano di sfide comuni a tutta Europa. Una di queste sfide è senza dubbio la difesa contro le malattie infettive, che sono libere di viaggiare oltre i confini e causare vere e proprie pandemie, come quella che stiamo vivendo. Per questo nel 2005 è stato istituito L’ECDC, Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie a Solna, in Svezia. Questa agenzia si occupa di tanti aspetti, tra i quali sorveglianza, microbiologia, relazioni internazionali, comunicazione sanitaria e del monitoraggio di ben 52 malattie trasmissibili. Sul sito dell’ECDC, cui si può accedere liberamente, possiamo trovare tantissime informazioni riguardo: infezioni associate all’ambiente sanitario , influenza e virus respiratori, HIV, tubercolosi, epatite virale, malattie legate ai cibi o acqua contaminati, zoonosi (malattie trasmesse dagli animali) e malattie prevenibili con vaccino. Proprio la tematica delle vaccinazioni è stata oggetto di discussione portando in alcuni Paesi ad un calo della copertura vaccinale e ad epidemie di morbillo. L’ECDC ha stimato che in Italia a causa della riduzione della copertura vaccinale al di sotto del 95% ci siano stati 851 casi di morbillo nel 2016 e 851 casi nel 2017.Tra quest’ultimi del 2017 l’89% dei soggetti non era stato vaccinato e al 6% era stata somministrata solo la prima dose. Sono dati come questi che, rilevati e diffusi in tutta Europa dall’ECDC, permettono di capire certi errori e non ripeterli ma anche di valorizzare degli strumenti di riduzione della mortalità, quali il vaccino, messi a rischio da credenze che non hanno rilevanza scientifica.
2020: la pandemia è reale
Nel 2020 il mondo intero è alle prese con una pandemia causata da un virus microscopico appartenente alla famiglia dei coronavirus, che dopo essere mutato è riuscito a compiere lo spillover, ovvero il salto di specie da animale ad uomo, probabilmente in un mercato della città cinese di Wuhan. Da lì il virus si è propagato in tutto il mondo, causando una vera e propria emergenza sanitaria.
Non è la prima volta che un coronavirus “attacca” l’uomo. Tra il 2002 e il 2003 un altro coronavirus fu responsabile della SARS, che minacciò alcuni Paesi. Il SARS-CoV-2, responsabile dell’attuale pandemia, è però un coronavirus mutato e prima d’ora sconosciuto all’uomo. Inoltre, come afferma il medico Roberto Burioni: “Rispetto alla SARS, la nuova malattia è meno mortale ma molto più contagiosa”.
Infatti l’attuale virus sta mettendo in ginocchio il sistema sanitario di diversi Paesi, esaurendo i posti letto nelle terapie intensive e costringendoci a restare in casa. Per chi ha perplessità riguardo al virus o necessità di dati scientifici per capire la serietà di questa questione, può fare affidamento all’ ECDC, ovvero il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie. Nel sito del Ministero della Salute italiano ci sono delle note che indirizzano al sito ECDC, dove ad esempio vi è una sezione dedicata alle Questions & Answers che raccoglie le risposte alle domande più comuni, che tutti ci siamo posti. Di fronte a nuove sfide, che rappresentano un terreno incerto per tutti, c’è sempre difficoltà ad informarsi. Online si trovano miriadi di opinioni contrastanti, ma ora più che mai è necessaria una corretta informazione derivante da fonti affidabili, a prova di fake news.
Quando a Roma, il 2 febbraio 2020, ci sono stati i primi pazienti infetti da Sars-CoV-2, in meno di 48 ore i virologi dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive Spallanzani sono riusciti ad isolarne la sequenza. Non si è trattato di un primato, perché lo stesso lavoro era stato fatto da altri Paesi, ma è comunque un tassello importante per avvicinarci alla conoscenza di un nemico microscopico e poter elaborare delle strategie diagnostiche e terapeutiche. Come spiega Maria Rosaria Capobianchi, direttrice del Laboratorio che ha isolato la sequenza: “Avere isolato il virus, averlo in mano, vuol dire poterlo coltivare, non solo fare l’acido nucleico, che è solo l’impronta del virus, averlo in vitro vivo e vegeto significa poterlo studiare a fondo. In questo modo si può capire come fa il virus a causare danno“. Infatti nonostante tutti bramino alla terapia, va ricordato che servono anche degli strumenti per fare diagnosi del virus: i tamponi o i test sierologici sono altrettanto importanti e si basano sulla conoscenza della struttura del virus e sul modo in cui infetta le nostre cellule. In tutta questa vicenda l’aspetto fondamentale è la messa a disposizione della sequenza a tutta la comunità scientifica. Infatti, appena individuata, la sequenza è stata registrata sul database GenBank ed ora è disponibile per un confronto con quelle isolate in altri Paesi come Cina, Francia, Australia. Tutto ciò dà una spinta propulsoria alla ricerca e permette di individuare eventuali mutazioni. Inoltre permette a tutti i Paesi di dare il proprio contributo alla ricerca di strumenti diagnostici e terapeutici.
Il controllo dei farmaci
L’Europa contribuisce grazie all’Agenzia europea per i medicinali (EMA) allo sviluppo e all’accesso ai medicinali, valutando le domande di autorizzazione all’immissione in commercio con parametri scientifici. Si tratta quindi di valutazioni trasparenti ed imparziali che consentono la sicurezza e la funzionalità di un elemento, il farmaco, alla base di qualsiasi terapia. I membri del consiglio di amministrazione non sono affiliati a nessun governo, organizzazione o settore ed agiscono nell’interesse pubblico. Come si legge sul sito dell’EMA, “il programma di consulenza scientifica facilita la ricerca sui nuovi medicinali e favorisce lo sviluppo, traducendo i progressi della scienza medica in farmaci che giovano realmente alla salute dei pazienti. In particolare promuove lo sviluppo di medicinali per i bambini e farmaci per le malattie rare.” Affinché un farmaco sia sicuro, è necessario che abbia superato tutte le fasi previste dalla sperimentazione clinica. Dopo la fase animale, detta pre-clinica, ci sono tre fasi sull’uomo. La fase I, svolta anche su volontari sani, valuta la sicurezza e la tossicità della sostanza sull’uomo. La fase II, sui malati, permette di valutare se il nuovo farmaco ha un effetto benefico per la malattia e di individuare il miglior dosaggio e il miglior intervallo di somministrazione. A seguire, la fase III consente di valutare quanto efficace è il farmaco rispetto ad altri precedentemente utilizzati per la malattia o, qualora assenti, rispetto ad un placebo cioè una sostanza senza efficacia terapeutica. In questa fase l’assegnazione del placebo o del farmaco avviene in maniera casuale, quindi si dice studio randomizzato e in doppio cieco, quando né il paziente né il medico che somministra il farmaco sanno se si tratta di placebo o principio vero e proprio. Si somministra quindi ad un gruppo il placebo e ad un gruppo il farmaco e se quest’ultimo dimostra di avere un’efficacia, si può procedere alla registrazione sul Prontuario Farmaceutico Nazionale (PFN) e all’immissione in commercio.
La speranza di ciascuno è che si possa al più presto trovare un vaccino. Sembrerebbe che alcuni abbiano già superato la fase animale e stia iniziando per loro la sperimentazione sugli uomini. Questo lascia intendere che si sta lavorando al meglio possibile e il più in fretta possibile, ma che ci sono tappe obbligatorie che è necessario rispettare per poter creare un vaccino sicuro. Sulla rivista Nature si parla di 78 studi di vaccini per il COVID-19, 5 dei quali sono già in fase clinica. Uno di questi è frutto della collaborazione tra lo Jenner Institute di Oxford e la società italiana Advent-Irb di Pomezia. Giacomo Gorini, giovane virologo che fa parte del team, ha dichiarato in un’intervista con Fabio Fazio che in questi giorni inizieranno gli studi clinici su 510 pazienti volontari, separati in 2 gruppi. Un gruppo riceverà il placebo ed un gruppo il vaccino. Superata questa fase si amplierà il numero dei pazienti coinvolti, fino a 5 mila volontari. Se tutto va bene, le ricerche si concluderanno a settembre. Non si può dire con certezza quando il vaccino sarà pronto, di certo settembre sarebbe un grande record rispetto ai tempi impiegati per i precedenti vaccini.
Farmaci “off-label”: utilizzo di vecchi farmaci per nuovi scopi
Il sequenziamento del SARS-CoV-2, oltre a permettere lo studio di un vaccino, rende possibile testare delle molecole antivirali già note e valutarne l’efficacia contro il nuovo Coronavirus. Va considerato che questi farmaci sono già in commercio e quindi si può bypassare la fase di sperimentazione animale e la Fase I di verifica della sicurezza sull’uomo. Nonostante questo, è necessario svolgere la Fase II e la Fase III, poiché quando in farmaco è in commercio lo è per una determinata indicazione terapeutica e quindi per utilizzarlo con altri scopi terapeutici, cioè off-label, è necessario fare altri studi.
Sul sito del Ministero della Salute sono riportate le sperimentazione già autorizzate e quindi in svolgimento. A marzo sono state approvate le sperimentazioni per l’utilizzo di Remdesivir, Tocilizumab, Emapalumba e Anakirna, Sarilumab. Ad aprile hanno avuto inizio le sperimentazioni per idrossiclorochina e gli studi Solidarity e COLVID-19.
Remdesivir è un antivirale sviluppato per la cura dell’infezione da virus Ebola e virus Marburg. Attualmente si sta svolgendo in uno studio di fase III, per valutarne l’efficacia e la sicurezza negli adulti ricoverati con diagnosi di COVID-19.
Tocilizumab è un farmaco già in uso per l’artrite reumatoide ed il 3 aprile è stato autorizzato uno studio randomizzato in doppio cieco di Fase 3 per testare l’efficacia sul Coronavirus rispetto al placebo. Sono stati autorizzati più studi relativi all’impiego di questo farmaco, anche per valutarne l’effetto di una somministrazione precoce rispetto ad una somministrazione solo ad aggravamento dei sintomi.
Emapalumab e Anakinra sono in fase di studio per verificare la riduzione dell’iper-infiammazione e il distress respiratorio in pazienti con infezione da nuovo coronavirus.
Sarilumab è un antagonista del recettore per l’interleuchina-6, autorizzato in Italia per il trattamento dell’artrite reumatoide ed è stato avviato uno studio per valutarne l’efficacia in pazienti adulti con malattia COVID-19 in stadio severo o critico.
Altri farmaci sono invece in sperimentazione per la gestione di pazienti che non necessitano un ricovero, quindi in cura direttamente dal proprio domicilio. Ad aprile è partita la sperimentazione per la somministrazione precoce di idrossiclorochina, un farmaco che nasce come antimalarico e antireumatico. Lo studio ha lo scopo di valutare l’efficacia di questo medicinale per il trattamento domiciliare di pazienti che presentano un quadro clinico lieve di COVID-19 e che si trovano in isolamento domiciliare.
L’OMS ha promosso uno studio chiamato Solidarity che coinvolgerà migliaia di pazienti affetti da COVID-19. Si tratta di uno studio randomizzato, in cui si valutano differenti strategie terapeutiche tra cui antivirali, clorochina e idrossiclorochina. Una commissione di esperti valuterà, a intervalli prestabiliti, i risultati intermedi del trial, così da monitorare l’andamento dell’efficacia terapeutica di questi farmaci e stabilire se continuare a utilizzare o meno un determinato trattamento.
Infine è stato da poco autorizzato lo studio randomizzato di fase II COLVID-19, che valuta la somministrazione di colchicina, un vecchio farmaco utilizzato nei disturbi su base auto-infiammatoria e nella gotta, in pazienti affetti da COVID-19.
Scienza per la pace
Il clima di pace europeo è stato ed è tuttora un habitat naturale per i progressi scientifici. A sua volta però la scienza può contribuire alla pace. Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la medicina era convinta che: “il solo rimedio ai mali che ci affliggono e ai pericoli che minacciano la pace, e la stessa sopravvivenza di tutti gli esseri viventi, possa venire dalla capacità raziocinante dimostrata al massimo grado dallo straordinario successo del mondo scientifico.” Una simbiosi del tutto particolare, quella tra pace e scienza, a cui lei stessa ha contribuito come membro del Comitato d’Onore del progetto “Science for Peace” ideato da Umberto Veronesi nel 2009. Il leitmotiv di questa iniziativa è “tutto quello che ha a che fare con la scienza e la conoscenza ha a che fare anche con la pace” e gli obiettivi sono di diffondere una cultura della pace soprattutto tra i giovani e di favorire gli investimenti nella ricerca scientifica”.
Se per pace si intende anche la sicurezza di poter ritornare alle nostre vite, allora la scienza può aiutarci a concretizzare questa speranza. È sbagliato richiedere verità assolute, perché solo ai tempi del Positivismo la scienza aveva questo ruolo. La scienza andrebbe considerata nell’ottica delle idee di Karl Popper, secondo il quale:
“La storia della scienza, come quella di tutte le idee umane, è storia di sogni irresponsabili, di ostinazioni e di errori. Ma la scienza è una delle pochissime attività umane – se non l’unica – in cui gli errori vengono sistematicamente sottoposti a critica e, sovente, corretti con l’andar del tempo“.
La scienza è fatta di verità che probabilmente un domani verranno smentite, ma fa forza su questa continua analisi e correzione dei suoi contenuti. Il mondo Covid-19 è nuovo per tutti: non ci sono certezze né verità assolute, ma di certo ci sono scienziati che studiano dati e le cui affermazioni dovrebbero avere una valenza diversa da quelle di chi si fa portavoce di verità senza dati alla mano. In questo momento così difficile quindi è necessario saper scegliere delle fonti affidabili, che si basino su dati scientifici ed evitino allarmismi ingiustificati o teorie che minino la fiducia o la collaborazione tra Paesi. La collaborazione è infatti linfa vitale per qualsiasi ambito della scienza. Come dice Roberto Burioni: “Il nuovo coronavirus è una sfida alla nostra società avanzata. Non possiamo sapere quando lo sconfiggeremo, ma siamo certi di poter contare su un’arma formidabile: la scienza.”