Beatrix Potter

 

Il 28 luglio del 1866 nasceva a Londra una delle donne più straordinarie di sempre: l’indimenticabile Beatrix Potter. Definita da alcuni come la J.K. Rowling dei suoi tempi, la sua vita è stato un omaggio alla libertà e all’emancipazione femminile di cui fu un simbolo vivente. Il tutto in maniera semplice, come traspare dalla foto che la ritrae come un’eccentrica signora con un coniglio al guinzaglio.

Potter non è mai stata conforme alla tipica figura femminile dell’epoca, né da bambina quando amava trascorrere il suo tempo a divertirsi nella natura e a studiare animali sia vivi che imbalsamati, né da adulta quando ormai giunta all’età di trentacinque anni decide di voler sposare l’uomo che ama ed insegue la propria indipendenza economica; la sua arte è proprio ciò che la rende indipendente. Nella vita di ognuno di noi esistono dei punti di svolta, dei momenti significativi, delle decisioni che ci cambiano radicalmente la vita, nel caso di Beatrix, il punto di svolta è una lettera scritta al figlio malato di un’amica, in cui racconta una prima versione di quello che sarà il suo primo successo: The tale of Peter Rabbit (1902) per il quale il suo coniglietto da compagnia era stato fonte d’ispirazione.

Il suo grande spirito d’iniziativa, la porta ad auto pubblicarsi per mostrare alle case editrici che l’avevano rifiutata, che sapeva il fatto suo e che non si sarebbe fermata questa volta. Beatrix infatti, che non fu solo scrittrice ed illustratrice bensì anche un’appassionata naturalista, portava ancora sulle spalle il peso di un altro rifiuto del passato, ovvero quello della London Linnean Society che non accettò di valutare i suoi studi sulla germinazione delle spore di fungo, poiché portati avanti da una donna. Ecco perché l’immenso successo dei suoi libri rappresenta anche un riscatto in questo senso.

Vale inoltre la pena ricordare Potter per il suo fiuto per gli affari, che fa di lei una delle prime persone a capire l’efficacia del merchandising e a portare avanti l’idea di creare giocattoli ed oggetti a partire dagli animali protagonisti dei suoi racconti; decisione che fa di lei una donna del tutto in grado di mantenersi da sola.

L’importanza della creatività

La letteratura per l’infanzia, per molto tempo considerata come un genere secondario, non è in realtà cosa da poco. Beatrix era nata appena un anno dopo la pubblicazione di Alice nel paese delle
meraviglie, che è da considerarsi come uno dei primi veri libri per i bambini di epoca vittoriana a cui venivano normalmente propinati racconti minacciosi e spietati come il Der Struwwelpeter (conosciuto in Italia con il titolo di Pierino Porcospino) di Hoffmann del 1845.

La scrittrice stessa, ritrovandosi le avventure di Alice tra le mani all’età di sei anni, rimase del tutto colpita sia dalle vicende, che dalle iconiche illustrazioni di John Tenniel le quali contribuirono a far nascere in lei l’amore per il disegno. Il grande Gianni Rodari si è chiesto, a proposito, se valesse la pena che i bambini imparassero piangendo ciò che si può invece imparare ridendo, ed è proprio questo il punto.

Chi sceglie di dedicarsi alla scrittura di libri per bambini, detiene grande potere e responsabilità poiché trasmette messaggi che rimarranno impressi nella mente dei piccoli lettori che li porteranno con loro nella scoperta del mondo che li circonda. Beatrix aveva forse intuito il suo ruolo anche come “educatrice” e aveva cercato di rendere i suoi libri adatti ai più piccoli, diminuendone il formato per renderli più maneggevoli e rifiutandosi di impiegare un linguaggio troppo semplice per non sottovalutare la capacità di comprensione dei bambini.

L’essere umano racconta storie da sempre, è un nostro tratto ancestrale che continuiamo a riproporre nel mondo moderno perché non possiamo farne a meno. Scrivendo racconti ai bambini possiamo insegnare loro molto, ma questo non significa spaventarli o minacciarli; le fiabe possono semplicemente divertire e allo stesso tempo educare all’essere creativi, dote fondamentale per tutti noi che viene
apprezzata in particolar modo da Gianni Rodari in Grammatica della Fantasia (Einaudi Ragazzi):

“Le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle fiabe. Servono alla poesia, alla musica, all’utopia, all’impegno politico: insomma all’uomo intero e non solo al fantasticatore. […] Se una società basata sul mito della produttività (e sulla realtà del profitto) ha bisogno di uomini a metà- fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà- vuol dire che è fatta male e bisogna cambiarla. Per cambiarla, occorrono uomini creativi, che sappiano usare la loro immaginazione”.

La creatività è stata anche per Beatrix un’ancora di salvezza, un biglietto per la propria libertà. Molte altre donne come lei si sono espresse proprio attraverso l’arte per ottenere la meritata indipendenza; peraltro una delle tematiche fondamentali trattate da Virginia Woolf in Una stanza tutta per sé (Feltrinelli):

“Una donna deve avere soldi e una stanza tutta per sé per poter scrivere.”

Del potere, anche terapeutico, della creatività ne parla poi anche Pinkola Estés nel suo Donne che corrono coi lupi (Frassinelli) dicendo:

“La creatività è multiforme. Ora assume una forma, ora un’altra. […] Alcuni dicono che la vita creativa sta nelle idee, altri dicono che sta nei fatti. In molti casi pare trovarsi nel semplice essere, è
l’amore per qualcosa. Non importa se per una persona, una parola, un’immagine, un’idea, la terra o l’umanità. La capacità creativa è il bene più prezioso della donna perché dona all’esterno e la nutre
all’interno, ad ogni livello psichico e mentale, emotivo ed economico”

Una vita di amore per la natura

Beatrix Potter era una donna semplice ma perspicace, ha saputo creare un universo intriso del suo amore per la natura, popolando i suoi racconti di personaggi dai sentimenti puri che non smettono di
affascinare il lettore moderno. Molte delle storie sono legate tra loro andando a sottolineare ancora di più come per lei facessero tutti quanti parte di un unico mondo, il suo luogo del cuore.

La sua anatra Jemima ha fatto emozionare e divertire un vasto pubblico prima che Paperino esistesse, e ancora oggi le visite alla sua residenza sono frequenti. La sua resilienza e versatilità sono evidenti
anche nelle sue vicende private come quando decise di comprare una proprietà nel Lake District, a Hill Top Farm dove conobbe stabilità economica ed affettiva: si sposò a quarantasette anni, dopo
che il suo primo amore morì prima ancora della celebrazione del matrimonio ed acquistò una fattoria nella quale divenne una dei più importanti allevatori di ovini nella contea. Ed è proprio a Hill Top farm, l’ultimo luogo in cui vive, che ambienta The Fairy Caravan uno dei libri che, insieme al postumo Kitty in Boots, si distacca dallo stile dei suoi little books precedenti rendendoli entrambi interessanti.

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