Diario | Fano – Passaggi Festival https://2020.passaggifestival.it/ Passaggi Festival. Libri vista mare Tue, 01 Sep 2020 06:21:38 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.5.1 https://2020.passaggifestival.it/wp-content/uploads/2020/03/cropped-nuovo-logo-passaggi-festival_rosso-300x300-1-32x32.jpg Diario | Fano – Passaggi Festival https://2020.passaggifestival.it/ 32 32 Metodo Montessori: libertà, indipendenza e autoeducazione https://2020.passaggifestival.it/metodo-montessori/ Mon, 31 Aug 2020 18:16:37 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=74931 il 31 agosto del 1870 nasceva l'ideatrice di uno dei metodi di insegnamento più usati al mondo.

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Metodo Montessori

Autoeducazione, indipendenza, libertà. Questi sono i principi cardine del Metodo educativo Montessori, ideato e promulgato dalla pedagogista Maria Montessori, della quale oggi si celebra il centocinquantesimo anniversario dalla sua nascita.

Il carisma di Maria Montessori

Non esente da critiche, il Metodo Montessori ha riscosso un grande successo nazionale e internazionale, tanto che, ancora oggi, esistono nel mondo circa 65 mila istituti montessoriani.

I motivi di questa intramontabile fama sono da ricercarsi, oltre che nel metodo educativo stesso, anche nella personalità carismatica della Montessori. La pedagogista è stata infatti la terza donna italiana a laurearsi in medicina ed è stata anche un’oppositrice del fascismo, tanto che è stata esiliata in Olanda nel 1934, dove è deceduta nel 1952. Nel corso della sua vita ha poi scritto numerosissimi libri tra cui Educare alla libertà e Mente del bambino. Mente assorbente.

Il successo del Metodo, però, è dovuto anche al virtuoso girotondo di dicerie formatosi nel corso degli anni intorno ad esso, rendendo progressivamente il Metodo Montessori appannaggio di una classe ristretta e privilegiata. Di qui una delle maggiori critiche contemporanee mosse al Metodo; il fatto cioè che i successi professionali dei pupilli di molte famiglie benestanti, cresciuti tra le più illustri cerchie sociali e una copertura considerevole di denaro alle spalle, possano non essere dovuti esclusivamente alla frequentazione delle scuole montessoriane.

Metodo Montessori: quasi come leggere un libro

Bando però alle accuse, spesso infondate, è invece doveroso spezzare alcune lance in favore di questa scuola alternativa e rivoluzionaria, che si oppone ai dettami di quella tradizionale, come l’imposizione di regole dall’alto, l’apprendimento passivo, la limitazione delle libertà decisionali e di pensiero dello studente.

Si potrebbe paragonare il Metodo Montessori all’apprendimento derivato dalla lettura di un libro. La prima fase, quella decisionale, è infatti quasi totalmente autonoma. Certo, talvolta è necessario essere spinti alla lettura, specialmente nei primi anni di vita. Oppure è possibile che l’ambiente circostante o i consigli di altre persone influenzino la scelta. Ma la decisione finale spetta solo e soltanto al lettore.

Allo stesso modo, con il metodo Montessori il bambino è sì indotto a frequentare quella scuola, a seguire le lezioni, a stare con i compagni. È però anche responsabilizzato in tutte le sue scelte, che devono essere autonome e spontanee: dalle lezioni da seguire, ai compiti da svolgere a casa, ai compagni con cui stare. Il bambino, per esempio, può anche trascorrere il tempo con compagni di età diverse. Si renderà poi conto da solo che gli argomenti trattati non sono alla sua portata, oppure che la semplice presenza dei suoi coetanei è migliore. Proprio come quando ci si approccia ad un libro pensato per fasce di età diverse o per persone con competenze diverse.

L’autoeducazione del Metodo Montessori

La lettura di un libro, poi, è l’emblema dell’autoeducazione. L’atto del leggere, nella sua lentezza, nella sua richiesta di concentrazione e, ovviamente, per le informazioni presenti nel libro stesso, è un grande stimolo all’apprendimento. Proprio come il Metodo Montessori, che insegna al bambino la lentezza, l’attenzione e la concentrazione, o comunque a seguire i suoi personali tempi, per far sì che le sue azioni siano svolte al meglio.

Nell’insegnamento montessoriano, poi, il bambino riceve molte nozioni, da quelle più tradizionali, come il riconoscimento dei colori, la lettura e la scrittura, sino a quelle più pratiche o quotidiane, come sparecchiare il proprio piatto dopo aver mangiato, prendersi cura di piante e animali, stare a contatto con la natura.

L’importanza dell’insegnante

Un libro, però, ha sempre un autore. Questo, oltre a fornire determinate informazioni, guida il lettore tra le pagine e spesso suggerisce le chiavi interpretative della storia. In alcuni casi è più partecipe, in altri si nasconde alla perfezione tra le parole, ma è sempre presente. L’insegnante montessoriano, allo stesso modo, deve essere una guida presente, che vigila sugli studenti e suggerisce loro la via più giusta da intraprendere. Non deve, però, essere invadente, né deve rimproverare sterilmente gli alunni dall’alto del suo sapere.

Deve invece porsi allo stesso piano spiegando loro, in modo ragionevole, il motivo per cui, a suo parere, l’alunno abbia commesso un errore, stimolandolo all’autocorrezione. Una piccola distrazione dal lavoro, per esempio, è tollerata, così come può esserlo una distrazione dalla lettura. Il libro, così come la scuola e i compagni, rimane sempre lì, pronto a riaccogliere lo studente senza gravi conseguenze, come voti bassi o giudizi negativi.

Nella scuola montessoriana non ci sono i voti

Anzi, nella scuola montessoriana i voti non esistono affatto e gli alunni sono portati ad implementare le proprie capacità di autovalutazione. Tornando alla metafora del libro, il lettore sa che saltando le pagine potrebbe velocizzare la lettura. Questo però renderà la comprensione del libro più difficoltosa e, talvolta, potrebbe persino allungarne il processo.

O ancora: talvolta il lettore può decidere di non finire un libro. Questo non è sbagliato in sé; semplicemente priverà il lettore di ulteriori conoscenze o della soddisfazione di aver portato a termine qualcosa. Lo stesso varrà per i compiti a casa o per il lavoro in classe dello studente montessoriano. Se non implementati, al bambino verranno semplicemente comunicate le conseguenze delle sue azioni, piuttosto che essere bollato con un semplice voto numerico.

Il Metodo Montessori e il distacco dalla realtà

La realtà, voi direte, è però più complessa della semplice lettura di un libro. Ogni bambino ha una personalità diversa, così come ogni insegnante. Ogni famiglia predilige, a casa, metodi di educazione costruiti sulle proprie esigenze e i paesi in cui sono sorte le scuole montessoriane hanno ognuno background culturali propri.

Inoltre, e questa è la seconda comune critica al Metodo, la vita post-scolastica sarà molto meno accondiscendente con gli studenti delle scuole montessoriane, i quali rischiano di trovarsi catapultati in realtà lavorative e sociali che non ammettono decisioni autonome, errori o autocorrezioni, che richiedono velocità, prontezza e capacità di adattamento.

Non per questo, però, non deve esistere una realtà diversa, che propone un’educazione non tradizionale e che, se accostata all’esperienza obbligata del mondo “reale”, può regalare al bambino un ritaglio di spazio proprio, di apprendimento e di evasione. Proprio come può fare un libro.

 

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Sacco e Vanzetti: una storia americana https://2020.passaggifestival.it/sacco-e-vanzetti/ Sun, 23 Aug 2020 11:13:21 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=74477 Nel 1916 i due si conobbero entrando a far parte di un gruppo anarchico composto da italoamericani. Poi scoppiò la Grande Guerra e il gruppo scappò in Messico, per evitare la chiamata alle armi. Al termine del conflitto, i due tornarono insieme in Massachusetts. Furono uccisi sulla sedia elettrica il 23 agosto 1927

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Sacco-Vanzetti

I nomi di Ferdinando Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti occupano un posto di riguardo nella cultura di massa italiana e nell’immaginario collettivo nazionale, a seguito della loro ingiusta esecuzione, triste vicenda dagli Stati Uniti dei roaring twenties, i ruggenti anni ’20 del secolo scorso. In quel decennio la società statunitense visse un periodo di sviluppo e rinascita, assimilabile a quella Belle Epoque che caratterizzò l’Europa fino allo scoppio della Grande Guerra. Eppure l’ombra dell’esecuzione di Sacco e Vanzetti ne oscurò una parte, aprendo interrogativi ancora attuali sulla pena di morte e la violenza di stato.

La migrazione

Nicola Sacco da Torremaggiore (Foggia) giunge negli USA nel 1909, sbarcando a Boston. Bartolomeo Vanzetti da Villafalletto (Cuneo), in quei giorni di aprile è già in America da circa un anno, avendo raggiunto New York a giugno 1908. I due non si conoscevano ma avevano un tratto in comune, non trascurabile: erano due anarchici.

Sacco era figlio di agricoltori e andò negli States a cercar fortuna, trovando lavoro a Milford, in Massachusetts, come operaio in un calzaturificio. Si stabilì in città dove si sposò ed ebbe due figli. Nonostante i turni da 10 ore al giorno in fabbrica, difficilmente si perdeva una manifestazione operaia. Era molto attivo nella sua union e teneva regolarmente discorsi per l’aumento del salario e il miglioramento delle condizioni di lavoro. Nel 1916 fu arrestato proprio per questo motivo: lo si giudicava un agitatore.

Vanzetti viveva in condizioni economiche migliori ma l’improvvisa scomparsa della madre lo colpì molto, deprimendolo e portandolo sull’orlo della follia, tanto vi era legato. La sua migrazione fu dovuta all’esigenza di cambiare vita e distanziarsi da quell’evento. Accettò ogni tipo di lavoro, spostandosi continuamente all’interno della federazione. Avido lettore di Marx, Tolstoj e anche Dante – tra gli altri – spirito ribelle e indipendente, guidò nel 1916 uno sciopero contro la casa automobilistica Plymouth e, in seguito, nessuno volle più assumerlo. Per tal motivo si mise in proprio, operando come pescivendolo itinerante.

L’incontro

Nel 1916 i due si conobbero entrando a far parte di un gruppo anarchico composto da italoamericani. Poi scoppiò la Grande Guerra e il gruppo scappò in Messico, per evitare la chiamata alle armi. Nessun’onta è infatti maggiore, per un anarchico, del dover uccidere e morire per questo o quell’altro Stato. Al termine del conflitto, i due tornarono insieme in Massachusetts. Quel che non sapevano, era che il Ministero di Giustizia li aveva inseriti in una lista di sovversivi, dunque Sacco e Vanzetti erano a quel punto ufficialmente nemici del Paese e, da prassi, i servizi segreti presero a pedinarli. L’America di Sacco e Vanzetti mal sopportava il diverso, lo straniero, il progressista militante di estrema sinistra. Proprio come accade negli Stati Uniti di oggi.

Su quella stessa lista si leggeva anche il nome di Andrea Salsedo, un tipografo originario di Pantelleria. Quel che restava del corpo di Salsedo fu ritrovato a terra, alla base del grattacielo Park Row Building ove ha sede il Bureau of Investigation, antenato dell’FBI, il 3 maggio 1920. Il BOI aveva sede al quattordicesimo piano e – a quanto pare – dopo diversi giorni di detenzione al suo interno, decise di andarsene passando dalla finestra. L’FBI ha sempre dichiarato che Salsedo si suicidò. Il Dipartimento di Giustizia e la Polizia di New York continuano a negare ogni tipo di responsabilità nella vicenda.

L’arresto

A seguito della morte di Salsedo, Vanzetti organizzò una protesta. La manifestazione doveva tenersi a Brockton, Massachusetts – la città dei campioni, fucina di atleti di successo tra cui the Marvelous Marvin Hagler e Rocky Marciano – il 9 maggio. Sacco e Vanzetti, però, furono arrestati prima.

Nei giorni successivi all’episodio presso il Park Row Building, i due anarchici italiani furono trovati in possesso di una pistola semiautomatica e un revolver, con relative munizioni. In maniera piuttosto sommaria e frettolosa, Sacco e Vanzetti furono accusati di una rapina a mano armata avvenuta in un sobborgo di Boston, presso Slater and Morrill Shoes, nella quale restarono uccisi Frederick Parmenter, cassiere del calzaturificio rapinato, e Alessandro Berardelli, guardia giurata che prestava servizio presso la ditta. Entrambi erano stati assassinati a colpi di pistola.

Non è mai stato dimostrato ma è parere diffuso che, alla base del verdetto di condanna, vi furono pregiudizi di tipo politico e razziale. Ricordiamo infatti che, in quel periodo, procuratore generale degli Stati Uniti era il famigerato Alexander Mitchell Palmer, quello dei Palmer Raids per intenderci. Il suo principale risultato politico fu quello dell’espulsione sommaria di oltre 10.000 immigrati sospetti di essere sovversivi comunisti, Spesso e volentieri, la loro unica colpa era quella di non essere in grado di parlare correttamente la lingua inglese e non appartenere allo status quo WASP che, da sempre, regola e governa l’America. Era consuetudine, in quel periodo, calpestare le più basilari libertà individuali e ogni principio di giustizia in nome della sicurezza nazionale. Negli Usa della Red Scare, la psicosi nota in Italia come paura rossa che ha caratterizzato gli States dopo la vittoria comunista nella Rivoluzione d’Ottobre del 1917, le persecuzioni contro il diverso erano cronaca quotidiana.

Teniamo comunque a mente che le armi trovate in possesso dei due uomini presentavano una buona rilevanza indiziaria. La semiautomatica era balisticamente compatibile con l’arma utilizzata durante la rapina. Inoltre il revolver era dello stesso tipo di quello sottratto alla guardia giurata uccisa e sparito dalla scena del crimine.

Sentenza e protesta

Sacco e Vanzetti non si consideravano comunisti. Il cuneese non aveva neppure precedenti penali, eppure le autorità statunitensi consideravano i due militanti radicali. Il loro coinvolgimento in scioperi, agitazioni politiche e propaganda contro la guerra li aveva resi tali agli occhi dei potenti.

I due italoamericani si ritenevano vittime di pregiudizi sociali e politici. Il giudice Webster Thayer, incaricato di esprimersi sul loro caso, definì Sacco e Vanzetti due bastardi anarchici, senza mezze parole, all’interno di un tribunale federale. In fin dei conti, i due immigrati erano un perfetto capro espiatorio nonché un importante test per esaminare il polso dell’opinione pubblica statunitense. Si trattava di due migranti con una comprensione imperfetta della lingua inglese, noti per difendere idee politiche assolutamente radicali negli States. Palmer non poteva desiderare agnelli sacrificali migliori. Il tribunale condannò Sacco e Vanzetti alla pena di morte su sedia elettrica.

Dopo l’emissione della sentenza, prese il via una partecipata protesta a Boston, di fronte al Palazzo del Governo. Essa andò avanti fino alla data dell’esecuzione, a oltranza, eppure non servì a convincere il governatore dello Stato del Massachusetts, Alvan Fuller, a impedire l’esecuzione. Il politico si limitò a istituire una commissione per riesaminare le prove. La commissione confermò la condanna. Il corteo di protesta partiva dall’edificio governativo e giungeva di fronte alla prigione di Charlestown, la quale ospitava Sacco e Vanzetti. Il governo schierò polizia e guardia nazionale di fronte all’accesso del carcere, sul muro di cinta vi erano mitragliatrici puntate sui manifestanti.

Il fronte per Nick e Bart

Numerose voci si alzarono a favore dei due condannati. Molte arrivarono dall’Italia. Nel nostro Paese l’opinione pubblica si schierò apertamente con i due anarchici, governo fascista compreso. Lo stesso Benito Mussolini riteneva il tribunale americano pregiudizialmente prevenuto e, fino al 1927 attivò il Ministero degli Esteri, l’ambasciatore italiano a Washington e il console a Boston per ottenere una revisione del processo. Nessuno fu ascoltato.

Anche molti intellettuali internazionali presero le difese di Sacco e Vanzetti: Bertrand Russell, George Bernard Shaw, Albert Einstein, Dorothy Parker, John Dewey, Upton Sinclair, Herbert George Wells e il premio Nobel Anatole France – il quale paragonò la vicenda dei due anarchici al famigerato affaire Dreyfus – anch’essi senza alcun successo. Nick e Bart, come venivano affettuosamente chiamati da chi simpatizzava per loro, furono uccisi il 23 agosto 1927.

L’epilogo

L’esecuzione segnò l’inizio di ferventi proteste a Londra, a Parigi e in Germania. Una bomba, la cui matrice era probabilmente anarchica, devastò l’abitazione del giudice Thayer, nel 1928. Egli non era in casa, restarono ferite sua moglie e una domestica.

I comuni di origine dei due hanno dedicato vie e una scuola ai due anarchici, sostenendo Vincenzina Vanzetti nella sua fondazione del comitato di riabilitazione di Nicola Sacco e suo fratello, Bartolomeo Vanzetti. Finalmente, 50 anni esatti dopo l’esecuzione, il 23 agosto 1977, Michael Dukakis, governatore dello Stato del Massachusetts, emanò un proclama che riabilitava i due uomini dopo l’accusa degli omicidi al calzaturificio. “Io dichiaro che ogni stigma e ogni onta vengano per sempre cancellati dai nomi di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.” Affermò Dukakis. Tale dichiarazione, naturalmente, non costituisce in alcun modo una dichiarazione della loro innocenza.

Una campagna di Amnesty International, lanciata nel 2016 per tutelare i diritti umani nel mondo, è stata dedicata alla memoria di Sacco e Vanzetti.

Per approfondire

Esistono svariati tributi alla memoria dei due anarchici nel cinema e nella musica, tra i più noti ricordiamo lo speciale The Sacco – Vanzetti Story, curato da Reginald Rose per la NBC nel 1960; il film di Giuliano Montaldo del 1971, intitolato Sacco e Vanzetti; la canzone di Ennio Morricone, Here’s to you, cantata da Joan Baez e quella di Francesco De Gregori e Giovanna Marini, Sacco e Vanzetti. Numerosi sono anche i libri che trattano della loro triste storia, ne segnaliamo di seguito alcuni:

  • I miei ricordi di una tragedia familiare. Sacco e Vanzetti, di Maria Fernanda Sacco, 2010, Malatesta editore.
  • Non piangete la mia morte, di Bartolomeo Vanzetti, 2017, Edizioni Clichy
  • La marcia del dolore – I funerali di Sacco e Vanzetti – Una storia del Novecento, di Luigi Botta, 2017, Nova Delphi Libri

 


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Il maestro del fumetto Filippo Scòzzari a Passaggi Festival https://2020.passaggifestival.it/scozzari-passaggi-festival/ Fri, 14 Aug 2020 10:02:22 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=74281 E ancora Gianluca Costantini, Claudia Palmarucci, Michele Petrucci, Antonio Pronostico e Fulvio Risuleo nella sezione di graphic novel della manifestazione che si tiene a Fano dal 26 al 30 agosto.

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E ancora Gianluca Costantini, Claudia Palmarucci, Michele Petrucci, Antonio Pronostico e Fulvio Risuleo nella sezione di graphic novel della manifestazione che si tiene a Fano dal 26 al 30 agosto.

È uno dei più grandi per fama, grandezza e importanza sulla scena italiana ed europea. Un artista che ha rotto gli schemi, ha scompigliato e scompaginato, un maestro del suo genere che ha fatto la storia del fumetto. Filippo Scòzzari sarà a Passaggi Festival, l’evento che si occupa di saggistica e non solo in programma a Fano nelle Marche dal 26 al 30 agosto, ospite della sezione Passaggi fra le Nuvole, dedicata ai graphic novel. Sabato 29 agosto alle 19 al Pincio presenterà insieme al critico di fumetti Alessio Trabacchini Lassù no (Coconino Press), antologia in edizione deluxe dei suoi racconti di fantascienza dagli anni ’70 ai 2000, alcuni mai raccolti prima in volume. Classe 1946, è stato un protagonista della Bologna degli anni intorno al 1977. Insieme a Massimo Mattioli e ai più giovani Andrea Pazienza, Stefano Tamburini e Tanino Liberatore ha fondato le riviste Cannibale e Frigidaire due esperienze fondamentali della cultura underground dell’epoca. “Scòzzari e i suoi amici e sodalispiega Giovanni Di Bari, curatore di Passaggi fra le Nuvolehanno innovato il modo di fare il fumetto cominciando a raccontare quello che succedeva a loro nella vita, e quello che succedeva nella vita di chi aveva vent’anni nel ‘77 a Bologna era qualcosa di molto forte: bello e tragico insieme.”

Sono quattro gli appuntamenti di graphic novel della sezione, tutti alle 19 e tutti presentati da Trabacchini, più uno condiviso con Fuori Passaggi, l’altra rassegna del festival pensata per un pubblico giovane e anch’essa ospitata al Pincio. Si comincia giovedì 27 con un altro nome di rilievo, quello del graphic journalist Gianluca Costantini, artista attivista, vincitore del premio Arte e diritti umani di Amnesty International 2019, che presenta Libia (Mondadori) realizzato insieme alla giornalista d’inchiesta Francesca Mannocchi, un racconto del paese nordafricano alternativo a quello dei telegiornali e dei social. L’ospite di venerdì 28 sarà l’illustratrice Claudia Palmarucci autrice dei disegni di Marie Curie. Nel paese della scienza (Orecchio Acerbo) scritto da Irene Cohen Janca, libro che ha vinto nel 2020 il Bologna Ragazzi Award nella categoria Non Fiction e il Premio Orbil nella categoria Divulgazione. “La Palmarucci è un po’ una licenza poetica che ci siamo concessi perché non fa parte del mondo dei fumettiaggiunge Di Barima è brava ed è marchigiana e quest’anno volevamo dare maggior valore al nostro territorio, più o meno allargato. Infatti quasi tutti gli artisti sono nati o vivono in una zona compresa tra Ravenna e Macerata, anche Scòzzari che vive nel riminese.” Chiude la sezione domenica 30 un artista a chilometro zero, Michele Petrucci, forsempronese di nascita, fanese d’adozione che, dopo il grande successo internazionale di Messner, è uscito a giugno con L’insaziabile (Coconino Press), di nuovo una biografia ispirata alla vita di Tarrare, l’uomo più vorace al mondo vissuto in Francia alla fine del ‘700 e la cui storia non era ancora mai stata narrata in forma di fiction.

Il quinto evento, legato ai fumetti e alla musica, è invece per venerdì 28 alle 21.30, sempre al Pincio.  Il cantautore della scena indie Giovanni Truppi insieme all’illustratore Antonio Pronostico e al regista e sceneggiatore Fulvio Risuleo raccontano al pubblico di Fuori Passaggi l’esperienza che li ha visti insieme. Truppi ha recentemente pubblicato l’EP “5”, accompagnato da Cinque (Coconino Press), un fumetto con tutte le canzoni del disco illustrate da differenti disegnatori. Risuleo e Pronostico hanno rielaborato il brano “Mia” raccontando la storia di un amore ormai giunto a capolinea e che alla cui fine uno dei due protagonisti non vuole arrendersi.

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La forma dell’odio: il Muro di Berlino https://2020.passaggifestival.it/anniversario-costruzione-muro-di-berlino/ Thu, 13 Aug 2020 08:49:18 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=73874 Ci sono costruzioni che segnano la storia, simboli concreti per rappresentare la solidificazione di decenni di ideologia, architetture segnanti che danno forma all'odio, alle divisioni e all'inimicizia tra i popoli. Tra queste infrastrutture, il Muro di Berlino è re incontrastato.

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Ci sono costruzioni che segnano la storia, simboli concreti per rappresentare la solidificazione di decenni di ideologia, architetture segnanti che danno forma all’odio, alle divisioni e all’inimicizia tra i popoli. Tra queste infrastrutture, il Muro di Berlino è re incontrastato.

Per Muro di Berlino si intende comunemente tutto quel sistema di recinzione in calcestruzzo e filo spinato, sormontato da torrette di guardia alto oltre 3 metri e mezzo e lungo 156 chilometri che per 28 anni ha tagliato in due Berlino, la Germania e il mondo intero.

La conferenza di Jalta, l’inizio della fine

A pochi mesi dalla conclusione de facto del secondo conflitto mondiale, con la vittoria degli alleati che era ormai soltanto questione di tempo, i leader dei Paesi antinazisti si riunirono a Jalta, in Crimea.

Tale conferenza è spesso ricordata per essere stata l’appuntamento che ha dato avvio alla costituzione dell’ONU, eppure fu anche la sede nella quale si decise di dividere Berlino in ben 4 zone d’influenza; come a voler spartire una torta appetitosa per tutti ma troppo dolce per uno solo tra gli Stati vincitori della guerra. Unione Sovietica, Regno Unito, Francia e, naturalmente Stati Uniti d’America, avrebbero avuto giurisdizione su un settore a testa della devastata capitale tedesca. In un equilibrio piuttosto instabile si governò la città (e di conseguenza, la Germania) fino al 1948, quando la situazione s’inasprì decisamente, dando avvio ad una escalation che assunse presto le dimensioni di un domino incontrollabile, raggiungendo il culmine nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961, esattamente 59 anni fa.

La cortina di ferro

L’Unione Sovietica vantava il settore più esteso, tanto che, a confronto, i settori influenzati da USA e Stati europei erano di fatto poco più che un’enclave in territorio filo-russo. Le ambizioni sovietiche sulla Germania e la sua capitale, dunque, erano molto forti. Iosif Stalin desiderava controllare l’intero Paese e non accettò mai in toto le condizioni di Jalta, avversando fin dal principio l’asse anglo-francese. Gli alleati lo avevano capito. Winston Churchill, non più Prime Minister dopo essere stato sconfitto alle elezioni del 1946 – sulle quali, naturalmente, pesò come una montagna il troppo fresco ricordo del conflitto – in uno dei suoi più celebri discorsi, tenuto un anno dopo il termine del conflitto, esternò una frase entrata in ogni libro di storia: “Da Stettino, nel Baltico, a Trieste, sull’Adriatico, una cortina di ferro è scesa attraverso il Continente. Dietro quella linea giacciono tutte le capitali dei vecchi Stati dell’Europa Centrale e Orientale.”

Origini del termine

L‘espressione cortina di ferro non nacque nella mente di Churchill. Prima di lui la utilizzarono Max Walter Clauss, un giornalista tedesco, sul settimanale Das Reich, la cui impostazione politica è chiara e, qualora non lo fosse, ricordiamo che vi scriveva anche Joseph Goebbels, potentissimo Ministro della Propaganda nazista e delfino del Führer und Reichskanzler, il quale fu il secondo a parlare di cortina di ferro. Secondo Goebbels, in caso di sconfitta della Germania (alla quale forse anche lui si stava già rassegnando nel febbraio 1945, quando scrisse l’articolo in questione) si sarebbe subito interposta una cortina di ferro nei territori dell’Unione Sovietica dietro la quale tener nascosto il massacro di massa comunista.

Nel luglio del 1945 lo statista tedesco Konrad Adenauer riprese il termine, parlandone anch’egli in ottica antisovietica. Nel dicembre dello stesso anno fu il direttore della CIA, Allen Dulles, a utilizzare il termine cortina di ferro in un discorso. Dulles però si riferiva solamente alla Germania e non all’intera Europa. La celebrità dell’espressione, ad ogni modo, si deve soprattutto a Churchill e al suo impareggiabile carisma. Sfortunatamente, il discusso primo ministro inglese, aveva ragione da vendere e il suo discorso non si rivelò essere soltanto retorica politica.

Il blocco della capitale

Nel corso del 1948 la tensione cominciò a farsi palpabile tra le potenze che presidiavano la Germania. L’Unione Sovietica passò il limite quando impose il blocco di Berlino, impedendo alle risorse necessarie alla popolazione per la vita quotidiana di entrare in città. L’asse anglo – francese, allora, rispose attuando un ponte aereo per rifornire la città di generi di prima necessità. Fu il punto di rottura, l’inizio di uno strappo che avrebbe caratterizzato brutalmente i seguenti decenni europei.

Nel corso degli anni ’40 non esistevano grosse restrizioni per chi volesse spostarsi da un’area all’altra della capitale tedesca, si poteva circolare liberamente in ogni settore. L’escalation della Guerra Fredda, però, portò alla chiusura del confine tra Germania Est e Germania Ovest, nel 1952. A seguito di questa decisione, la porzione occidentale si fece via via più attraente per chi viveva nella sfera d’influenza sovietica. Nei 12 anni compresi tra il 1949 e il 1961 furono 2,6 milioni i tedeschi dell’Est che migrarono ad Ovest. Per fermare questo esodo, la Germania Est prese una decisione drastica.

Il muro di Berlino

Come anticipato, fu nella notte tra 12 e 13 agosto 1961 che il regime di Stalin cominciò ad isolarsi dai settori occidentali. Dapprima si trattò di blande recinzioni in filo spinato. Già a partire dal 15 agosto, però, si integrarono elementi in cemento prefabbricato e blocchi di pietra. La base del Muro di Berlino era pronta. Esso giunse a racchiudere completamente i settori occidentali in una sorta di penisola, la quale comunicava con il resto della Germania Ovest tramite uno stretto collegamento, poiché la sfera d’influenza sovietica non circondava completamente i settori controllati dagli anglo – francesi.

Il problema orientale era proprio quel tratto di comunicazione con l’Occidente. Finché fu concessa libertà di circolazione la DDR (Deutsche Demokratische Republik, Germania Est) vide un esodo massiccio di lavoratori specializzati – i quali volevano massimizzare le loro competenze nel mercato capitalista occidentale, ove si prospettava un futuro migliore – e una lunga serie di diserzioni dall’esercito filo-sovietico.

Tutto questo avvenne a pochi mesi dalla celeberrima, probabilmente suo malgrado, dichiarazione di Walter Ulbricht, capo di Stato della DDR e segretario del Partito Socialista Unitario della Germania, l’organo di potere di Stalin in terra tedesca. Nel giugno 1961, Ulbricht dichiarò: “Qui nessuno ha intenzione di costruire un muro.” La storia lo smentì in maniera netta poco dopo.

Le conseguenze

Innalzare il Muro di Berlino fu il più grave errore politico commesso nella storia dell’URSS. Da questo punto di vista la decisione si trasformò in un disastro completo non solo per la Germania orientale ma per l’intero blocco comunista.

Ora il mondo aveva una testimonianza di 156 per 3,5 metri della tirannia di Stalin e anche il più convinto degli occidentali filocomunisti non poteva che esprimere il suo sdegno di fronte alle uccisioni deliberate – spesso e volentieri sotto gli occhi dei media – di chi provava a fuggire dalla DDR per inseguire un futuro migliore da questa parte del Muro di Berlino.

Non paghi, i sovietici resero la barriera regolarmente più rischiosa e difficile da valicare nel corso degli anni successivi  al 1961. Il fondo fu toccato con l’innalzamento di un secondo muro, all’interno della frontiera orientale, creando così l’infame striscia della morte, una zona scoperta e facilmente controllabile tra le due barriere.

L’infrastruttura della morte

Nel 1975 il Muro  di Berlino si mostrava con il suo volto peggiore. Alte recinzioni, un fossato anticarro lungo oltre 105 chilometri, più di 30 torrette militari presidiate notte e giorno da cecchini armati, 20 bunker e una strada di pattugliamento continuamente percorsa da guardie di frontiera lunga più di 175 chilometri; era ormai chiaro a chiunque che il Muro di Berlino non era affatto la protezione antifascista battezzata da Stalin. Il leader comunista e i suoi successori, tanto il reggente Malenkov – al potere soltanto per 8 giorni dopo la morte del tirannico capo di Stato – quanto gli architetti dell’URSS, Nikita Chruscëv e Leonid Breznev, insisterono sul fatto che la barriera fosse necessaria per tutelare le repubbliche socialiste sovietiche da invasioni occidentali. La realtà era ben diversa.

Superare il muro di Berlino

Durante i decenni in cui la barriera restò eretta i tentativi di fuga furono 5mila. Nulla rispetto alle cifre dell’esodo precedenti al 1961. I fuggiaschi uccisi dalle guardie di confine furono oltre 200 (le cifre oscillano tra 190 e 240). Si tentava a fuggire in ogni modo: qualcuno provava a passare sotto le barricate alla guida di un’auto sportiva molto bassa, possibile fino a quando il muro non fu completamente fortificato; altri si gettavano nel vuoto da un balcone sul confine, sperando di riuscire ad atterrare dalla parte giusta; chi poteva si attrezzava con aerei ultraleggeri mentre chi non possedeva i mezzi ideava gallerie sotterranee o si affidava al rischiosissimo metodo di scivolamento tra i cavi elettrici, passando di pilone in pilone.

Morire per un sogno

Tra i morti del Muro prevalgono i giovani e gli uomini ma vi sono anche casi particolari, come quello dell’ottantenne Olga Segler, ed episodi particolarmente disgustosi come quello di Marienetta Jirkowsky, uccisa nel 1980 con 27 colpi d’arma da fuoco, a 18 anni, o quello di Peter Fechter, il quale venne ferito dalle munizioni dei cecchini nel 1962 e fu lasciato morire, dissanguato, nella striscia della morte sotto l’occhio dei media della Bundesrepublik occidentale. Vi sono molti altri esempi simili a questi rintracciabili tra le pagine della triste storia del Muro di Berlino, persone che hanno tentato di inseguire la libertà e delle quali ora resta soltanto una lapide commemorativa, all’ombra della Porta di Brandeburgo.

Come scrisse il romanziere russo Viktor Suvorov nel suo L’ombra della vittoria: “Tanto più lavoro, ingegnosità, denaro e acciaio i comunisti mettevano per migliorare il muro, più chiaro diventava un concetto: gli esseri umani possono essere mantenuti in una società comunista solo con costruzioni impenetrabili, filo spinato, cani e spari alle spalle. Il muro significava che il sistema costruito dai comunisti non attraeva ma repelleva.”

La caduta

Nel corso degli anni ’80 il declino dell’URSS cominciò a farsi inarrestabile. I costi della vita tra Berlino Ovest e Berlino Est erano separati da un abisso e lo stesso valeva per le opportunità dei cittadini. Il governo della Germania Est veniva continuamente contestato; Austria e Ungheria, Stati orgogliosi, storici custodi di uno dei maggiori imperi degli ultimi secoli, rimossero ogni restrizione al confine, consentendo, di fatto, la fuga ai cittadini della DDR; Erich Honecker, leader della Germania Est si dimise il 18 ottobre 1989, lasciandosi alle spalle uno Stato moribondo e un’affermazione consegnata agli annali, quella fatta nel gennaio dello stesso anno: “Vi assicuro che il Muro resisterà per altri 100 anni.”

Il 9 novembre del 1989 furono ufficialmente autorizzate le visite a Berlino Ovest e nella Germania occidentale. Nel giro di poche ore, in un’atmosfera festosa, moltissimi cittadini di Berlino Est scavalcarono il Muro. In un atto di liberazione e partecipazione collettiva come pochi altri nella storia recente, durante le settimane successive, la barriera fu abbattuta a colpi di badile, piccone e persino a mani nude dai berlinesi, fino a quando non venne smantellata utilizzando apparati industriali, i quali seppellirono la forma del Muro di Berlino ma non la sua storia. La caduta del Muro di Berlino aprì la strada alla riunificazione delle due Germanie, conclusasi il 3 ottobre del 1990.

Il 9 novembre è festa nazionale in Germania e nel nostro Paese è stato dichiarato dal parlamento Giorno della Libertà.

Per approfondire: consigli di lettura

Il Muro di Berlino ha una storia molto più ampia di quella che si può sviscerare in un articolo, anche se corposo come questo. L’importanza della barriera nella storia europea e mondiale è immensa e il suo ruolo pivotale durante i difficili anni della Guerra Fredda è indubbio. Approfondirla potrebbe colmare alcune lacune e, soprattutto, aprirci gli occhi su una situazione che sembra riaffacciarsi alla finestra del nostro tempo, con schermaglie verbali sempre più ripetute tra USA e Cina, le due tigri più feroci nella giungla dell’economia contemporanea. Di seguito, si possono trovare alcuni titoli che si occupano della tematica:

  • Quei giorni a Berlino. Il crollo del Muro, l’agonia della Germania Est, il sogno della riunificazione: diario di una stagione che ha cambiato l’Europa, di Lilli Gruber e Paolo Borella, edizioni Rai Libri, 1990.
  • La Germania divisadi Fabio Bertini e Antonio MissiroliGiunti Editore, 1994
  • Non si può dividere il cielo. Storie dal Muro di Berlinodi Gianluca Falanga, editore Carocci, 2009
  • Chi ha costruito il Muro di Berlino? Dalla Guerra Fredda alla nascita della bomba atomica sovietica, i segreti della storia più recentedi Giulietto ChiesaUno Editori, 2019

 

 


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L’Arte in Mostra a Passaggi Festival 2020 https://2020.passaggifestival.it/arte-mostre-passaggi-festival-2020/ Wed, 12 Aug 2020 10:43:19 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=74035 L’ottava edizione di Passaggi Festival si svolgerà a Fano dal 26 al 30 agosto 2020. Ad accompagnare la rassegna di Libri vista mare, vi sarà una Rassegna d’Arte con tre differenti mostre, che saranno visitabili dal 26 agosto al 27 settembre 2020. Non solo saggistica, ma anche attenzione all’arte nelle sue varie sfaccettature: dal fumetto […]

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mostre passaggi festival

Immagine della giornata di inaugurazione delle Mostre della scorsa edizione

L’ottava edizione di Passaggi Festival si svolgerà a Fano dal 26 al 30 agosto 2020. Ad accompagnare la rassegna di Libri vista mare, vi sarà una Rassegna dArte con tre differenti mostre, che saranno visitabili dal 26 agosto al 27 settembre 2020.
Non solo saggistica, ma anche attenzione all’arte nelle sue varie sfaccettature: dal fumetto alla fotografia, passando per la pittura.
La Mediateca Montanari Memo ospiterà “Strip o no?”, mostra di fumetti di Giacinto Gaudenzi.
A Centraledicola si svolgerà Postille”, mostra di fotografia organizzata dall’Associazione Centrale Fotografia.
Infine all’Enoteca Terra si terràIdentità mascherata” , mostra di pittura di Veronica Chessa con un sorprendente lavoro inedito.

La curatrice delle tre mostre è Paola Gennari, Visual Art Manager, laureata in architettura, che da diversi anni si occupa di arte contemporanea.

“Strip o no?”: Il fumetto di Giacinto Gaudenzi

“Strip o no?” è la mostra dedicata al maestro del fumetto Giacinto Gaudenzi.  Nato a Cattolica nel 1945 e formatosi alla Scuola d’Arte di Urbino, è diventato un vero e proprio “artigiano dell’immagine” che ha istruito diversi artisti divenuti a loro volta famosi. La cura per i dettagli e la maestria nel disegno sono caratteristiche fondamentali delle sue opere, come sarà possibile vedere nelle tavole eseguite tra gli anni Settanta e Novanta, selezionate ed esposte alla Mediateca Montanari Memo dal 26 agosto al 27 settembre 2020.
(Ingresso libero. Orari: dal 1 agosto al 15 settembre – lunedì, martedì e venerdì 15- 20 / mercoledì 9-13; 15-20 / giovedì: 15-23 / sabato: 9-13. Aperture straordinarie: sabato 29 agosto 15-20 / domenica 30 agosto: 15-20. Dal 16 al 27 settembre: martedì, mercoledì e domenica 15-19 / giovedì, venerdì e sabato 10-19 – lunedì chiuso).

Giacinto Gaudenzi non è solo fumettista, ma anche cartoonist, incisore ed animatore. Ha iniziato la carriera occupandosi di cortometraggi e spot pubblicitari a Roma e Genova. Dal 1975 ha abbracciato il fumetto, pubblicando nel 1983 per L’Eternauta Storie di un altro Evo sulla rivista “Sgt. Kirk”. Nel 1989, per lo Scarabeo, chiude un ciclo molto importante con L’Eterico Mutante.
Un lavoro che lo ha reso noto è stato quello di illustrate la Storia d’Italia a fumetti di Enzo Biagi, pubblicato da Mondadori a fine anni Settanta. A questo libro hanno partecipato anche Milo Manara e Hugo Pratt.
Fu un’opera di grande impatto, che entrò nelle case di tutti gli italiani e fu ristampata in diverse edizioni e formati.

Come afferma Paola Gennari, curatrice della mostra:

“La mano di Giacinto Gaudenzi è attenta, precisa, scrupolosa estremamente creativa e libera nello spazio-tempo passando da opere a colori a quelle in bianco e nero dal risultato sempre fortemente espressivo e suggestivo. Tutto il suo lavoro è caratterizzato da una accurata ricerca della perfezione del dettaglio dell’immagine: le forme, le scenografie, i personaggi più che disegnati sembrano dipinti assumendo aspetti molto vicini alla realtà. I colori spesso vengono utilizzati per risaltare caratteristiche emotive e sentimentali; alcuni volti assumono i colori deformati dell’ambiente portando il soggetto ad un pathos espressivo molto elevato.”

“Postille”: la fotografia di Alessandro Santi

A Centraledicola si terrà la mostra “Postille”. Si tratta di una mostra fotografica con gli scatti di Alessandro Santi, i testi di Massimo Bini, curata da Marcello Sparaventi e organizzata dall’Associazione “Centrale Fotografia” con AF News.
L’Associazione Culturale Centrale Fotografia, ideata da Marcello Sparaventi, promuove e divulga la cultura fotografica organizzando iniziative per il grande pubblico e per chi ama la fotografia.
Quest’anno rinnova per la quinta volta il sodalizio con Passaggi Festival, con la mostra “Postille”. Il progetto intende valorizzare le opere pittoriche del Museo Civico di Fano,  come quelle de “Il Guercino” o di Giovanni Francesco Guerrieri. Questi pittori hanno ispirato il fotografo Alessandro Santi  verso l’attenzione per il dettaglio, la meraviglia per le piccole cose come mani, piedi, oggetti, vestiti, ali. Gli scatti rivelano l’identità del soggetto attraverso il singolo elemento estrapolato dal suo intero. Si tratta di elementi riuniti che guidano l’occhio dell’osservatore alla curiosità e allo stupore, lasciando spazio alle possibili realtà e dimensioni che ispirano i singoli scatti.
Inoltre “Centrale Fotografia” collabora  con il geografo Massimo Bini, che scrive testi su ogni singola immagine, creando un sodalizio tra arte figurativa e parole.

Alessandro Santi è un fotografo fanese, nato nel 1992. Dopo aver frequentato il Liceo Scientifico a Fano, ha conseguito la Laurea Triennale in Architettura a Torino. Ha  poi proseguito la sua formazione con un Master di Fotografia di Architettura e Interni presso Spazio Labò a Bologna, tenuto dal Prof. L.Capuano e conseguito nel luglio 2017.

“Identità mascherate”: la pittura di Veronica Chessa

L’Enoteca Terra ospiterà  la mostra di pittura “Identità Mascherata”, della pittrice Veronica Chessa. A fare da protagonista è un lavoro inedito, ambientato a Fano, incentrato sulla figura di Cecilia Gallerini, una nobildonna resa celebre dal ritratto che ne fece Leonardo da Vinci nel quadro “La dama con l’ermellino”.  Nel progetto di Veronica Chessa il soggetto, ovvero Cecilia Gallerini, si trasforma ogni volta pur mantenendo la stessa posa. Il lavoro inedito la vede ritratta nella città di Fano: si intravedono alle spalle l’Arco d’Augusto e il Pincio.

Veronica Chessa, nata a Orbetello nel 1975, si è formata tra Liceo Artistico di Grosseto e Accademia  delle Belle Arti di Firenze (sezione pittura). Dal 2004 vive a Fano.
Attualmente collabora con 3B Gallery, Contatto Gallery e Galleria Afnakafna di Roma. Collabora con “Piscina comunale spazio d’arte in copisteria”, realtà milanese che promuove artisti emergenti. Ha tenuto mostre personali e collettive in tutta Italia, tra cui la personale dedicata a Leonardo da Vinci a Villa Medici del Vascello (CR). Nelle Marche ha collaborato con l’associazione culturale Sponge arte contemporanea, per alcune collettive e personali, tra cui una bipersonale al Palazzo Mochi Zamperoli di Cagli, dove in seguito è tornata ad esporre con una personale, invitata dalla direttrice del “Dance Immersion Festival”.

 

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Entra nello Staff di Passaggi https://2020.passaggifestival.it/entra-staff-passaggi/ Wed, 12 Aug 2020 09:47:15 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=74126 Logistica, fotografia, video maker e social i settori con cui si richiede di collaborare. Le domande sul sito della manifestazione che si tiene a Fano dal 26 al 30 agosto

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volontari 2016

 

Campagna volontari 2020 in sicurezza anti-Covid

Logistica, fotografia, video maker e social i settori con cui si richiede di collaborare. Le domande sul sito della manifestazione che si tiene a Fano dal 26 al 30 agosto

Età compresa tra i 18 e i 35 anni, spirito di adattamento, capacità di problem solving e di pubbliche relazioni, saper fare squadra, voglia di mettersi in gioco, di collaborare, di stare in gruppo e di affrontare nuove sfide. Questo l’identikit del perfetto volontario di Passaggi Festival che apre la campagna di reclutamento 2020 per far parte dello staff, in sicurezza e nel rispetto delle norme anti-Covid.

L’evento dedicato alla saggistica, giunto all’ottava edizione, si terrà a Fano dal 26 al 30 agosto. Come ha spesso sottolineato l’ideatore e direttore Giovanni Belfiori, i volontari sono da sempre il cuore della manifestazione.  A loro è affidato un compito non facile: essere disponibili ad affrontare le necessità che si presentano di volta in volta. Ed in questa edizione le difficoltà saranno anche maggiori perché occorrerà rispettare e far rispettare i protocolli anti- Covid che Passaggi applica rigorosamente.

Logistica, fotografia, videomaker e dirette social sono i reparti del festival con cui si richiede di collaborare. A cominciare dalla gestione della platea di piazza XX Settembre dove ha sede il palco centrale sul quale salgono saggisti e giornalisti della sezione Grandi Autori, il settore più delicato del festival, dove è richiesto un po’ di tutto, dalla sistemazione delle sedie alla predisposizione del palco, dal controllo degli ingressi all’accompagnamento degli ospiti, ed altro. Gli appassionati di fotografia e di immagini potranno entrare a far parte della squadra che documenterà Passaggi evento dopo evento per tutta la sua durata. Stesso discorso per i video: servono volontari per dirette Facebook e Instagram, regia dei maxischermi, riprese per il docufilm del festival, che saranno guidati da un videomaker professionista ed esperto.

L’impegno richiesto varia per settore prescelto: per piazza XX Settembre dal 24 al 30 agosto, dalle 17.00 a mezzanotte circa mentre per foto e video una disponibilità continua dal 26 al 30 agosto.

Le richieste vanno effettuate sul sito di Passaggi seguendo le istruzioni e compilando il form nella pagina dedicata (www.passaggifestival.it/campagna-reclutamento-volontari-2020/)

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Evento Cinema e Libri: Oliver Stone nelle Marche https://2020.passaggifestival.it/oliver-stone-passaggi-festival/ Mon, 10 Aug 2020 13:53:23 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=73882 Il “progetto” del celebre regista nelle Marche è di fatto un’estensione della partecipazione del grande regista, sceneggiatore, produttore e Premio Oscar, alla 56° Mostra Internazionale del Cinema di Pesaro.

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Invitato dalla 56° Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, in occasione del trentennale del premio Oscar per la migliore regia di “Nato il 4 luglio”, farà tappa anche a Fano e Senigallia per presentare l’autobiografia “Cercando la luce”, in uscita il 27 agosto per La Nave di Teseo.

La Regione Marche su iniziativa dell’assessore alla Cultura e Turismo Moreno Pieroni e la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema su intervento del suo Presidente Daniele Vimini, assieme alla Fondazione Marche Cultura, in
collaborazione con i Comuni di Pesaro, Fano e Senigallia, a Passaggi Festival e alla Genoma Films, organizzano tre appuntamenti con Oliver Stone a Pesaro, Fano e Senigallia, il 25, il 26 e il 27 agosto prossimi.

Il “progetto” di Oliver Stone nelle Marche è di fatto un’estensione della partecipazione del grande regista, sceneggiatore, produttore e Premio Oscar, alla 56° Mostra Internazionale del Cinema di Pesaro. Da lì si è voluta cogliere
l’opportunità di mostrare al regista la nostra regione, la suggestione di possibili location parallelamente ad occasioni di presentazione in anteprima del suo ultimo libro, un’autobiografia che sarà nelle librerie a fine agosto, edito da La Nave di
Teseo, col titolo di Cercando la luce. Scrivere, dirigere e sopravvivere.

A Pesaro, il 25 agosto alle 21,15, in Piazza del Popolo, la 56° Mostra Internazionale del Nuovo Cinema dedica al regista Premio Oscar un evento del festival. Sarà un dialogo aperto e allo stesso tempo molto personale sulla sua storia professionale: da quando, prima di trasferirsi a Los Angeles e ottenere successo internazionale con Platoon nel 1987, aveva combattuto in Vietnam, era stato ferito, e successivamente aveva trascorso anni a scrivere sceneggiature mai prodotte, mentre cercava di guadagnarsi da vivere a Manhattan. Stone, che ora ha 73 anni, racconterà quegli anni formativi tra alti e bassi: gli scambi con Al Pacino sulle sceneggiature di Scarface (nato oltretutto da una rischiosa ricerca sul campo dei cartelli della droga), il fallimento del suo primo lungometraggio The Hand con Michael Caine, le affannose ricerche di finanziamenti per Salvador, le tensioni dietro le quinte di Fuga di mezzanotte.

A Fano, mercoledì 26 agosto, Oliver Stone parteciperà alla giornata inaugurale dell’ottava edizione di Passaggi Festival della Saggistica. L’appuntamento è alle ore 20.00, in piazza XX Settembre, con la presentazione di Cercando la luce. Attesa anche la presenza dell’editore Elisabetta Sgarbi de La Nave di Teseo. Cercando la luce uscirà in libreria il 27 agosto e quella di Fano è un’anteprima che arricchisce il già nutrito programma di eventi di Passaggi Festival (subito dopo Stone, sul palco centrale ci sarà Corrado Augias).

A Senigallia il 27 agosto, alle 18.30 alla Rotonda, il Maestro incontrerà gli operatori del cinema delle Marche e il mondo della cultura. La presentazione del libro Cercando la luce sarà anche l’occasione per un confronto sullo stato attuale del cinema, sulle trasformazioni dei processi in corso e sui progetti prossimi di Oliver Stone.

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La perfezione dei particolari: l’arte di Giacinto Gaudenzi in mostra a Passaggi Festival https://2020.passaggifestival.it/gaudenzi-passaggi-festival-mostre/ Mon, 10 Aug 2020 10:34:09 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=73875 Artista di rilievo nazionale ed internazionale, è divenuto noto al grande pubblico ed alla critica per aver illustrato la Storia d’Italia a fumetti di Enzo Biagi: una collana di volumi edita da Mondadori alla fine degli anni settanta con l’obiettivo di raccontare la storia del paese utilizzando il fumetto come mezzo di comunicazione.

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Un’illustrazione di “Storia d’Italia a fumetti”, 1978 (Mondadori)

Nella Sezione Arte anche una mostra di fotografia di Alessandro Santi e una di pittura di Veronica Chessa, tutte visitabili dal 26 agosto al 27 settembre.

Sarà la mano di Giacinto Gaudenzi ad illuminare la Sezione Arte promossa da Passaggi, il Festival della Saggistica che si svolge a Fano dal 26 al 30 agosto.

Artista di rilievo nazionale ed internazionale, Gaudenzi è divenuto noto al grande pubblico ed alla critica per aver illustrato la Storia d’Italia a fumetti di Enzo Biagi: una collana di volumi edita da Mondadori alla fine degli anni settanta con l’obiettivo di raccontare la storia del paese utilizzando il fumetto come mezzo di comunicazione. L’opera, alla quale Gaudenzi ha partecipato con altri grandi artisti del disegno, da Milo Manara a Hugo Pratt, entrò nelle case di moltissimi italiani e fu ristampata in diverse edizioni e formati. “Era il 1978 – racconta Gaudenzi – e nel progetto fu inizialmente coinvolto solo un manipolo di quattro o cinque giovani disegnatori tra cui c’ero anch’io. Ricordo che Maurizio Turazzi, l’art director di Mondadori Libri di Verona, mi disse: “Gaudenzi, se riusciamo a fare le classiche 25.000 copie va benissimo”. E invece si fecero subito tre edizioni, un successo che nemmeno la Mondadori aveva previsto”.

A Gaudenzi, Passaggi Festival dedica la mostra “Strip o no?” curata da Paola Gennari: un’ampia selezione di tavole originali di fumetti eseguite tra gli anni ‘70 e gli anni ’90, dalle quali scaturisce la maestria di un “artigiano dell’immagine”, come lui stesso si definisce, che ha fatto scuola a molti illustratori del territorio, poi divenuti a loro volta importanti (Mediateca Montanari dal 26 agosto al 27 settembre – ingresso libero. Orari: dal 1 agosto al 15 settembre – lunedì, martedì e venerdì 15- 20 / mercoledì 9-13; 15-20 / giovedì: 15-23 / sabato: 9-13. Aperture straordinarie: sabato 29 agosto 15-20 / domenica 30 agosto: 15-20. Dal 16 al 27 settembre: martedì, mercoledì e domenica 15-19 / giovedì, venerdì e sabato 10-19 – lunedì chiuso).

Non soltanto illustratore ma anche cartoonist, incisore ed animatore, Gaudenzi nasce a Cattolica nel 1945 e si forma all’Istituto Statale d’Arte di Urbino negli anni ’60. Inizialmente si occupa di cortometraggi e spot pubblicitari a disegno animato per poi avvicinarsi, nel 1975, al mondo del fumetto. Nel 1983 pubblica per l’Eternauta, Storie di un altro Evo sulla rivista “Sgt. Kirk”, nel 1989, per lo Scarabeo, chiude un ciclo molto importante con L’Eterico Mutante. Le opere di Gaudenzi, che vanno dal fantasy al romanzesco, fino all’educational e al mondo scolastico, sono state pubblicate da prestigiose editorie in Italia e nel mondo.

La mano di Giacinto Gaudenzispiega Paola Gennari è attenta, precisa, scrupolosa estremamente creativa e libera nello spazio-tempo, passando da opere a colori a quelle in bianco e nero dal risultato sempre fortemente espressivo e suggestivo. Tutto il suo lavoro è caratterizzato da un’accurata ricerca della perfezione del dettaglio dell’immagine: le forme, le scenografie, i personaggi più che disegnati sembrano dipinti, assumendo aspetti molto vicini alla realtà”.

Il programma di Passaggi Festival prevede altre due rassegne visitabili fino al 27 settembre: “Postille. L’identità dell’arte nelle opere dei Musei Civici di Fano” (Centrale Edicola – piazza Amiani) mostra di fotografia di Alessandro Santi, organizzata da Centrale Fotografia in collaborazione con AF News e “Identità mascherata”, mostra di pittura di Veronica Chessa (Enoteca Terra ingresso libero – orari 10 / 22.30 – chiusa dalle 13 alle 17).

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Passaggi Digitali off line: tante visualizzazioni per i video su libri e cultura https://2020.passaggifestival.it/passaggi-digitali-libri-cultura/ Sat, 08 Aug 2020 08:47:15 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=73815 Il format diretto da Giovanni Belfiori, coordinato da Brigida Gasparelli, con il montaggio video di Luigi Cazzola e la segreteria di Ludovica Zuccarini, ha toccato argomenti diversi tra loro, ma sempre con il libro e le sollecitazioni che derivano da cultura e conoscenza come denominatori comuni, ed è arrivato ad un vasto pubblico.

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Passaggi Digitali

 

Termina la lunga corsa di Passaggi Digitali la rassegna on line di Passaggi Festival che ha scandito con le sue rubriche l’attesa per la manifestazione dedicata alla saggistica in programma a Fano dal 26 al 30 agosto.

Il format diretto da Giovanni Belfiori, coordinato da Brigida Gasparelli, con il montaggio video di Luigi Cazzola e la segreteria di Ludovica Zuccarini, ha toccato argomenti diversi tra loro, ma sempre con il libro e le sollecitazioni che derivano da cultura e conoscenza come denominatori comuni, ed è arrivato ad un vasto pubblico, ottenendo un gran numero di visualizzazioni ed un ottimo riscontro in termini di traffico web.

Sei settimane di programmazione sul sito passaggifestival.it e sui canali social del Festival -YouTube (Passaggi Festival), Facebook (@passaggifestivalfano) e Instagram (@passaggifestival)- per un totale di 24 mini-video che hanno visto protagonisti i libri nella rubrica “Incontro con l’autore”, a cura di Iris Andreoni, dove fra gli scrittori in video c’è stato anche il popolare giallista Marcello Simoni e nella rubrica Bookmusic, condotta da Ivana Stjepanovic, dove al centro c’è stata la musica, scritta e raccontata dagli artisti del MEI, il Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza. Hanno riguardato, invece, argomenti quali la nutrizione, la prevenzione e la cura degli animali, i “Calici di Scienza” serviti dai docenti dell’Università di Camerino. Infine, giornalisti, blogger e professionisti del web, tra cui i giornalisti del Corriere della Sera Helmut Failoni e Alessia Rastelli e la seospecialist Maria Chiara Ciarrapico di Bytek Marketing, hanno portato il proprio contributo video nella sezione “Scrivere per il web”, dove hanno dato consigli non soltanto sul ‘mestiere di scrivere’, ma anche su come muoversi on line per trovare la propria dimensione ed il proprio pubblico.

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Adorno: una vita per le masse https://2020.passaggifestival.it/theodor-adorno/ Thu, 06 Aug 2020 09:12:02 +0000 https://2020.passaggifestival.it/?p=73740 Un musicista che finì per essere anche un intellettuale, tanto da divenire uno dei fondatori della Scuola di Francoforte.

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adorno-theodore

 

Pianista provetto e personaggio poco conosciuto, Theodor L. Wiesengrund nacque a Francoforte sul Meno l’11 settembre del 1903 figlio unico di Oscar Alexander, un commerciante di vini, e di Maria Cavelli-Adorno della Piana, cantante lirica e pianista corsa.

Oltre agli studi sociologici, fu proprio il pianoforte lo strumento che lo accompagnerà per tutta la vita e che lo fece legare in amicizia ad Arnold Schönberg, che Adorno additerà come uno dei più grandi compositori del Novecento.

La Scuola di Francoforte

Nel 1921, a diciott’anni, si iscrive all’Università di Francoforte seguendo i corsi di sociologia, filosofia e musica, ambiti che lo coinvolgeranno per tutta la vita e lo renderanno celebre presso i posteri dopo la morte. Lì conosce filosofi del calibro di Max Horkheimer, Friedrich Pollock e Walter Benjamin con i quali stringe un legame di amicizia e forma la cosiddetta Scuola di Francoforte, un cenacolo sociologico e filosofico in cui i membri erano accomunati dalla critica verso la società presente allontanandosi ideologicamente dal pensiero di Karl Marx, il quale non aveva previsto le evoluzioni socio-economiche come la nascita della grande potenza tedesca, infatti il compito che si propugnavano gli stessi membri consisteva nel fornire una risposta a quanto avvenuto dopo la rivoluzione bolscevica considerata da Adorno e dai suoi colleghi come rivoluzione fallita.

Dopo il quinquennio universitario il suo operato intellettuale non termina, poiché tra il 1928 e il 1932 lo troviamo frequentare i circoli marxisti alternativi di Berlino dove tra i tanti influenti membri conosce il grande letterato e drammaturgo Bertold Brecht, inoltre nel 1931 consegue l’abilitazione all’insegnamento grazie al saggio filosofico Kierkegaard.

Gli anni bui del Nazismo

Tutto questo attivismo intellettuale che caratterizzò la vita dello studioso di Francoforte sarà presto spazzato via dalla venuta del Nazismo, con la salita al potere di Hitler, infatti Adorno assisterà inerme alla chiusura della Scuola di Francoforte.

Sono anni di terrore per il giovane professore, il quale era di origini ebraiche e per scampare alle persecuzioni naziste decise di cambiare il proprio cognome, assumendo quello materno, da Wiesengrund ad Adorno, tuttavia questo non gli fu sufficiente e dovette emigrare a New York nel 1938 dove poté continuare i propri studi e collaborare con l’istituto per la ricerca sociale.

Ritornerà a Francoforte nel 1949 dove muore, a causa di un arresto cardiaco, il 6 agosto 1969 a Visp.

Una dialettica tra compositori

Tra i tanti saggi usciti dal genio di Adorno ricordiamo in particolar modo Filosofia della Musica Moderna, testo complesso in cui ambiti come la sociologia, la filosofia e la musica vanno a stretto contatto, ma per descrivere l’opera al meglio è necessario fare un passo indietro.

Ci troviamo in un Novecento in cui dopo il genio di Richard Wagner si stagliano sulla scena vari compositori di musica classica e leggera, ecco che in questo mare Adorno ci segnala gli unici due veri compositori del secolo, Schönberg e Stravinskij.

La scelta non è casuale e l’ideologia che la giustifica è quella della dialettica di stampo hegeliano, la quale vede porre in netto contrasto i due autori: da una parte troviamo Schönberg e il suo distacco completo con l’intera tradizione musicale precedente avvenuta mediante la tecnica della Dodecafonia; dall’altra parte abbiamo invece un ritorno al passato attraverso l’opera stravijnskiana la quale viene considerata dallo stesso sociologo come neoclassica.

L’analisi di Adorno non si ferma solo all’aspetto musicologico, bensì approfondisce tematiche sociologiche che il filosofo trova espresse nelle opere dei due compositori: in Die Glückliche Hand (La Mano felice) di Schönberg, Adorno denota lo scontro e la sopraffazione da parte dei nuovi modi di produzione tipici del Capitalismo rispetto alla produzione pre-capitalista ormai giunta all’estinzione.

Nelle opere di Stravinskij, invece, emerge l’idea di un Antico che è piuttosto antecedente del passato dionisiaco e di quello germanico proposto l’uno da Nietzsche e l’altro da Wagner: ci troviamo infatti di fronte ad una dimensione tribale in cui l’uomo viene recuperato nella sua selvaggia purezza, non sono esenti sulla scena, quindi, scene di cannibalismo o l’uso di vestiti che si rifanno alle principali culture africane sub-sahariane.

Sulle tracce di Adorno

Per chi abbia voglia approfondire ed esplorare il mondo filosofico-sociologico di Theodor Adorno, consigliamo la lettura delle opere Dialettica negativa, Filosofia della Musica Moderna e Dialettica dell’Illuminismo disponibili presso la casa editrice Einaudi.

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