Lucrezia_Borgia

Il 24 giugno del 1519 moriva a Ferrara Lucrezia Borgia. Nel 2009, la scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie, ha tenuto una TedTalk dal titolo “The danger of a single story” (Il pericolo di una sola storia) che si lega incredibilmente bene alle vicende di una donna vissuta ben cinquecento anni prima.

Per capire come mai un discorso moderno possa risultare adatto alla figura della figlia del papa in pieno Rinascimento italiano, è necessario partire dalla domanda principale: chi era Lucrezia?

Resa celebre da tutti i mezzi di comunicazione di massa di tutte le epoche, al suo nome vengono di solito associati gli scandali di una vita dissoluta e corrotta, ma c’è da chiedersi quanto ci sia di vero in tutto questo. È qui che si svela il collegamento tra il discorso di Ngozi Adichie e l’immagine che abbiamo di questa donna. Tutto sta nel potere delle storie.

Se ci sono persone convinte del fatto che tutti gli africani vivano in dei piccoli villaggi in completa povertà, è perché ci si è abituati ad ascoltare un’unica storia, una sola prospettiva che influenza a tal punto la nostra visione che non riusciamo a vedere altro.

Eppure il semplice fatto di vivere in questo mondo, dovrebbe farci capire quanto sia vasto e complesso lo spettro delle possibilità della vita, come può una singola storia caratterizzare tutte le variabili dell’essere umano?

Il motivo per cui Lucrezia Borgia nell’immaginario collettivo è la messalina incestuosa del vaticano, è principalmente l’averla sentita raccontare come tale per lungo tempo, riducendo la sua vita complessa ad un’unica e semplicistica narrazione che è diventata quella definitiva.

Origine della leggenda nera

Ma è quando si osserva la questione da vicino che vengono alla luce le origini di questi potenziali pettegolezzi. Il primo marito che Lucrezia sposò quando era ancora una bambina, fu Giovanni Sforza, signore di Pesaro, il primo a diffondere le voci secondo le quali la ragazza fosse da considerarsi «figlia, moglie e nuora» del pontefice. Peccato che la suddetta accusa fosse stata lanciata dopo essere stato costretto a firmare un documento che attestava la propria impotenza, ai fini dell’annullamento del matrimonio, atto che potrebbe averlo fatto risentire.

Quello che si sa per certo è che i Borgia, con il loro sangue spagnolo che gli scorreva nelle vene, erano persone senza dubbio passionali che provavano un amore profondo per i membri della propria famiglia. Nell’opera di Maria Bellonci intitolata Lucrezia Borgia, edita da Mondadori, si legge che i contemporanei consideravano papa Alessandro VI come “il più carnale homo” e all’epoca non si faceva un gran mistero delle sue numerose amanti tra cui Vannozza, madre dei suoi figli, e la bella Giulia Farnese, solo per citarne alcune.

Se è dunque noto che i Borgia avessero un carattere, per così dire, “espansivo” ed esistono testimonianze accertate di alcuni loro festeggiamenti sopra le righe, è però altresì risaputo che il metodo più in voga per gettare ombra sul nome di una casata, fosse quello di mettere in cattiva luce le donne della famiglia. In questo caso Lucrezia, che diventerebbe così portatrice di tutte le colpe dei Borgia.

Dopo la sua morte alla corte di Ferrara nel 1519, questa “unica e scandalosa storia” di Lucrezia prese a circolare al punto che, arrivati nel diciottesimo secolo, l’antiquario scozzese Alexander Gordon e Voltaire la continuarono a riproporre nei loro scritti e nel 1833 Victor Hugo la portò agli estremi con la sua tragedia in cui viene dipinta come femme fatale: un’avvelenatrice ed incantatrice malvagia capace di qualsiasi gesto.

Per continuare a compiacere il gusto romantico, Alexandre Dumas in Delitti celebri ne dà la seguente descrizione: “La sorella era degna compagna del fratello. Libertina per fantasia, empia per temperamento, ambiziosa per calcolo, Lucrezia bramava piaceri, adulazioni, onori, gemme, oro, stoffe fruscianti e palazzi sontuosi. Spagnola sotto i suoi capelli biondi, cortigiana sotto la sua aria candida, aveva il viso di una madonna di Raffaello e il cuore di una Messalina“.

Fu soltanto Giuseppe Carponi nel 1866 a dare inizio ad un tentativo di riabilitazione di Lucrezia che sarebbe continuato nel corso del Novecento, pubblicando uno studio intitolato Una vittima della Storia.

Lucrezia Borgia: una donna forte

Sia che la bella dama fosse vittima della storia, dei pettegolezzi o della sua stessa famiglia, vale la pena soffermarsi su alcuni dei suoi aspetti positivi che furono per lungo tempo dimenticati.

Definita dal cavaliere Baiardo “una perla in questo mondo”, sin da piccola veniva descritta nelle fonti come aggraziata ed eloquente, fatti dovuti sicuramente anche alla grande attenzione che il padre ebbe per la sua educazione, che la rese in grado di conversare in varie lingue e di sviluppare una passione per le arti.

Leggendo alcune delle tragiche vicende che segnarono la sua vita, si deduce una grande forza d’animo tipica di una giovane donna, che già all’età di venti anni si apprestava alle terze nozze combinate. Dopo aver patito sofferenze d’amore dovute al suo ruolo di pedina nelle mire politiche del padre e del fratello, Lucrezia mostra la sua resilienza e riprende in mano la propria vita come nuova duchessa di Ferrara.

Non è però soltanto come elegante moglie e madre che va ricordata, in quanto fu anche un’abile amministratrice nella gestione del potere. Divenne governatrice del ducato di Spoleto, così come è noto che il papa le affidò l’amministrazione del Vaticano in sua assenza e le lasciò avere un ruolo attivo nelle trattative per il suo terzo matrimonio, situazione che si ripeté poi anche quando, ormai duchessa di Ferrara, governò il ducato mentre il marito era in guerra e gli diede sempre ottimi consigli.

Con tali comportamenti era come se invocasse libertà in un’ epoca ancora lontana dal concederne qualcuna alle donne. Oltre a ciò si rivelò anche un’attiva mecenate che contribuì ad aumentare lo splendore della corte circondandosi di artisti e celebri poeti come Bembo e Ariosto, che le dedicò poi due luoghi dell’Orlando Furioso:

XIII, 69-71: ‘Lucrezia Borgia, di cui d’ora in ora / la beltà, la virtù, la fama onesta / e la fortuna crescerà, non meno / che giovin pianta in morbido terreno’ e XLII, 83, 1-2: ‘ La prima iscrizion ch’agli
occhi occorre, / con lungo onor Lucrezia Borgia noma’.

Messa alla prova dai numerosi aborti e dalle difficili gravidanze, si mostrò con il passare degli anni, sempre più preoccupata per la salvezza della propria anima. Il sentimento religioso crebbe in lei, al punto che decise di unirsi in maniera laica al terzo ordine francescano, simbolo della sua ricerca di umiltà che la portò a disfarsi dei vestiti sfarzosi e degli oggetti superflui e a fondare il monte di pietà di Ferrara per soccorrere i poveri. Le sue ultime parole, quando la setticemia la portò via a soli trentanove anni, furono “sono di Dio per sempre”.

Perciò, in conclusione, Lucrezia si adatta meglio alla figura di un angelo o a quella di un demone? Forse la risposta migliore è: semplicemente donna e ancor più semplicemente essere umano, dotato delle universali forze e debolezze che lo rendono tale. I secoli e le storie hanno fatto di lei un mito astratto al quale molti si
sono sentiti in diritto di ridare la propria personale e spesso affascinante interpretazione, ma resta da chiedersi quanto ci si sia allontanati da colei che fu in origine.


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