Le Mostre

Mauro Biani Mostre Passaggi Festival Giulio RegeniLe nostre libertà

Mostra del vignettista e illustratore Mauro Biani

Un ricordo, una denuncia e un omaggio a Guido Regeni, assassinato in Egitto nel 2016 ma ancora imprigionato dall’assenza di verità sulla sua morte.

Mediateca Montanari Memo, Piazza Pier Maria Amiani, Fano.
Apertura dal 24 giugno al 28 luglio. Orari nella settimana del Festival: lunedì 15-20; martedì 15-20; mercoledì 9-13, 15-20; giovedì 15-23; venerdì 15-20; sabato 9-13, 15-20; domenica 15-20. Dopo il festival: orari di apertura Memo

Per saperne di più sulla Mostra di Mauro Biani

Mauro Biani, vignettista e illustratore, racconta sulle pagine del Manifesto e dell’Espresso le pieghe più complesse e profonde del nostro presente. Immigrazione, diritti, disuguaglianze, memoria e sentimenti lucidi, taglienti, che posano sui fatti di cronaca e che restituiscono un senso e una lettura in chiaroscuro della parola che abbiamo messo al centro di questa importante edizione del decennale, Libertà. La selezione delle vignette in mostra si apre con un omaggio a una persona alla cui memoria vogliamo dedicare questa edizione, Giulio Regeni, assassinato in Egitto nel 2016 ma ancora imprigionato dall’assenza di verità sulla sua morte. Un’assenza di verità che è, in tutti i sensi, assenza di Libertà.
Rosa Polacco

Biografia

Illustratore, vignettista, le sue strip hanno una caratterizzazione di satira sociale e politica, affrontando tematiche collegate alla legalità, al pacifismo, ai diritti umani. I suoi bersagli preferiti sono la Chiesa (cattolica e non solo), i politici italiani e stranieri, lo Stato e le sue leggi, il mercato e i suoi limiti.
Nell’ottobre 2008 una sua vignetta pubblicata su “Emme”, allegato satirico dell’l’Unità che prende di mira il ministro Brunetta, e esponenti del governo, solleva questioni di censura riguardo ai suoi lavori.
Dopo la chiusura di Emme e di Paparazzin (inserto satirico di Liberazione), insieme con Carlo Gubitosa fonda Mamma!, rivista di satira indipendente che raccoglie alcuni famosi autori di satira, tra cui Ellekappa e Bucchi.
A gennaio 2009, in occasione del decennale della morte di Fabrizio De André, col critico Nicola Cirillo presenta “Come una specie di sorriso”, una mostra di vignette ispirate alle sue canzoni. La mostra, inaugurata a Roma, presso una libreria Feltrinelli, prosegue in altre città italiane anche negli anni successivi.
Nel 2012 dal 31 marzo fino al 24 giugno, presso il Museo della Satira e della Caricatura di Forte dei Marmi, viene tenuta una sua esposizione antologica: più di 200 vignette e 7 sculture.
Da fine 2012 è il vignettista de il manifesto. Dal 2017 disegna la rubrica “Taglio alto” su L’Espresso.

Spartak Mostre Passaggi Festival Giorgio BianchiSpartak, tra i sopravvissuti della città fantasma

Mostra fotografica del fotoreporter Giorgio Bianchi.

La storia di un villaggio a tre km da Donetsk, spopolato dalla Guerra Civile Ucraina, e dei 45 abitanti che hanno deciso di rimanere, nonostante i rischi e le difficoltà.

Galleria del Monte, Piazza Sansovino, Fano
Aperta dal 24 giugno al 28 luglio, Orari: da martedì a domenica, dalle 17.30 alle 19.30. Chiuso lunedì.

Per saperne di più sulla Mostra di Giorgio Bianchi

Decine di migliaia tra morti e feriti, oltre un milione di profughi. La guerra civile del Donbass ha letteralmente cancellato dalla carta geografica intere città e villaggi, insanguinando, per la prima volta nel Ventunesimo secolo, il suolo del continente europeo.
Uno strano destino per due popoli – quello russo e quello ucraino – che fino al 1991 facevano parte della stessa nazione, l’URSS.
Per 13 anni, in seguito alla dissoluzione dell’impero sovietico, la politica ucraina è stata caratterizzata dallo scontro tra due grandi tendenze politiche: quella filo-russa e quella filo-occidentale.

Spartak è un villaggio che si trova tre chilometri a nord di Donetsk; prima dello scoppio del conflitto vi abitavano circa 5.000 abitanti, oggi soltanto 45, di cui due sono bambine (Marianna e la sua amica Vika).
Dall’inizio della guerra a causa dei combattimenti a Spartak sono morte circa 210 persone, mentre non esiste una cifra esatta del numero dei feriti. Quasi tutti residenti sono fuggiti chi in Ucraina, chi a Donetsk, chi in Russia. Molti altri sono stati riallocati nei dormitori gestiti dal governo.

Oggi Spartak sembra un luogo sopravvissuto a un olocausto nucleare nel quale si muovono come ombre i superstiti.
Tra le macerie delle villette disposte a schiera lungo i viali si aggirano branchi di cani randagi mentre il silenzio spettrale è rotto soltanto dal rumore delle lamiere agitate dal vento e dai suoni della guerra che qui come in pochissimi altri posti è presente con tutto il suo carico di orrore.
Distando le postazioni dell’esercito del governo di Kiev poche centinaia di metri dagli ultimi caseggiati del villaggio, tutta la zona è stata minata e risulta punteggiata di piccoli presidi militari allocati presso abitazioni in disuso o in trincee e bunker scavati a mano; in questo modo militari e civili si trovano a condividere quotidianamente le medesime privazioni e gli stessi pericoli. 

I quarantacinque residenti del villaggio trascorrono le loro giornate vivendo senza alcuna utenza domestica: né luce, né acqua corrente, né gas.
Durante la giornata svolgono lavori socialmente utili per la loro comunità o si dedicano alla riparazione delle loro abitazioni mentre al calar della sera, quando i combattimenti si fanno più intensi, si rifugiano nel sottosuolo presso improvvisati rifugi ricavati nelle cantine degli edifici più grandi.
All’interno di questi rifugi di fortuna ogni occupante ha stipato le cose più care oltre tutto il necessario per far fronte ai rigori dell’inverno o a giorni di maggiore intensità dei bombardamenti.
Ogni abitante riceve dalla municipalità della vicina città di Yasinovataya una paga mensile che si aggira attorno ai 3000 rubli per il lavoro svolto a vantaggio della collettività.

Le case e i rifugi vengono riscaldati con stufe a legna costruite artigianalmente, la luce è prodotte da lampade a led alimentate da batterie di automobili, l’acqua viene portata da un’autobotte il martedì e il venerdì e il pane viene distribuito il martedì.
Ogni due mesi la IRC fornisce aiuti umanitari consistenti in un kg di zucchero, 1kg di riso, 3kg di maccheroni, 2kg di grano saraceno, 2 litri olio di girasole, 5kg di farina, lievito, 4 latte di pesce sott’olio, 2 latte di carne in scatola, dentifricio, spazzolini da denti, rasoi, shampoo, sapone, a persona.

Con l’arrivo della primavera ogni abitante di Spartak si dedica alla cura del proprio orto, ulteriore fonte di sussistenza assieme ad alcuni animali da cortile allevati all’interno di spazi comuni.
Giorgio Bianchi

Biografia

Giorgio Bianchi è un fotoreporter, documentarista e filmmaker italiano nato nel 1973.
Ha realizzato reportage in Europa, Siria, Ucraina, Burkina Faso, Vietnam, Myanmar, Nepal, India.
Nella sua fotografia Giorgio ha sempre posto particolare attenzione alle tematiche di carattere politico e antropologico, alternando i progetti personali a lungo termine ai lavori su commissione.

Dal 2013 ha compiuto diversi viaggi in Ucraina per documentarne attraverso immagini e video la crisi, a partire dagli scontri di Euromaidan fino all’odierno conflitto nel Donbass.
Con il materiale raccolto negli anni sulla guerra in Ucraina sta realizzando un docu-film dal titolo “Apocalypse Donbass”, che è stato selezionato tra i progetti finalisti nell’edizione 2017 dei DIG Awards pitch session.
Dal 2016 ha iniziato ad occuparsi del conflitto siriano.

Il lavoro di Giorgio ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali e viene pubblicato regolarmente su riviste e giornali sia cartacei che online. Le sue immagini sono state esposte sia in Italia che all’estero. Giorgio Bianchi è attualmente rappresentato da Witness Image.

Principali mostre: Festival of Ethical Photography 2017 (Lodi), Strand Gallery (London), Royal Geographical Society (London), MIBAC (Rome), A.F.I. Archivio Fotografico Italiano Palazzo Cicogna (Varese), La Fabbrica del Vapore (Milan), C40 Mayors Summit (Mexico City), Beijing Photo 2017.

Principali pubblicazioni: Guardian Magazine, National Geographic, Internazionale Magazine, La Stampa, Il Giornale, Il Venerdì, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Il Manifesto, Sette Magazine Corriere della Sera, Gente di Fotografia Magazine, Fotografia Reflex Magazine e molte altre gallerie on line.

Ha ricevuto i seguenti premi: Best New Talent nel 2014 al PX3 competition, overall winner at the 2014 Terry O’ Neill Award, Discovery of the year at the 2014 Monochrome Award, vincitore nel 2015 al Lugano Photo Days finalista nel 2014, 2015, 2016 al Manuel Rivera-Ortiz Foundation for Documentary Photography & Film, Grant e vincitore al Umbria World Fest 016, selezionato per il 2015 Prix Pictet, Top Finalist al 2016 Visura Photojournalism Grant, Finalista al LensCulture Exposure awards/17, Finalista ai DIG Awards 2017 (Pitch session) con il docufilm Apocalypse Donbass, vincitore dell’edizione 2017 del World Report Award, finalista al POYi 75th, 1st place winner at the 2018 Moscow International Foto Awards.

https://2020.passaggifestival.it/wp-content/uploads/2019/06/Giordano-Perelli-Mostre-Passaggi-Festival.jpgLa parola e l’immagine

Mostra d’incisione dell’artista fanese Giordano Perelli.

In esposizione opere varie, incisioni, dipinti, libri-oggetto, pubblicazioni che vanno dagli anni ’70 ad oggi.

Palazzo Bracci, Spazio Pagani, Corso Matteotti, Fano
Apertura dal 24 giugno al 21 luglio. Orario: da martedì a domenica, dalle 17.30 alle 19.30.

Per saperne di più sulla Mostra di Giordano Perelli

L’arte di Giordano Perelli si divide fra incisioni, libri, pittura, dove il soggetto dominante è la figura femminile.
Le sue opere raccolgono il tempo, la storia e la memoria di immagini e poesie, compongono un ritmo antropologico dell’arte, dove ogni lavoro viene inteso come montaggio di tempi differenti. I libri d’artista, i libri-oggetto, le eleganti plaquettes sono contenitori di storia, di memoria che l’artista elabora e crea inserendo parole poetanti con incisioni aventi spesso immagini di volti e corpi femminili. La produzione grafico-incisoria è basata su una composizione precisa e dettagliata di immagini a volte ripetute alla maniera Pop e valorizzate da inserimenti grafici-coloristici, rendendo l’opera ritmica e armonica.
L’immagine femminile viene usata ed interpretata per i suoi significati simbolici ed archetipi: bellezza, dolcezza, forza, impegno, dolore, rabbia, sono alcuni dei valori e sentimenti che affascinano l’artista.
Il volto di donne, spesso rappresentato nei libri-oggetto, sembra voler sottolineare, non solo sguardi fieri, dolci ma determinati, ma, anche l’importanza del libro, della sua scrittura, quindi della parola e di conseguenza del suo suono. I volti di Perelli sembrano voler leggere i suoi libri-oggetto con la voce del silenzio, la voce della forma. Ogni parola è generata da uno specifico pensiero, e istantaneamente genera l’immagine di ciò che è stato immaginato. L’astrazione che ne deriva è di grande espressività emozionale. Perelli realizza ed elabora composizioni con una o più figure associando una acuta sensibilità alla profonda assimilazione della storia dell’arte e della cultura.
La vita di tutti i giorni ispira l’artista alla ricerca di un nuovo concetto formale: riviste, giornali, manifesti murali, immagini di pubblicità, vengono rielaborati e trasformati in linguaggi dalla trasfigurazione poetica. Ogni calcografia rappresenta una ricerca dettagliata della realtà quotidiana dall’atmosfera incantata e sospesa.
L’incisione non è un semplice segno ma, potremmo definirla con le parole di Jung, “l’immagine di un contenuto che per la massima parte trascende la coscienza”.
Paola Gennari

Cristina Pergolini Mostre Passaggi Festival GioeleGioele

Mostra fotografica di Cristina Pergolini.

Artista emergente, descrive attraverso la fotografia la demolizione, avvenuta a Fano, di un vecchio peschereccio, il cui nome dà il titolo alla mostra.

Palazzo De Pili (Casarredo), Via Ugolini de Pili, Fano.
Apertura dal 24 giugno al 28 luglio. Lunedì pomeriggio: dalle 16.00 alle 19.30; da martedì a sabato:
dalle 9.00 alle 12.45 e dalle 16.00 alle 19.30. Chiuso domenica e lunedì mattina

Per saperne di più sulla Mostra di Cristina Pergolini

Ci sono voluti meno di quindici giorni per rottamare un vecchio peschereccio di una ventina di metri. Insieme alla barca sono state eliminate tutte le memorie, di persone, di famiglie che hanno lavorato e vissuto all’interno dell’imbarcazione, storie di vita, storie di mare, che oggi rimangono nell’immaginario collettivo di coloro che hanno avuto il pregio di abitare e dimorare una realtà così fuori dal tempo e dallo spazio.
Il progetto di documentare le varie fasi di demolizione è stato affidato ad una giovane e talentuosa artista emergente: Cristina Pergolini.
Le fotografie sono state scattate con modalità e tempi diversi, il bianco e nero è stato utilizzato maggiormente rispetto al colore, essendo generalmente una tecnica più misteriosa, le immagini sono più silenziose e imperscrutabili. Il bianco e nero è un’espressione più pura, più astratta, dove la forma diventa anche simbolica e, quindi, evocativa proprio per la sua caratteristica di sottolineare le forme modellate da luci, i volumi plasmati dalle ombre profonde che ne risaltano il dettaglio.
La Pergolini, inoltre, non ha utilizzato nessuna post-produzione, la pellicola è rimasta intatta al momento dello scatto, la sua è una composizione visiva originale.
Vi sono immagini che raccontano l’interno della barca, la vediamo sventrata, come violata e spogliata nell’intimo, con dettagli significanti e caratteristici, come una catena, un rubinetto aperto, una porta, un ingranaggio, un lavandino, tutti elementi rappresentati spesso soli, isolati o gettati a terra, sembrano alludere ad alcune parti dell’anima di un corpo umano. Anche l’immagine della prua riversa sulla darsena, risulta poetica e allo stesso tempo inquietante, si riferisce alla morte, alla fine ultima del peschereccio, non più eretto ed elevato come un giovane, ma chino e riverso come un vecchio che è ormai giunto al suo termine.
La Pergolini ha usato tutto il suo vissuto, tutta la sua sensibilità nel cogliere certi dettagli, certe sfumature e composizioni. Ha saputo dare ad una fredda architettura industriale tutta una serie di vocazioni, allusioni, emozioni e stati d’animo che difficilmente per molti fotografi è permesso cogliere e raccontare. Vi sono immagini solo di lamiere contorte, tagliate e attorcigliate che si stagliano in un cielo incolore che sembrano delle opere concettuali, dall’animo spettrale e nudo, dove non è più riconoscibile l’oggetto, la forma, ma tutto diviene astratto e surreale.
La barca è una metafora della vita e come dice F. Pessoa “In questo mondo, viviamo tutti a bordo di una nave salpata da un porto che non conosciamo, diretta a un porto che ignoriamo”. Ma, potremmo aggiungere con Herman Melville (Moby Dick): “ma dove mai conduce tutta questa circumnavigazione? Attraverso pericoli innumerevoli, solamente allo stesso punto dal quale siamo partiti, dove coloro che ci siamo lasciati dietro, al sicuro, sono sempre stati davanti a noi”.
Paola Gennari

Antonello Iannacci Mostre Passaggi FestiViale Europa

Collettiva dell’associazione Centrale Fotografia

Dieci fotografi, diretti da Marcello Sparaventi, hanno analizzato questo viale di Fano, sia nella sua storia che nei suoi contenuti, andando alla
scoperta di chi ci abita. in collaborazione con il geografo Massimo Bini

Teatro della Fortuna, Foyer, Piazza XX Settembre, Fano
Apertura dal 24 al 30 giugno, orari dalle 17.00 alle 24.00

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L’associazione culturale “Centrale Fotografia” con la collaborazione del geografo letterario Massimo Bini, in occasione del tema C’era una volta in Europa dedicato alla settima edizione di Passaggi Festival, ha deciso di realizzare un racconto fotografico dedicato ad un frammento anonimo della città di Fano: Viale Europa. Il titolo della mostra che raccoglierà le immagini di dieci fotografi, è viale europa, una strada di centosettantacinque metri, molto vicina al centro urbano della città, intitolata con questo nome da una delibera comunale del 29 gennaio 1957, proprio lo stesso anno in cui a Roma si sono svolti gli storici trattati che hanno istituito la Comunità Economica Europea, e che rappresentano ancora oggi il momento costitutivo di questa insostituibile Comunità. Il breve viale, ombroso e discreto, affluente verde e silenzioso tra Via Fanella e Viale Italia, è luogo di appuntamenti segreti tra localismo e cosmopolitismo, tra micro e macro, in cui un tempo si sono incontrate come in una foce naturale e in pochi metri di strada, case popolari dalla facciata stinta di fondi ministeriali e un’edilizia residenziale sommessa ed appartata, con la grazia tipica di una periferia appena nata. Le vite degli europei che vivono da oltre sessant’anni nello spazio alberato di Viale Europa, sono l’obiettivo principale che hanno ispirato la narrazione fotografica di questa striscia grigia breve e continentale, in rapida trasformazione, dove tra le avventure sospese delle gru in volo, nuove architetture sostituiscono le trame semplici delle vecchie case. I primi abitanti della via che hanno lasciato il passo davanti ai cantieri aperti ai nuovi europei , vivono oggi in noi e sono ancora visibili nelle radici tenaci dei loro platani che sollevano l’asfalto e la riga bigia ma ancora dritta di mezzeria. E ci ricordano per sempre la forza piena e libera dell’Europa.

Testi di Massimo Bini.
Fotografie di: Francesco Bocchino, Vito Buccellato, Stefania Cimarelli, Tim Cooper, Cristina Fori, Antonello Iannacci, Fabio Piergiovanni, Antonella Speziale.
www.centralefotografia.com

Guido Bianconi Mostre Passaggi FI libri del terremoto

Esposizione dei libri salvati dal sisma emiliano del 2012.

Rivissuti e recuperati da Guido Bianconi, ex libraio, che li ha trasformati in opere d’arte su tela, dipingendoli con acrilici, gesso, cemento e tessuti.

Teatro della Fortuna, Foyer, Piazza XX Settembre, Fano
Apertura dal 24 al 30 giugno, orari dalle 17.00 alle 24.00

Per saperne di più sulla Mostra di Guido Bianconi

Ma tu poi riponendo una qualche speranza nei libri, li srotoli di continuo e li incolli e li rifili e li ungi di croco e di cedro, li riponi in sacchetti di pelle e vi poni i pommelli, come se da questi dovessi trarre un qualche vantaggio?
Luciano, Contro un ignorante che compra molti libri,16

La citazione riguarda il nostro autore in modo del tutto particolare rispetto a quanto il testo lucianeo propone. Quelle cure, infatti, che come bibliofilo/ bibliomane Guido Bianconi ha riservato sempre ai libri le riserva loro ora con la modalità “da artista”.
Il sisma del 2012 in Emilia-Romagna stravolge gli equilibri di un neo pensionato che per una vita ha lavorato presso una storica, famosa libreria bolognese. La casa, in piena zona rossa, impossibile da abitare e la quotidianità stravolta per mesi e mesi.
La ricostruzione comporta lacerazioni ancora più forti. Bisogna liberarsi da quanto è andato irreparabilmente danneggiato. Tutto. Anche i libri. È allora che qualcosa muove la depressione opprimente. Un vero bibliofilo non può abbandonare i suoi libri. Mai.
Occorre trovare un altro modo per salvarli, per rimetterli in circolo. Non come prima eppure ancora pronti a entrare in un altro mondo di relazioni, interazioni, seduzioni. Il libraio ben temperato inventa un diverso ambito espressivo.
Non si tratta di elaborare delle nuove ipotesi sulla esistenza del libro nella sua forma cartacea o digitale. E se possa trovarsi una intersezione tra il reale e il virtuale, tenuto conto che la lettura resta comunque il punto di incontro di entrambi. Il nostro artista sposta tutto sul tangibile-visivo.
Nascono allora questi quadri-scultura che giocano sul supporto materiale del libro. Bianconi conosce le vicende dell’arte contemporanea molto bene. Saperi teorici pregressi aiutano la sua mano a disporre le forme, i colori, le prospettive.
Il procedere diventa subito spedito come se aspettasse il momento di andare. Troppo era stata lunga l’attesa. Tanta è la forza di quella creazione che il dolore si oggettivizza, si smorza. Finisce. In quel momento diventa altro da sé. Rivela che cosa veramente sia stato.
Guido “carnevalizza” il dolore della perdita e celebra una rinascita. A ottanta anni può pensare al futuro perché ci sono ancora tante cose da fare. E il tempo non basta mai a seguire le idee che non stanno più ferme e chiedono visibilità e accoglienza presso il pubblico.
È la fisicità del libro, che il bibliofilo tanto ben conosce, con le sue edizioni, i formati, le carte speciali, le veline, le copie uniche, i caratteri speciali, le tele o le pelli delle rilegature, a fornire una grande enciclopedia da cui attingere itinerari sempre nuovi ed originali.
Con la stessa passione ossessiva dei ladri di libri, il nostro artista diventa ladro di libri destinati alla distruzione. Non è la piccola follia di chi vuole avere sempre più libri nella sua biblioteca ma la passione smodata di chi vuole salvarne il maggior numero possibile.
Nei libri Guido vede tutta la sua e la nostra storia. Dalle tavolette d’argilla ai rotoli di papiro, dai manoscritti alla stampa in quei supporti materiali sono raccolte le vicende degli uomini. Dare una nuova vita a questi libri è un segno culturale, una ragione intellettuale, la realizzazione di un sogno.

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