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“Non mi considero una scrittrice, la parola scritta mi fa paura”.
Con queste parole Lella Costa si presenta al pubblico per la Rassegna Grandi Autori di giovedì 27 giugno.
L’autrice e ora scrittrice porta il suo libro “Ciò che possiamo fare. La libertà di Edith Stein e lo spirito dell’Europa”, conversando con la giornalista Jessica Chia.
Edith e la passione per lo studio
Lella Costa afferma di non essersi avvicinata spontaneamente al personaggio di Edith Stein, la proposta è venuta dalla casa editrice e l’ha senza dubbio colta di sorpresa. Credeva di non essere capace di affrontare un compito così importante come quello di raccontare la figura di Edith Stein.
Quello di Edith è un personaggio appassionante, ebrea di nascita e poi convertita al cattolicesimo, spende una vita quasi esclusivamente dedita allo studio.
Donna di grande ingegno e assai brillante, si avvicina alla filosofia e in particolare alla fenomenologia.
Spesso si ritrova a frequentare corsi di soli uomini e questo lascia un’impronta pesante in lei, fu molto sola e forse anche quest’aspetto la spinse ad uno studio quasi ossessivo.
L’università che l’aveva formata poi rifiuta di concederle l’abilitazione per l’insegnamento accademico e Lella Costa ci dice che così facendo il mondo è stato privato di un talento, non è un atto che ha avuto ripercussioni sulla sola figura della donna, così come accade per tutte le azioni volte a penalizzare le figure femminili.
Un martirio insensato
Lella Costa definisce Edith come un “luminoso enigma”, ci fa scoprire nuovi orizzonti ma allo stesso tempo è una donna molto riservata e timida, enigmatica nel vero senso della parola.
Il racconto della sua conversione è particolarmente toccante e rimane particolarmente impresso. La sua è una conversione sincera dettata dal suo animo cattolico in tutto e per tutto, conversione che comunque non le impedisce di finire ad Auschwitz.
La sua morte è un paradosso, un martirio indotto dalle sue origini ebree.
Anche in un momento cruciale come quello della deportazione ad Auschwitz, Edith non viene meno alle sue responsabilità e alla sorella dice di seguirla, di “andare per il loro popolo”.
Ad astra per aspera: le difficoltà del viaggio
Per l’autrice un evento tragico ed insensato come quello dell’Olocausto ha unito nel dolore l’Europa, Europa che di fatto si ritrova a nascere dopo questa guerra mondiale. Il costo umano però è stato altissimo ed è difficile metabolizzare una tale insensatezza.
È il momento di capire cosa veramente è per noi l’Europa e quante cose ci avrebbe aiutato a decifrare Edith Stein!
Se c’è una cosa in cui Lella Costa crede, quelli sono i giovani.
I giovani hanno la capacità di scegliersi dei mentori in cui identificarsi e descrivendo il personaggio di Edith Stein l’autrice ha cercato di fornire un modello senza forzature. I giovani sono quelli che porteranno avanti tutto il buono che esiste ora ed esisterà poi.
La difficoltà più grande che Lella Costa ha dovuto superare è stata quella della sterminata produzione di Edith perché come dice la stessa autrice:” Non basta una vita per mettersi nei panni di Edith!”.
Scrivere poi è stata per lei una grande prova, le parole scritte restano lì immobili e impresse nella carta mentre nel suo teatro la parola è molto “danzante”, ciascun evento reale come un concerto è un unicum, un fatto che non si ripeterà mai più perfettamente uguale.
Le parole scritte invece sgorgano a fiotti confusi e poi rimangono lì a fissarti dal foglio, pretendono che tu dia loro un senso preciso, non consentono interpretazioni ambigue.
Ma come Edith Stein fino alla fine si è sempre assunta le proprie responsabilità, così Lella Costa ha dato vita alla biografia appassionata di una grande donna europea, riempiendo fogli e fogli delle stesse parole che tanto la spaventavano.