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Durante la rassegna Grandi Autori andata in scena il 28 Agosto in Piazza XX Settembre, la politologa e docente di Scienze politiche alla Columbia University di New York, Nadia Urbinati, autrice del saggio Io, il popolo (Il Mulino), ha conversato con la giornalista Alessandra Longo, affrontando temi quali il populismo, la crisi dei partiti moderni, i possibili risvolti e soluzioni da mettere in atto.
Il parassita della democrazia
Nel suo libro pubblicato per la prima volta nel 2019, Nadia Urbinati si discosta dai due approcci maggiormente adottati dall’opinione pubblica riguardo il tema del populismo, ossia quello della banalizzazione e della criminalizzazione, realizzando un’analisi sistematica del fenomeno. La docente infatti associa al populismo la metafora dell’edera che ricopre completamente l’albero, vivendo della sua stessa linfa fino a farlo morire. La morte dell’albero, tuttavia, porta anche alla morte dell’edera stessa, nel caso non trovasse un nuovo organismo da sfruttare. Il populismo non è un nuovo regime, bensì una forma di essere della democrazia. Esso nasce all’interno del sistema democratico, vivendo degli stessi suoi sistemi, come le elezioni e la propaganda, modificandolo però in maniera estrema ed aggressiva, così da creare di fatto un nuovo tipo di democrazia.
Il leader e il popolo
Secondo Nadia Urbinati il populismo costituisce un campanello d’allarme che ci suggerisce che qualcosa all’interno della nostra politica non funziona. Esso trasforma la maggioranza, esaltando al massimo la vittoria e presentandola come l’unica e vera, legittimata dal popolo che riconosce nella figura di un leader, l’unico suo rappresentante. Sebbene sia scritto nella costituzione, tuttavia, il popolo democratico non esiste, è solo un termine giuridico che permette di acquisire legittimità democratica. Il leader populista sfrutta proprio questo carattere legittimante del popolo, presentandosi come parte del popolo, per convincerlo di aver bisogno di un “campione” che lo rappresenti.
La lotta all’establishment
L’autrice spiega che a differenza del fascismo, il quale per paura tolse la libertà elettorale, il populismo vuole ed esalta il rischio, ha bisogno di trovare sempre un nemico. I leader populisti vivono in una perenne campagna elettorale, presentandosi come membri del popolo in lotta contro l’establishment, la casta. Il problema nasce quando esso diventa maggioranza. In quel caso il populismo ha due scelte, diventare come tutti gli altri che ha sempre criticato, oppure sfociare sempre di più in una forma autoritaria e decisionista, che limita la libertà.
Un tempo, la comunicazione politica avveniva attraverso la mediazione del partito, oggi invece subiamo ogni giorno una overdose di informazioni non mediate, in cui i leader populisti hanno un rapporto diretto con i social, con l’audience. L’immagine oggi conta più del dialogo e del discorso, perciò il populismo pensa di fare tutto da solo, togliendo lo spazio ai media. Se prima contava la promessa elettorale, oggi questa ha un ruolo marginale rispetto all’estetica, alla capacità di intrattenere il pubblico. Nessuno, oggigiorno, chiede più di rendere conto di una qualche promessa, poiché continuamente riceviamo un marasma di messaggi, parole e pubblicità, in maniera estremamente rapida. Il populismo, secondo Nadia Urbinati, non è altro che il riconoscimento di una democrazia duale: tutto ciò che sta dentro le istituzioni, che ormai non interessa a nessuno e ciò che sta fuori, nella sfera dei social e dei media e che si trasforma in audience.
Il ruolo dei partiti
La professoressa, all’interno del libro, offre anche una soluzione al populismo, che non può prescindere dalla ricostruzione dei partiti politici poiché “una democrazia senza partiti è una porta aperta alla fine della democrazia”. Una delle principali soluzioni sarebbe quella di poter mettere mano ad una norma sui partiti politici, per evitare che essi nascano e muoiano all’interno del parlamento senza che noi possiamo avere voce in capitolo. Il ritorno al finanziamento pubblico risulterebbe proprio per questo una decisione fondamentale e necessaria, poiché renderebbe i partiti molto più trasparenti. I partiti politici, infine, devono tornare ad avere una determinata progettualità politica e non solo discorsiva, poiché così facilitano solo l’ascesa del populismo, che si nutre di disagi e difficoltà.
La bellezza della democrazia
Il populismo mira ad umiliare l’opposizione, imporre un’idea precisa di popolo, indebolire il parlamento e aumentare il potere dell’esecutivo, in Europa e in Occidente in generale ci sono oggi soluzioni “borderline”, eppure rimaniamo all’interno della democrazia. Essa non porta sempre a risultati positivi, ma la sua bellezza è racchiusa proprio nella libertà di poter cambiare, di poter contraddirsi, di essere liberi di scegliere.