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Passaggi nasce come un festival di saggistica ed, effettivamente, protagonista dell’evento è proprio la saggistica. Da diversi anni a questa parte, però, Passaggi Festival ha aperto uno spazio anche per la poesia ( e da quest’anno ance alla narrativa). Uno spazio fisico che sembra il luogo perfetto per una lettura intima e profonda dei versi proposti: la Chiesa di San Francesco , con il suo soffitto costituito essenzialmente da uno spicchio cielo, si sposa perfettamente con la rassegna Passaggi diVersi.
La prima serata di Passaggi diVersi: raccontare la neve
Nella serata di giovedì 27 giugno è stata inaugurata la rassegna Passaggi diVersi. Sul palco si sono alternati nella lettura tre artisti: Franca Mancinelli ed Alessandro Anil che hanno presentato “Come tradurre la neve. Tre sentieri nei Balcani” (Anima Mundi Edizioni), frutto di un viaggio organizzato nell’ambito del progetto REFEST attraverso Croazia, Serbia e Bosnia, e Flavia Novelli, autrice di “Universi femminili” (H.E. Herald editore). Gli autori hanno conversato con Fabrizio Lombardo (Versodove).
Filo conduttore dell’incontro è stato il tema dell’immigrazione e del superamento dei confini. “I confini, soprattutto tra Croazia e Serbia,” – ci dicono Mancinelli ed Anil– “sono luoghi difficili che ci hanno mostrato la dura realtà del respingimento illegale.” Flavia Novelli, invece, ci racconta un altro aspetto dell’immigrazione per motivi di guerra, quello delle donne migranti. Il libro, frutto di una serie di incontri a Fano ed a Bologna, è scritto in prima persona ma come se a scrivere fossero le donne che Flavia Novelli ha incontrato. L’autrice, per questo motivo, usa una forma esile ed un linguaggio semplice.
Durante tutto l’incontro è stato ribadito come nella poesia si nasconda una forma di descrizione del reale particolarmente efficace: la poesia è, infatti, uno degli strumenti più contemporanei per affrontare il presente. Pertanto la poesia sembra essere il linguaggio più sensato per parlare di un tema drammatico come l’immigrazione.
La seconda serata di Passaggi diVersi: quattro poeti, quattro libri
Il secondo appuntamento della rassegna Passaggi diVersi si è tenuto venerdì 28 giugno nella Chiesa di San Francesco. Qui Fabrizio Lombardo, Vincenzo Bagnoli e Vito Bonito, membri della rivista Versodove hanno presentato i loro libri di poesie. A questi si è aggiunto il genius loci Marco Ferri, poeta fanese ed ex direttore della Biblioteca Federiciana. A guidare la conversazione è stato il critico letterario Stefano Semeraro, che ha spiegato come i quattro libri abbiano un filo conduttore nel tema del paesaggio.
Marco Ferri ha presentato il suo libro “Uscita secondaria” che vuole essere un piccolo testamento poetico, un’uscita di scena silenziosa da un mondo in cui si era addentrato in punta di piedi. La prima sezione, scritta nel 2008, si rifà alla cultura e all’idea di socialità in anni di guerre e scene cruente trasmesse dalla televisione.
Fabrizio Lombardo, autore di “Coordinate per la crudeltà”, ha continuato la sua ricerca cartografica dopo venti anni da “Carte del cielo” e dieci anni da “Confini provvisori”. Il suo ultimo libro vuole essere un punto di arrivo. È una raccolta di crudeltà nei gesti più abituali, nei luoghi che si attraversano che suscita uno straniamento .
Vincenzo Bagnoli ha pubblicato “Soundscapes, 33 giri extended play” in cui si rieccheggia la parola landscapes, ovvero paesaggio. In questo libro sono raccolti i paesaggi sonori in cui tutti siamo immersi, gli orizzonti di suono e le colonne sonore delle nostre giornate. Il suono crea infatti dei territori che abitiamo. All’interno del lirbo ci sono delle poesie come “A Silvia” mischiata con “Kayleigh” dei Marillon.
La pubblicazione più atipica e lontana dal paesaggio è quella di Vito Bonito, che con “Fabula rasa” ha interpretato il “dramma” di diventare padre. La paternità segna la morte e fa tabula rasa di ogni paesaggio esistenziale. Il libro è un dialogo tra una bambina che ancora deve nascere e un padre già morto ma che la bambina può vedere e può criticare, mettendone in luce tutti gli aspetti negativi. Con grande giocosità e questo espediente innovativo, è riuscito a dirsi il peggio di se stesso.
la terza serata di Passaggi diVersi: Milo De Angelis e la poesia a cielo aperto
Nella notte di sabato 29 giugno, il poeta Milo De Angelis ha tenuto un incontro di lettura e pensiero sui suoi libri “Tutte le poesie” (Mondadori) e “Poesia e destino” (Crocetti). L’autore ha conversato con Roberto Galaverni (La Lettura – Corriere della Sera). Per introdurre l’artista, il giornalista Stefano Semeraro ha presentato il lavoro di De Angelis come fautore della controtendenza nella poesia, e ha poi avanzato la proposta di cominciare l’incontro con la lettura di alcuni scritti del poeta che riguardavano proprio la sua produzione ed il senso dello scrivere. Durante la lettura sono stati toccati i caratteri della poesia, descritta come “imprendibile creatura selvatica”, una forza che non trova risposta, racchiusa nella fragile punta di una matita. “Al foglio vulnerabile affidiamo la nostra verità”- legge Milo De Angelis. È stato il turno, poi, dell’intervento di Roberto Galaverni: “Milo è un autore che, con fare sapiente, chiede molto al suo lettore e ascoltatore. Il suo linguaggio lo rispecchia quando parla di assoluto, istante, permanenza…La sua poesia scommette sulla potenza e sul fascino della parola, l’impatto che la sua voce ha sul pubblico è dato dalla minuziosa ricerca, condotta con cura, delle giuste espressioni, della giusta parola”. Non a caso, quando parliamo di Milo De Angelis, parliamo di uno dei poeti più amati dagli italiani, certamente qualcuno che ha fatto scuola. Forse perché il modo di comporre di De Angelis è privo di schemi, eppure perfettamente determinato, non deducibile. Il poeta riesce, così, a creare “un’opera che si riferisce alla realtà, ma non ne è derivata, che irrompe nella reazione a catena della vita, ma non ne fa parte”.
La quarta serata di Passaggi diVersi: commento poetico nell’ultima notte del festival
Tommaso Giartosio presenta, in una discussione con Fabrizio Lombardo (Versodove), il suo ultimo libro di poesie ‘Come sarei felice’. L’ultimo incontro alla San Francesco, domenica 30 giugno, chiude in bellezza la rassegna con Giartosio.
Tanti i temi trattati nell’opera presentata: dalla vita del padre dell’autore alla sua morte, dalla vita dopo la morte all’ amore per gli uomini. Il libro, ha commentato l’autore, “nasce poco a poco, nel corso di molti anni, ma si impone”. Da quando le prime poesie sono state scritte, Giartosio ha passato molto tempo a ricomporre e correggere, respingere e buttare testi. Questo perché, come dice l’autore, “Ogni vita è diversa, si rispecchia nel testo a chiocciola, a iperbole”.
Quello analizzato domenica è un libro con molti livelli di lettura: c’è una ricerca peculiare e raffinata della giusta forma, dei giusti metri, che insieme danno vita a una poesia piena di senso e racconto. I principali obiettivi che l’autore testimonia di essersi prefissato sono l’essere ricordato, i suoi versi sono studiati tanto a fondo per poter essere citati. Il secondo obiettivo è quello di far rimanere immutate le sue parole nel tempo, parole da un significato che nemmeno lui a volte comprende.
L’iconografia e l’immagine sono strettamente legate alla poesia di Giartosio. Le atmosfere si percepiscono chiare, i disegni si vedono e i rumori si sentono, attraverso le pagine. Del resto, ogni poeta ha il suo repertorio di fotografie che ispirano i versi. L’autore ha concluso l’incontro con la lettura di alcune poesie, ribadendo quanto fosse importante per lui leggerle ad alta voce. “Ogni volta che le leggo” – ha confidato – “capisco qualche aspetto in più di me stesso”.