La seconda giornata della Rassegna di Saggistica (e non solo) presso la Chiesa di San Francesco, si è aperta con il filosofo Pietro Del Soldà, che ha presentato il suo ultimo libro Sulle ali degli amici. Una filosofia dell’incontro (Marsilio Editore). Un libro che è un vero e proprio incontro filosofico sul valore dell’amicizia, ispirato a grandi esempi del mondo greco.
Nella splendida cornice della Chiesa di San Francesco, l’autore ha conversato con  Carolina Iacucci, insegnante e critica letteraria che fa parte dello Staff di Passaggi Festival. 

Un libro sull’incontro, nell’epoca del distanziamento

Le vicende legate a questo libro sono un po’ particolari. Innanzitutto parla del tema dell’amicizia, quindi dell’incontro dell’altro, ma in tempi in cui l’altro è un potenziale pericolo e in cui per interagire bisogna rispettare il distanziamento. Il sottotitolo – una filosofia dell’incontro – sembra quasi un monito ad evadere le regole sanitarie.
Inoltre la data di pubblicazione, 12 marzo 2020, corrisponde al giorno in cui hanno chiuso le librerie. Il libro è quindi rimasto per mesi in quiescenza, in attesa della riapertura delle librerie.
Quella tenutasi presso Passaggi Festival è di fatto la prima presentazione ufficiale.

Philia: l’amicizia per i Greci

Per il mondo greco la vera salute consiste nella philia, amicizia. Oggi invece si ritiene importante preservare il proprio io e rinunciare alle proprie amicizie, per evitare il contagio.
Pietro Del Soldà ha da sempre voluto scrivere un libro sull’amicizia, che ritiene architrave della sua esistenza. Il libro cerca di comunicare l’urgenza di un contatto più profondo, attraverso le interpretazioni di Socrate, Platone, Artistotele ma anche di filosofi meno antichi. Il contatto con il prossimo, con l’amico non è solo un aspetto marginale della vita da inquadrare in una cena o in un angolo accanto a cui poi ci sono le cose serie. Come se ci fosse una privatizzazione dell’amicizia, un diaframma che separa “le cose importanti e serie” dagli “amici”, relegandoli ad un compartimento stagno e un mero pretesto di svago per poi tornare ognuno alle proprie vite. Secondo i Greci “l’amicizia metteva in gioco le persone e consentiva loro di vivere come ‘animali politici’”. Il rapporto tra philoi era proprio il cemento della polis, come afferma Aristotele nell’Etica Nicomachea.
Oggi c’è una tendenza ad aver timore a mettersi in gioco, che con la pandemia si è poi rafforzata.

La morte di Socrate: un esempio per capire l’amicizia

Socrate ha una visione dell’amicizia un po’ particolare. L’amicizia non  è un mero rifornimento narcisistico, per gratificare il proprio io. Già l’Atene nel V secolo a.C. stava deviando dal concetto di philia: i rapporti venivano vissuti in modo edonistico, strumentale e non vi era una messa in gioco di sé nella polis. Socrate allora come una torpedine dà una scossa alla situazione incarnando una radicalità dura da sostenere, anche per i più sapienti.
La sua morte diventa un emblema della sua visione dell’amicizia. Costretto, con accuse ingiuste, a scegliere tra l’esilio o la morte, Socrate preferisce morire. Nel momento in cui si sta avvicinando la sua condanna a morte, capisce di aver fatto la scelta giusta, perché così facendo ha fatto trionfare la filosofia, sia come amore per il sapere che come conoscenza di chi è amico. Lo capisce perché con la sua scelta, grazie all’aiuto degli amici, ha messo a tacere la paura più grande: quella della morte.
Gli amici però non lo comprendono ed iniziano ad organizzare per lui una fuga, cercano di sottrarlo in tutti modi a questo destino, perché la vedono come la perdita terribile dell’amico più prezioso. Sembra molto umano questo loro disperarsi e volerlo salvare. Invece Socrate legge tutto questo come una mancanza di vera amicizia. L’amico è colui che ti aiuta a superare la paura della morte, e la tirannia che questa paura esercita su di noi, a volte costringendoci a volersi preservare a tutti i costi in vita.

Il movimento cosmico

L’amicizia non è simmetrica, né cristallizzata ma è un’energia che spinge a ricongiungerci con la materia informe e con la natura in costante movimento. La vera amicizia non è consolazione, ma una spinta all’inquietudine.
La philia ci spinge ad essere in armonia con il cosmo e in continuo movimento, a non assestarci e ad accogliere la sfida della vita. Anche il so di non sapere è una continua rimessa in discussione, rimettersi in sintonia con questo movimento cosmico.

“L’amicizia è dispersione dei tesori accumulati, è continua rimessa in gioco delle certezze consolidate, delle abitudini tranquillizzanti a cui mi verrebbe spontaneo aggrapparmi per non finire travolto dall’onda di piena che sommerge il mondo là fuori.”

La Chora, divenire incessante

Nel Timeo Platone chiama questo divenire incessante Chora e vi è un demiurgo che plasma e dà forma a questo informe flusso. Ma Chora si nasconde dentro ognuno di noi e non va dispersa. Per quanto a volte possa far male, perché ricorda la continua provvisorietà della nostra vita, non va rinnegata.

“Il contatto con la chora, che ci espone all’incertezza indomabile della vita, non va quindi vissuto come una sciagura inevitabile , anche se a volte può farci male e suscitare in noi molta paura: è la precondizione della bellezza e dell’amicizia. Dimenticare questo contatto e quest’origine, tentare, in altri termini, di rimuovere la necessaria provvisorietà di ogni cosa, nell’illusione che sussistano idee, valori, significati e dogmi scolpiti nella roccia e validi per chiunque allo stesso modo e in ogni tempo, è il più grave errore che possiamo commettere: è hybris, tracotanza che condanna alla solitudine del tiranno, l’uomo senza amici. Il miglior modo di stare al mondo consiste nel riuscire a comporre ciascuno la propria musica, in modo tale da saper restituire la complessità indicibile da cui proviene.

L’amicizia ci può far sentire parte della physis

Secondo Pietro Del Soldà il fatto che dobbiamo prendere delle precauzioni per proteggere il pianeta da noi stessi indica che ci sentiamo distaccati dalla natura. Per i Greci l’uomo era parte della physis, una espressione delle tante espressioni della physis. L’annuncio cristiano, novitas, scosse questo mondo ponendo l’uomo al centro. Da allora la natura è considerata un serbatoio di risorse da cui l’uomo, essere superiore, può attingere in qualsiasi momento. Anche la scelta ecologista, che è un doversi imporre di rispettare la natura indica una scotomizzazione dell’uomo da essa. L’esperienza di amicizia può essere uno stimolo per sentirci tutti parte della physis e per rendere il mondo un posto migliore.

Amore e amicizia

Come sostiene Michel de Montaigne, l’amicizia è un territorio diverso dall’amore e molto più fertile. L’amore passionale è un fuoco che arde veloce e che consente di raggiungere delle vette di piacere, ma si discosta molto da quel fuoco calmo e mite dell’amicizia che consente di cucinare ben altro. Perché alla base dell’amicizia c’è la conoscenza. L’idea di amicizia di Montaigne si distacca da quella di Aristotele, perché è molto meno politica, meno estesa ma più pura. Le sue idee sull’amicizia derivano dal rapporto che ebbe con La Boétie, entrambi amanti di studi classici e consiglieri. Montaigne stesso nella sua vita non rinunciò  a nessuno dei due aspetti, amore e amicizia, ma ne sottolineò la differenza.
Pietro Del Soldà si dice invece di voler essere cauto nel tracciare questo confine netto tra amore e amicizia.

La visione dell’amicizia secondo Nietzsche

Nietzsche ha una visione dell’amicizia “atomizzata”. Come afferma nella Gaia Scienza, l’amico è colui che solca il tuo stesso mare, talvolta lo incroci, getti l’ancora vicino a lui, passi del tempo con lui ma poi bisogna procedere la navigazione necessariamente separati e lontani. È necessario allontanarsi per realizzare il proprio compito e può essere che realizzarlo ci cambi tanto da non farci riconoscere più l’amico quando lo vediamo. Secondo Nietzsche però è necessario che sia così l’amicizia, perché rintanarsi nello stesso porto non dà stimoli.

“È un’amicizia stellare, scrive Nietzsche, che forse, in una remota orbita siderale, manterrà saldo il vincolo sacro, mentre nel frattempo, sulla terra e nei mari, per gli amici continua il viaggio.”

Ci può essere comunque una visione che vada oltre la drammaticità di Nietzsche. Si può mantenere l’amicizia anche quando ognuno procede nella sua direzione, perché l’amicizia prevede inevitabilmente momenti di solitudine, di distanza, di ricordi ma può contemplare dei momenti di vicinanza anche nella distanza.

La polarizzazione amico-nemico

Da un’analisi della civiltà odierna si intuisce quanto si è distanti dalla concezione di Aristotele: l’amicizia non è più cemento della polis. Oggi si crede più alle parole di Hobbes, secondo il quale ogni uomo cova il desiderio di nuocere all’altro. Infatti i grandi leader politici di oggi, come ad esempio Trump, credono molto nell’utilizzo di parole come amico-nemico. D’altronde la retorica si è sempre servita dell’individuazione di un nemico comune, come strumento di consenso. La caduta del muro di Berlino, nel 1989, aveva fatto pensare ad un periodo di pace ma solo illusorio. Infatti nel 2001 l’illusione è tramontata. Oggi il cemento della polis non è più la philia, ma quasi una spasmodica ricerca di un nemico.

La critica di Platone alla scrittura

Platone mosse una critica radicale alla scrittura, dicendo che non poteva essere uno strumento conoscitivo ma solo uno strumento mnemonico. Secondo lui il sapere non poteva condensarsi in una pagina scritta.  Ma la scrittura, per quanto imperfetta, è un continuo mettersi in gioco, che agisce come spinta al dialogo, all’amicizia e alla ricerca della felicità. Quest’ultima si ottiene mettendo in pratica l’amicizia. La bellezza della scrittura è che non è ferma su ciò che c’è scritto, ma va oltre i suoi stessi limiti e fa agitare, mette in contatto con se stessi, spinge in profondità e fa vedere il proprio movimento interno.

 La riflessione sulla professione radiofonica

La radio è uno strumento che crea una relazione senza il contatto con la persona. Eppure secondo dei sondaggi, il 59% dei cittadini europei ha grande fiducia in ciò che ascolta alla radio. Questo strumento ci fa domandare se si può fare a meno dei corpi in un rapporto di amicizia. In realtà non ci sono regole, però la radio funziona proprio perché si sente la necessità di dialogare, di raccontare ma in modo “orizzontale” cioè essendo sullo stesso piano. Come diceva Bertold Brecht: “La radio dovrebbe di conseguenza abbandonare il suo ruolo di fornitrice e far sì che l’ascoltatore diventi fornitore”.

L’amicizia con Álvaro Mutis

Álvaro Mutis fu un grande scrittore colombiano che dopo diverse poesie scrisse un ciclo di racconti. Come protagonista di questo ciclo vi era un marinaio, Maqroll il Gabbiere, che aveva il compito di sorvegliare l’orizzonte. Quest’uomo solca il mari con improbabili navi e ogni tanto si incontra con due figure amiche, una donna e un uomo libanese. Quest’immagine richiama alla mente l’idea di amicizia di Nietzsche.
Quando si incontrano questi uomini sentono vibrare dentro di sé le ali dell’amicizia ed è qui che prende spunto il titolo del libro.  Ecco perché ha deciso di omaggiare Álvaro Mutis, sia per gli spunti tratti dalle sue opere ma anche perché è stato per Pietro Del Soldà un vero amico, che ha saputo portare la visione dell’amicizia dentro la sua letteratura. È un gesto di gratitudine per Álvaro Mutis, anche se secondo Michel de Montagne “L’amico è colui a cui non dobbiamo dire grazie” perché si è talmente fusi con lui che non esistono servigi o favori ma si agisce spontaneamente per e con l’altro senza perdere le proprie caratteristiche.

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