Ad inaugurare la terza giornata di Passaggi Festival, presso la Chiesa di San Francesco, la matematica e scrittrice Chiara Valerio che da pochi giorni ha pubblicato La matematica è politica (Le Vele, Einaudi). Un libro che racconta la matematica come apprendistato alla rivoluzione, che costruisce legami tra matematica e democrazia e che fa avvicinare a questo mondo per tutti così misterioso.
A conversare con lei, Alessandro Beretta giornalista del Corriere della Sera, socio fondatore della libreria indipendente milanese Verso e direttore artistico di Milano Film Festival 2011.

Una nuova opera sulla matematica

Chiara Valerio è già nota per la sua abilità di avvicinarci ad un mondo complesso come quello della matematica, che ha studiato per ben tredici anni. Lo aveva già fatto con il libro Storia umana della matematica (Einaudi, 2016). L’editore le ha richiesto un nuovo libro su questa tematica e ne è emerso un pamphlet sul valore della matematica come strumento per ragionare sulla democrazia, perché entrambe non sopportano di non cambiare mai. Facendo leva sulla sua passione, ha cercato di renderla uno strumento per interpretare il presente.

La differenza tra autorità e regola

Ciò che più affascina Chiara Valerio è la differenza tra autorità e regola. Le regole si muovono in modo orizzontale: servono per giocare, sono frutto di discussioni e appartengono all’essere umano. L’autorità invece è verticale e indiscutibile. Su questa contrapposizione ha deciso di basare il suo libro, perché per quanto la matematica sembri un castello chiuso e irraggiungibile, è invece costellata di discussioni e tutto ciò che si ottiene può essere messo in discussione. Ne è un esempio l’equazione X^2+1=0 che per lungo tempo è rimasta senza soluzione, fino a quando ne ha trovata una nel mondo dei numeri complessi. Questo non significa rinnegare tutti i mondi precedenti, ma aiuta a capire che una verità cambia in base al sistema in cui è inserita.

La matematica e i suoi insegnamenti

Grazie alla matematica si comprende come per potersi cimentare in un campo è necessario avere un linguaggio adatto, perché non c’è spazio per l’approssimazione. Anche per scrivere un libro occorre avere una grande padronanza della grammatica. Non basta l’intuizione, perché deve essere raffinata con l’assidua frequentazione. Nel libro Precious di Sapphire (Fandango) la maestra dice ad una ragazza che con le lettere si fanno le parole e con le parole si può fare tutto: si può comunicare, si può sedurre gli altri. Lo stesso vale per la matematica cioè senza le addizioni o le moltiplicazioni non si possono comprendere le differenziali.

L’esercizio democratico

Chiara Valerio ha citato più volte la costituzione nella sua opera, definendosi un’anarchica conservatrice.
Il suo libro è un esercizio di democrazia, che però mette in luce quanto chi ci rappresenta non rispetti affatto la democrazia. L’assenza di dialogo, l’essere fermi sulle proprie posizioni o utilizzare un linguaggio inconcludente sono tutti elementi che ci allontanano dall’esercizio democratico. Chiara Valerio ha riportato l’esempio di Berlusconi che nelle sue frasi annullava le subordinate, imitando il linguaggio televisivo. Togliendo le subordinate causali, modali e temporali significa parlare senza produrre delle conseguenze, eliminando quindi il principio causa-effetto. Questo limita molto ogni possibilità di confronto.

La matematica, così lontana dal corpo ma così dentro le nostre vite

Siamo abituati a pensare che la verità dipenda dal corpo. Guardiamo film in cui una macchina della verità, in base alle nostre reazioni corporee, misura il livello di verità. Ma la matematica è un linguaggio che nasce lontano dal corpo. Eppure è fortemente relata alla vita degli uomini perché ci dà una verità, un sistema formale che può servire per stabilire e discutere le regole della convivenza civile.
Nonostante ciò la matematica ci fa paura, perché ha un linguaggio complesso. Non a caso i geni della matematica sono più tardivi rispetto a quelli della musica. L’alfabeto musicale è composto da sette note, più qualche chiave o alterazione. Mentre l’alfabeto matematico è molto più ampio, ma ci appartiene perché nasciamo con la necessità di contare. Contare per quantificare o per sapere quanto tempo manca all’incontro con la persona amata.

La scienza non va confusa con la tecnologia

Durante la pandemia si è parlato di matematica. Difatti, anche grazie all’opera del fisico e scrittore Paolo Giordano, Nel Contagio (Le Vele, Einaudi), si è capito che il contagio segue un modello matematico. Secondo Chiara Valerio la scienza è stata però forzata a dare delle certezze immediate che era incapace di dare, perché raggiungibili solo con mesi di ricerca. Si sta verificando quindi un’infodemia, un bombardamento di informazioni la cui accuratezza non è nemmeno verificata.
Richiedere tale immediatezza alla scienza significa confonderla con la tecnologia in una sorta di sineddoche o metonimia. Eppure sono ben diverse.
La tecnologia è concentrata sul risultato, non sul percorso per ottenerlo. Inoltre si è arrivati ad un punto in cui solo alcune persone sanno manipolare le tecnologie e aggiustarle in caso di guasti, come dei veri e propri “santoni” o guru della tecnologia. Vi è una deriva di inaccessibilità della tecnologia, che ricorda i romanzi di Isaac Asimov.
La scienza è tutto il contrario: si concentra sul processo, è fatta di continue verifiche ed  è distante da un virologo che con certezza esprime un sì o un no.

Cervelli addomesticati

Come afferma il neurobiologo Stefano Mancuso, quando ci si addomestica si perdono delle capacità. La matematica può diventare un terreno amico da cui trarre quella postura etica che altro non è che un atteggiamento critico verso il mondo, lontano da una passiva accettazione di soluzioni e da una qualsiasi resa di fronte ai problemi. Una postura necessaria per evitare che un cervello venga addomesticato e che perda la sua capacità pensante.
Studiare matematica è stata ad oggi la più grande avventura cuturale della mia vita”. Studiandola ci si rende conto che ogni azione compiuta ha una conseguenza, quindi va sempre tenuto a mente il principio di causa-effetto. Ma questo è utile anche per essere persone e cittadini migliori.

Il valore della lettura e del libro

Nel pamphlet di Chiara Valerio si legge “io penso che l’unica difesa dalla dittatura dell’intrattenimento sia la lettura”.
Il libro è l’unico oggetto che possiamo utilizzare quando, dove e come vogliamo. Questo ricorda al lettore che si può sempre scegliere e che la scelta è un’assunzione di responsabilità con delle precise conseguenze, ma che è in grado di fornire una postura etica che salva dall’essere uno smidollato. Oggi è facile essere smidollati perché il livello di attenzione di chi ascolta è minimo: si può anche parlare di un libro senza averlo letto. Ma avere quella postura etica significa affrontare la discussione di un libro avendolo letto, commentato e immagazzinato.  È molto meglio quando si fa qualcosa farla bene, con fatica e coscienza. Anche se la coscienza è dolore, perché nessuno ha detto che bisogna vivere senza dolore o sentimenti negativi. La matematica, al pari della lettura, fa riflettere sul fatto che la vita è un percorso ed è conta quello ciò che conta. Vincere o perdere sono aspetti secondari rispetto all’atteggiamento con cui si affronta la vita.

Siamo aleatori, siamo probabili

L’incontro si è poi concluso con una riflessione e con un aneddoto della sua esperienza matematica a Vienna, quando durante un convegno pensava di aver risolto un calcolo brillantemente, ma in realtà la sala si è svuotata per l’imbarazzo. Questo episodio le ha fatto capire che quando si è certi di aver raggiunto una conclusione, in realtà va vagliata e ridiscussa tantissime volte.

Qui di seguito la riflessione compiuta:

“Le verità matematiche somigliano molto a quelle sentimentali: sono tutte quante assolute e transeunti. L’ho capito per la prima volta quando ho fatto il primo esame di probabilità, dove c’era un esperimento aleatorio in cui la stessa persona lanciava una moneta e una volta usciva testa e una volta  croce. Esattamente come gli esseri umani che in una stessa situazione una volta sono felici e una volta no. Una volta sono decisissimi e poi non lo sono più. Siamo aleatori, siamo probabili.”

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