Il penultimo autore per la rassegna Grandi Autori di Passaggi Festival 2018 è stato Mario Capanna (in foto al centro), politico, scrittore, attivista e uno dei principali leader del movimento del Sessantotto.
Con lui sul palco hanno conversato Antonio Di Bella, giornalista e direttore di Rai News, e Andreina De Tomassi, una delle “Ragazze del ‘68” e anche lei giornalista.
Il libro presentato da Mario Capanna, “Noi tutti”, è un libro che va controtendenza e si configura come una sorta di lettera destinata all’umanità intera.
È un invito a praticare il principio del “vali in quanto sei”, contraddicendo la società moderna che cerca, al contrario, di lobotomizzare, ossia di indurre gli uomini ad un pensiero unico e standardizzato.

 

La vittoria del movimento del Sessantotto

Oggi, secondo Capanna, la predica mediatica induce i cittadini a non pensare e consumare più del necessario, vivendo solo per se stessi.
Il movimento del Sessantotto è nato proprio per far fronte a questo concetto che nasceva in quegli anni. Da quello che era “io” o “tu”, è nato il “noi”, che ha concretizzato i pensieri, che stavano emergendo, in azioni. Quello che era, ed è, la promessa della globalizzazione, cioè quella di dare a tutti le stesse cose, è stata smentita dagli stessi sessantottini. A causa della globalizzazione è nata, di fatto, la “società dell’1%”, in cui l’1% della popolazione possiede più di tutto il restante 99%. A proposito di questo, citando Mario Capanna, “la vera utopia è pensare che il mondo possa andare avanti così”, imponendo un unico pensiero di riferimento. Così Mario Capanna sa di aver vinto, cinquanta anni fa, anche se non politicamente. Il movimento ha vinto culturalmente in quanto dal Sessantotto in poi nessun pensiero è più rimasto lo stesso.

Nonostante tutto, si può cambiare

L’autore ha poi elencato alcune tra le gravi conseguenze che la repressione sui rivoluzionari ha apportato al mondo. Primo fra tutti i motivi, la società dell’1%, già citata sopra, poi “la Terza guerra mondiale a pezzi”, come la chiama papa Francesco. Anche il riscaldamento globale è un’importante conseguenza. Per questo Mario Capanna incita al cambiamento, ad una rivoluzione ancora più grande di quella del Sessantotto. Una rivoluzione pacifica, ma che cambi le cose con i fatti concreti. Ciò di cui egli è testimone è proprio la possibilità di fare un cambiamento con le azioni e non solo con le parole. In un mondo ridotto a finzione e miseria, Capanna incita ad avere spirito critico. Prende come esempio il mondo del lavoro, invitando a “lavorare in di più per lavorare di meno, con un salario equo”, cercando di creare però una società meritocratica.

Un movimento che non può finire

Durante la presentazione, Mario Capanna ha, inoltre, voluto spiegare il motivo della fine del movimento dei sessantottini.
I poteri hanno reagito con una durezza micidiale e la ribellione che era iniziata in modo pacifico è presto diventata “sistematica, violenta e sanguinaria”. Fa riferimento alla strage a Città del Messico, prima delle Olimpiadi, ai bombardamenti in Vietnam e ai carri armati di Praga.
Tutti eventi di cui l’umanità non dovrebbe dimenticarsi. Da questo, alcuni dei rivoluzionari hanno dovuto rispondere alla violenza, ed è qui che il movimento ha sbagliato, a detta dello stesso Capanna, ed è da qui che ha iniziato a concludersi. Ma il Sessantotto non deve finire. Le persone intelligenti devono imparare dagli errori e smettere di commetterli. Bisogna avere un buon rapporto prima di tutto con se stessi, ma immediatamente dopo con gli altri.

Mario Capanna incita alla pace

È importante, così, cercare di spargere la pace attorno a noi, anziché la guerra, e vivere nella coesione.
“Noi tutti” si preoccupa dunque di trasmettere questo messaggio di pace, di incitare alla rivoluzione pacifica, di indurre alla salvaguardia di ogni singola vita umana perché, come ha affermato Mario Capanna, “ogni essere umano che viene meno fa venir meno tutti gli altri”.

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